Problema lavoro: serve verità

di Renzo Baricelli.
imagesCASD09UQIl numero delle persone inoccupate è in crescente aumento, in Italia sono più di tre milioni.
A me pare che i fatti abbiano reso di inconfutabile evidenza come i vecchi schemi di politica economica e sociale non sono riusciti a risolvere il problema di far crescere l’occupazione e, tantomeno, di dare lavoro a tutti. anzi l’hanno aggravato.
La Bce tiene i tassi di interesse sul denaro che presta allo 0,25 %. Cioè al minimo storico.
Ma Bankitalia rende pubblico che i crediti alle imprese sono continuati a calare e a novembre sono crollati del 6%. Questo mette in evidenza come le imprese, complessivamente intese, non investono soldi per le loro attività. Vien da dire, neanche se glieli dai con lo sconto: prendi cento e paghi novanta.
L’Istat ha rilevato che il potere di acquisto del reddito da lavoro e pensioni è calato dell’ 1,5 % in questi ultimi undici mesi.
Draghi, della Banca centrale europea, è allarmato perchè, afferma, in Europa la ripresa economica è debole, modesta e fragile.
In questo quadro pesante, qualche ritocco alle procedure o alle norme sulle tipologie del rapporto di lavoro non serve a risolvere la gravissima situazione occupazionale.
Così pure, che il peggioramento delle condizioni di lavoro e delle retribuzioni o la riduzione dei diritti democratici dei lavoratori abbiano portato più posti di lavoro, non fa parte della verità e della esperienza pratica.
Andrebbe considerato il fatto che la collocazione mondiale delle produzioni non fa prevedere per l’Europa un aumento della occupazione complessiva, così anche in Italia.
E’ sicuramente immaginabile una crescita economica e produttiva in settori tecnologicamente avanzati
e in alcuni settori di attività legati al territorio, non delocalizzabili ma nessuno parla della possibilità di creare, nei prossimi anni in Italia tre milioni di posti di lavoro.
E’ certamente un errore pensare che il declino sociale di un terzo degli abitanti dell’Italia non pesi negativamente, già oggi e ancor di più in futuro, su tutti gli altri.
Se si cambia strada sarà possibile fare molto, ma ci vorrà del tempo. Anche se si incominciasse subito.
Allora occorre pensare a qualcosa di nuovo per non condannare a uno stato permanente di povertà e dare la dignità del lavoro anche al quel terzo di famiglie che sono già fuori dall’avere un reddito sufficiente.
A me pare che occorra una volontà corale di tutti. Ma questo non avviene per incanto o per semplice appello.
Abbiamo bisogno di sapere che Italia vogliamo costruire. Una idea d’insieme della società italiana.
E’ giusto pretenderlo da chi abbiamo eletto a rappresentarci nelle istituzioni e da coloro che hanno ruoli di rilievo nella economia, nella cultura, nella società.
Non aspettarlo, bensì pretenderlo con una partecipazione e con una lotta democratica, questo è l’avvio del cambiamento.
Per il lavoro, a mio parere, iniziare dal basso per mettere in piedi una ricognizione mirata a individuare la possibilità di creare posti di lavoro. Una ricognizione che deve essere fatta nei distretti, nei settori, nei territori, per vedere che idee ci sono per fare posti di lavoro; di cosa c’è effettivamente e realisticamente bisogno, che impegno ci mettono quelli che operano lì.
Dall’alto occorre venga chiaramente assunta la motivazione, gli scopi, il metodo e la ricerca dei mezzi: facciamo e chiediamo di fare tutto questo per creare più posti di lavoro possibili. Quello che facciamo qui lo stiamo facendo in tutta Italia. Questo è ciò che vorremmo sentire dire e veder fare.
La ricognizione dovrà coinvolgere tutti, in primo luogo coloro che ambiscono, che vogliono un lavoro.
E dovrà rilevare anche quali competenze abbiano le persone inoccupate e, quindi, quale formazione o riqualificazone professionale attivare.
I percorsi: onesti e chiari, controllati, partecipati. Su questo l’impegno e l’impulso dall’alto è necessario proprio per dare credibilità all’intero progetto.
Per intenderci: fare che i posti di lavoro che si andranno a creare siano anche per coloro che sono fuori dalla possibilità di trovare occupazione nell’ambito della cerchia parentale o amicale Non si può lasciare sole queste persone “svantaggiate” o in balia delle mafie.
Non sarà facile. La esistenza di piccole e piccolissime imprese ci fa capire come le assunzioni avvengano nell’ambito di una cerchia parentale o amicale. Uno degli obbiettivi, non secondario, sarà necessariamente quello della crescita dimensionale delle imprese stesse.
Scelte e provvedimenti generali devono prevedere il loro stesso processo di attuazione, non in modo generico ma nella aderenza ai dettagli di ogni situazione territoriale o di settore specifica.
Queste, come è evidente sono, delle semplificazioni per dare senso alla idea di un progetto capace di rendere credibile una svolta di politica economica e sociale che dia concretezza alla necessità di un lavoro e speranza al futuro per milioni di persone e per l’ Italia intera.
Quella che cerco di esprimere è la percezione della necessità che sia dato un senso di impegno politico corale che coinvolga e mobiliti tutte le risorse umane e materiali disponibili per il raggiungimento del grande traguardo della piena occupazione in Italia.
10 gennaio 2014
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