Scacco di Napolitano: coi saggi verso il governissimo? La mossa non segna la morte della Repubblica parlamentare. Bensì ne celebra la sua vera essenza
L’ultima mossa per risolvere la crisi: il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha dichiarato di dare mandato a due “gruppi ristretti” di saggi. Gli esperti dovranno formulare «precise proposte programmatiche che possano divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche». Una sicura novità. Cerchiamo di leggerne alcuni tratti:
1) la scelta di Napolitano equivale ad una sorta di “pseudo-mandato esplorativo di gruppo”. La lista dei saggi è frutto di una sua liberissima scelta. Sono soggetti ai quali non viene conferito alcun incarico formale e che non esprimeranno alcuna posizione ufficiale. Non è corretto interrogarsi sulla legittimazione democratica di costoro, sul bilanciamento tra le competenze o tra le matrici politiche. Così come risponde alla libera scelta presidenziale (condivisibile o meno) il fatto di non aver inserito nella lista degli esperti il nome di alcuna donna.
2) non sembra corretto gridare al “governo del Presidente”, o – comunque – al tentativo di formarne uno. Le parole di Napolitano sono state chiare: i saggi dovranno formare proposte programmatiche (cioè scelte, cioè posizioni politiche) che possano incontrare la condivisione della maggioranza delle forze politiche. Il tentativo, dunque, sembra semmai quello di dar vita ad un “governissimo”. Forse non è un caso che fra i saggi non vi siano esponenti del Movimento 5 Stelle, che pure (sorprendentemente) plaude almeno in parte all’iniziativa.
3) non è dunque neppure corretto gridare al “Consiglio della Corona”: la finalità dei saggi, infatti, non è quella di consigliare Napolitano, bensì di consigliare i partiti, di trovare un minimo comune fra le diverse visioni di schieramento.
4) sembra confermare questa lettura anche il riferimento di Napolitano al fatto che il lavoro dei saggi potrà essere utile al nuovo Presidente della Repubblica, “nella pienezza dei suoi poteri”. Come a dire: è fallito il tentativo Pd-Bersani; se fallisce anche il tentativo di governissimo, il nuovo Presidente non dovrà fare altro che prenderne atto e (lui che può) sciogliere le Camere.
5) nel mentre, come ha correttamente sottolineato Napolitano, il governo Monti resta in carica, e assumerà tutti i provvedimenti necessari, anche di urgenza. La sottolineatura di Napolitano sembra il requiem definitivo per un governo Pd a guida Bersani, nonostante ancora in queste ore l’entourage del segretario si affannasse a precisare che Bersani resta in pista. Formalmente il pre-incarico non è revocato. Ma politicamente è poca cosa. Semmai il segretario Pd potrà tornare in scena per il governissimo. Ma sembra improbabile e, comunque, è presto per dirlo.
6) precisare che il governo Monti resta in carica non significa, come sembra aver inteso il Movimento 5 Stelle, che si può tenere in prorogatio senza ulteriori tentativi. Anzi, la mossa di Napolitano sembra proprio volta a dare un nuovo governo al Paese a tutti i costi. L’unica alternativa sarebbe che Monti tornasse alle Camere per chiedere la fiducia. Ma, evidentemente, è fantascienza.
7) la mossa di Napolitano, dunque, non segna la morte della Repubblica parlamentare. Al contrario, ne celebra l’essenza. Il fraintendimento è comprensibile. Ma, ad una attenta lettura, si tratta di un disperato tentativo di richiamare le forze politiche alla propria responsabilità di dare un governo al Paese.
Lorenzo Cuocolo Docente di Diritto comparato Università Bocconi di Milano. su www.linkiesta.it