Le provocazioni di Bruxelles contro Syriza

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Grecia. I leader liberisti europei spingono Tsipras e Syriza a cambiare l’alleato di governo

Mal­grado gli sforzi di Tsi­pras per otte­nere un «com­pro­messo ono­re­vole», Bru­xel­les con­ti­nua le pro­vo­ca­zioni. Nelle riu­nioni dell’Euro Wor­king Group, ancora una volta, i cre­di­tori fanno finta di non capire: per­ché i greci insi­stono nei loro piani incerti di com­bat­tere l’evasione fiscale e non seguono la strada certa dei tagli al set­tore pub­blico? In que­sto modo, le trat­ta­tive pro­se­guono con grande dif­fi­coltà men­tre la Gre­cia raschia il fondo del barile per adem­piere ai suoi obbli­ghi verso i cre­di­tori: in set­ti­mana quasi mezzo miliardo al Fmi ma a fino a fine mese il totale ammon­terà a circa 6,5 miliardi.

È evi­dente che, se con­ti­nua così, non si andrà lon­tano. I mini­stri Nikos Vrou­tsis e Panos Skour­le­tis hanno pub­bli­ca­mente ammo­nito che se i gran sacer­doti dell’eurozona non accet­tano in tempi rav­vi­ci­nati il piano di riforme pro­po­sto da Varou­fa­kis e se non verrà ver­sata almeno una parte di quei 7,2 miliardi, allora la Gre­cia sarà costretta a sospen­dere i paga­menti del debito.

Lo aveva detto anche Tsi­pras alla Mer­kel qual­che set­ti­mana fa: in man­canza di liqui­dità, Atene avrebbe pri­vi­le­giato i paga­menti sul fronte interno.

I cre­di­tori però vogliono spre­mere fino all’ultimo le già esau­ste casse pub­bli­che gre­che. Secondo la stampa ate­niese, Mer­kel avrebbe sug­ge­rito a Tsi­pras di pagare il debito ricor­rendo ai depo­siti non solo delle casse pen­sio­ni­sti­che e delle auto­no­mie locali. Fin­ché ritiene che ad Atene siano rima­sti anche pochi spic­cioli, l’eurogruppo non sem­bra affret­tarsi a rag­giun­gere l’accordo.

L’unica maniera per affret­tare il ver­sa­mento di una parte dell’ultima tran­che oppure per dare luce verde alla Bce sarebbe la cer­tezza che Atene non pagherà il debito e quindi ci sarà il rischio reale di un inci­dente creditorio.

È evi­dente che una sospen­sione dei paga­menti avrà con­se­guenze pesanti per la Gre­cia ma anche per l’eurozona. Tutto indica che nes­suno vuole arri­vare a svi­luppi trau­ma­tici. L’ideale è tenere il cap­pio stretto ma non tanto da strangolare.

Un’asfissia con­trol­lata, che per­mette di vivere ma non di muo­versi. In que­sto modo si pro­lunga l’emorragia dei depo­siti ban­cari e la para­lisi dell’economia reale, men­tre si sco­rag­gia ogni investimento.

L’obiettivo è con­durre una guerra di logo­ra­mento verso il governo di coa­li­zione Syriza– Greci Indi­pen­denti, tut­tora for­te­mente soste­nuto dall’opinione pub­blica greca. Ma se la situa­zione non cam­bia velo­ce­mente, il governo rischia di per­dere que­sto enorme capi­tale di consenso.

È pro­prio que­sto l’obiettivo della destra libe­ri­sta euro­pea: arri­vare a una dele­git­ti­ma­zione di fatto del governo Tsi­pras, costrin­gen­dolo, in un modo o nell’altro, a ripie­gare sui suoi passi.

In pra­tica, accet­tare un terzo debito, con il con­se­guente memo­ran­dum di austerità.

Già dome­nica scorsa il Finan­cial Times ha sfac­cia­ta­mente pro­po­sto a Tsi­pras di cam­biare la coa­li­zione di governo, estro­met­tendo i Greci Indi­pen­denti per imbar­care i vec­chi socia­li­sti del Pasok e il nuovo par­tito degli oli­gar­chi To Potami. In pra­tica, si dà alla sini­stra la corda con cui impiccarsi.

Il viag­gio pasquale di Varou­fa­kis a Washing­ton mirava pro­prio a sen­si­bi­liz­zare Chri­stine Lagarde sulla cri­ti­cità del momento. Il grosso dei paga­menti del debito, in tutto più di 12 miliardi, è tutto con­cen­trato fino a luglio. Da set­tem­bre gli impe­gni calano sen­si­bil­mente e Syriza sarà in grado di gestire in mag­giore auto­no­mia la sua poli­tica eco­no­mica. Inol­tre, men­tre l’impegno euro­peo si esau­ri­sce con que­sta ultima (e tanto sospi­rata) tran­che di 7,2 miliardi, quello del Fmi con­ti­nuerà per un anno ancora, per altri 19 miliardi.

Atene preme per­ché all’eurogruppo del 24 aprile ci sia final­mente un accordo e insi­ste sui risul­tati posi­tivi otte­nuti finora.

Il prov­ve­di­mento per la regolazione-espresso dei debiti verso le assi­cu­ra­zioni sociali e le impo­ste agli immo­bili (del governo pre­ce­dente) hanno con­tri­buito a chiu­dere il buco nero che si era aperto nelle casse dello stato subito dopo le ele­zioni del 25 gennaio.

Il governo greco può quindi far pesare presso i part­ner il fatto che le entrate sono pie­na­mente in linea con la finan­zia­ria appro­vata dalla destra.

E se non bastasse, a fine mag­gio sarà depo­si­tato in Par­la­mento il pro­getto legge che per­mette la rego­la­zione dei debiti ine­si­gi­bili verso le ban­che, com­ples­si­va­mente 72 miliardi, facendo affluire qual­che decina di miliardi.

Ma la carta più forte del piano di Varou­fa­kis in discus­sione è l’impegno del governo a com­bat­tere l’evasione fiscale degli oli­gar­chi. Già la set­ti­mana scorsa il mini­stro Nikos Pap­pas ha chie­sto alle tele­vi­sioni pri­vate di pagare i più di 24 milioni di impo­ste dovute per l’uso delle fre­quenze pub­bli­che dal 2011 fino a oggi.

Tenuto conto del fatto che tutte le Tv pri­vate gre­che sono in mano all’oligarchia eco­no­mica, la mossa è stata giu­sta­mente inter­pre­tata come un passo nella dire­zione giusta.

Ovvia­mente, i «cana­lar­chi» hanno subito sca­te­nato un’offensiva media­tica con­tro il governo. Ma la loro cre­di­bi­lità è tal­mente bassa da coprire per­fino gli errori e le debo­lezze effet­tive del governo.

fonte: il Manifesto

http://ilmanifesto.info/le-provocazioni-di-bruxelles/