Precari: al lavoro anche solo per un giorno

Lavoro-precario
mio commento: cercando tra le varie testate dei quotidiani nazionali, ho trovato questo articolo che ritengo molto interessante. Consiglio la sua lettura per comprendere meglio la situazione drammatica che si è defilata ormai da quasi 4 lustri, dal 1995 a oggi. Mi piange il cuore dover constatare che, oltre alla drastica e graduale diminuzione dei posti di lavoro a causa della dismissione delle grandi fabbriche, della delocalizzazione di molte realtà in altri paesi e della chiusura di molte imprese a causa della crisi epocale che attraversiamo, diminuiscono i contratti a tempo indeterminato lasciando ampio spazio a minicontratti a tempo definito a piacere dal datore di lavoro. Oltretutto i diritti per i Lavoratori sono nel contempo ridotti, quasi azzerati e, per molti di loro, non esistono possibilità di rivendicazione. Il disegno voluto da chi ha governato per la maggior parte del tempo negli ultimi 23….24 anni si va componendo con l’intervento di nuove forze e figure che hanno sostituito negli ultimi 3 anni circa chi ha cominciato l’opera di distruzione dello Statuto dei Lavoratori ottenuto con lotte epocali sanguinose da parte delle generazioni che ci hanno preceduto. L’ultimo atto di questo sfacelo è rappresentato dall’articolo 18, rimasto l’unico ostacolo che non permette di liberalizzare definitivamente l’attuazione di contratti a tempo indeterminato e precari con la possibile scelta a ruota libera del personale da impiegare nel caso di contratti a tempo determinato. Forse è il caso di aprire meglio gli occhi e dare un peso importante a questa vicenda che sembra ormai quasi scappata di mano, a causa della minore forza contrattuale, anche alle istituzioni che devono salvaguardare i pochi diritti rimasti ai Lavoratori.
Mario Piromallo

Precari in Italia al lavoro anche solo per un giorno

—  Mario Pierro, ROMA, agosto 2014

Lavorare oggi. Cgil: su 1.849.844 nuovi rapporti di lavoro, nel primo trimestre del 2014 804mila hanno lavorato meno di un mese, 331 mila un solo giorno. Isfol: è il risultato della riforma Fornero e una tendenza iniziata negli anni 90. Nel frattempo, la destra al governo chiede l’abolizione dell’articolo 18.

Lavora, pre­ca­rio, anche con un con­tratto che dura meno di un mese. È meglio di niente, lo devi accet­tare per­chè c’è chi sta peg­gio di te. Il tuo vicino un con­tratto può anche otte­nerlo, ma per un solo giorno. Cosa sce­gli? Una domanda minac­ciosa anche in quel set­tore del mer­cato del lavoro rap­pre­sen­tato dal con­tratto a tempo deter­mi­nato. L’incidenza di que­sto con­tratto sul totale degli avvia­menti è let­te­ral­mente esplosa dall’approvazione della riforma For­nero e con­ferma un anda­mento sto­rico che risale alla fine degli anni Ottanta.

Dall’elaborazione rea­liz­zata dalla Cgil sui dati del mini­stero del lavoro ieri è emerso che nel primo tri­me­stre 2014 su 1.849.844 atti­va­zioni di nuovi rap­porti di lavoro, ben 804.969, il 43,5 % , hanno avuto una durata infe­riore al mese, 331.666 un solo giorno, quasi quanto quelli di durata supe­riore a un anno, 397.136. Radi­cale risulta essere il rove­scia­mento tra il tempo inde­ter­mi­nato – a lungo con­si­de­rato nel XX secolo lo stan­dard di un rap­porto di lavoro – con quello deter­mi­nato. Per il sin­da­cato di Corso Ita­lia, nel primo tri­me­stre del 2014 il 67% delle assun­zioni effet­tuate è stato for­ma­liz­zato con con­tratti a tempo deter­mi­nato, l’8% con con­tratti di col­la­bo­ra­zione, poco più del 2% con con­tratti di appren­di­stato e solo il 17,6% con con­tratto a tempo indeterminato.

Dall’indagine emerge un saldo nega­tivo tra assun­zioni e licen­zia­menti. In altre parole è in atto uno spo­sta­mento dalle forme con­trat­tuali a tempo inde­ter­mi­nato (-6%) a quelle a tempo deter­mi­nato. Viene inol­tre con­fer­mato il crollo dei con­tratti di appren­di­stato, appena il 2,4% , sui quali molto si è detto e rifor­mato senza evi­den­te­mente alcun risul­tato signi­fi­ca­tivo dalla riforma del testo unico sull’apprendistato nel 2011 a oggi, quando lo si vuole inse­rire al quarto anno delle scuole tec­ni­che o professionali.

La Cgil usa que­sti dati in una pole­mica con­tro la gamba destra del governo Renzi. Il Nuovo Cen­tro Destra (Ncd) con Alfano e Sac­coni perora la can­cel­la­zione dell’articolo 18 nel decreto delega sul «Jobs Act» che si è are­nato in par­la­mento, in attesa di lumi sulla riforma costi­tu­zio­nale. Seb­bene que­sto arti­colo dello sta­tuto dei lavo­ra­tori poco o nulla riguardi la situa­zione del magma rap­pre­sen­tato dai con­tratti a ter­mine, per que­sta pat­tu­glia ultra-liberista la sua abo­li­zione cor­ri­sponde ad un aumento di pos­si­bi­lità di lavoro.

Senza con­tare che il decreto Poletti da poco appro­vato garan­ti­sce una più com­piuta libe­ra­liz­za­zione e pre­ca­riz­za­zione pro­prio dei con­tratti a ter­mine. Dopo la con­ferma della reces­sione tec­nica da parte dell’Istat (-0,3% del Pil nel 2014) è chiara la por­tata ideo­lo­gica della pro­po­sta dell’Ncd. ««Il tema dell’articolo 18 – ha detto ieri il segre­ta­rio Cgil Susanna Camusso – è agi­tato ideo­lo­gi­ca­mente, non risolve nes­sun pro­blema in par­ti­co­lare rispetto all’occupazione. Il gover­nio ha detto che la solu­zione era un con­tratto unico a tutele cre­scenti che avrebbe sosti­tuito le altre forme di lavoro. Siamo ancora qui che aspettiamo».

«L’alta per­cen­tuale di rap­porti di lavoro di bre­vis­sima durata — spiega la Cgil — ci dice che in Ita­lia non è poi così dif­fi­cile man­dare a casa un lavo­ra­tore. Un tema che, invece, con­ti­nua ad essere agi­tato da alcune forze poli­ti­che ad ogni per­for­mance nega­tiva della nostra eco­no­mia, quasi fosse la solu­zione a tutti i pro­blemi del Paese. Vice­versa — sot­to­li­nea il sin­da­cato — mai come que­sto momento è stato evi­dente che il vero pro­blema non è come aumen­tare i licen­zia­menti ma come aumen­tare l’occupazione».

Que­sti sono dati sui quali l’Isfol ha rea­liz­zato studi inte­res­santi. In un’audizione alla Camera del 2 aprile scorso sul decreto Poletti, il pre­si­dente dell’ente Pie­tro Anto­nio Varesi spiegò l’aumento dei con­tratti a tempo deter­mi­nato come il risul­tato della riforma For­nero del 2012. Subito dopo la sua appro­va­zione, l’incidenza delle assun­zioni di breve e bre­vis­sima durata dal 62,3% del secondo tri­me­stre al 67,3% del quarto dello stesso anno. In que­sto qua­dro si spiega l’abbandono dell’apprendistato a favore dei tiro­cini for­ma­tivi da parte delle imprese: +6.500 nel 2013, 3 mila fino ai 24 anni e 2.330 fino ai 34.

Allar­gando il campo, si sco­pre che que­sta ten­denza risale alla metà degli anni Novanta. Il volume curato da Andrea Ricci, Mer­cato del lavoro, capi­tale umano ed imprese pub­bli­cato dall’Isfol a giu­gno, dimo­stra che la dimi­nu­zione delle tutele per il lavoro tem­po­ra­neo ha mol­ti­pli­cato i con­tratti a ter­mine, mor­ti­fi­cando la pro­dut­ti­vità dei set­tori inte­res­sati. Le riforme in Ita­lia sono state già fatte tra il 1995 e il 2007. In que­sti anni il nostro paese ha regi­strato la dif­fu­sione mas­siva del lavoro pre­ca­rio in Europa: +122% con­tro il 62% della Spa­gna e il 48% di Fran­cia e Germania.

Il decreto Poletti è l’ultimo di una lunga serie che ha dere­go­la­men­tato i con­tratti a ter­mine, ha com­presso i costi di pro­du­zione per l’impresa e non ha valo­riz­zato la pro­du­zione, can­cel­lato diritti e innovazione.

Allora, pre­ca­rio, cosa scegli?

fonte: il Manifesto
http://ilmanifesto.info/precari-in-italia-al-lavoro-anche-solo-per-un-giorno/