Portogallo: crimine contro la democrazia

Alfonso Gianni – sull’Hufffington post.  Desta sgomento se non vera e propria indignazione il silenzio su quanto sta avvenendo in Portogallo dopo la tornata elettorale che ha visto le destre perdere più dell’11% dei consensi e quindi la maggioranza assoluta. Fatta eccezione per la stampa specialista e quella politicamente agguerrita, i mass media generalisti del nostro paese ignorano il vero e proprio crimine contro la democrazia che il Presidente del Portogallo, Anibal Cavaco Silva sta mettendo in atto.

Malgrado che – con qualche sorpresa non solo dei commentatori internazionali, ma persino degli stessi protagonisti diretti – le sinistre in Portogallo fossero riuscite a trovare un accordo per potere governare il paese, potendo contare su un ruolo e un comportamento dei socialisti in controtendenza rispetto a quelli della socialdemocrazia europea. Malgrado che nel parlamento eletto lo scorso 4 ottobre i conservatori abbiano 107 seggi, mentre i socialisti 86, i comunisti 17 e il Bloco de Esquerda – la formazione di sinistra vicina alla Syriza di Tsipras – 19. Malgrado che quindi la maggioranza parlamentare, che è di 116 seggi, appartenga a queste tre ultime formazioni politiche, potendo esse contare su 122 voti. Malgrado che pochi giorni fa il Parlamento portoghese abbia eletto, come proprio Presidente, Eduardo Ferro Rodrigues con 120 voti provenienti dai partiti della sinistra. Malgrado tutto ciò, il Presidente del Portogallo ha incaricato il leader conservatore Passos Coelho, uscito pesantemente ridimensionato dalla prova elettorale, di formare un governo che inevitabilmente sarà di minoranza.

Ancora più sconcertanti, se possibile, sono le motivazioni della scelta presidenziale. Il capo dello Stato portoghese ha infatti dichiarato che “In 40 anni di democrazia, nessun governo in Portogallo è mai dipeso dall’appoggio di forze politiche antieuropeiste…che chiedono di abrogare il Trattato di Lisbona, il Fiscal Compact, il Patto di Crescita e di Stabilità…che vogliono portare il Portogallo fuori dall’Euro … e dalla Nato” e che quindi sarebbe suo preciso dovere e rientrerebbe nei suoi poteri costituzionali “fare di tutto ciò che è possibile per prevenire l’invio di falsi segnali alle istituzioni finanziarie, agli investitori e ai mercati”.

Il programma di governo delle sinistre portoghesi non è affatto antieuropeista, è per cambiare l’Europa in senso sociale e democratico. Vuole evitare che il paese sia nuovamente sottoposto ad un altro memorandum di politiche economiche recessive e di impoverimento sociale. Già cinque sono stati quelli comminati dalla Ue al paese lusitano e il partito di Passos Coelho ha perso la maggioranza assoluta proprio perché ne rivendicava la bontà, cosa che evidentemente non è piaciuta affatto all’elettorato portoghese. Comunque a un capo dello stato compete solo la tutela della Costituzione del proprio paese e non certo di sindacare l’indirizzo politico delle forze che vincono le elezioni.

Ciò che quindi risulta sconvolgente da queste dichiarazioni presidenziali è la palese ammissione di una totale sottomissione alla logica dei mercati finanziari, veri dominus della situazione europea e internazionale, capaci in quanto tali di prevalere su qualsiasi indicazione democratica espressa dalla volontà popolare. Si dirà, e giustamente, che questo era già accaduto, in particolare in Grecia, ma in questo caso repetita non iuvant, anzi dimostrano il carattere a-democratico della costruzione europea e la violenza della reazione appena forze di sinistra conquistano il consenso popolare. Il sostanziale silenzio dei mass media chiude il cerchio, mostrando a quale infimo livello è giunta la sensibilità democratica dei grandi organi di informazione in particolare nel nostro paese.

Ma la partita è tutt’altro che chiusa. Sia in Portogallo che in Europa. I partiti di sinistra hanno già annunciato di non volere concedere la fiducia, che dovrà essere votata entro il 9 novembre. Se, come i numeri sulla carta ci dicono, il nuovo esecutivo non dovesse ricevere l’avvallo del parlamento, il presidente dovrebbe scegliere se confermare Passos Coelho fino allo scioglimento dell’assemblea o incaricare il leader del Ps ed ex sindaco di Lisbona António Costa, che tra i partiti delle sinistre è il maggiore. Si deve altresì tenere conto che non è possibile sciogliere il Parlamento e convocare elezioni anticipate prima di gennaio, perché il Portogallo è entrato nel semestre bianco che precede l’elezione di un nuovo presidente della repubblica.

E allora, che senso potrebbe avere la scelta del capo dello Stato portoghese? Solo quello di affidarsi alla speranza che si provochi un ripensamento, ovvero una spaccatura all’interno del partito socialista portoghese, considerato come l’anello più debole del patto stretto tra le sinistre. Per ora non sembra. Anzi l’effetto dell’atto presidenziale è stato piuttosto quello di compattare il partito. Sarà decisivo nei prossimi giorni vedere quale sarà il comportamento degli altri partiti socialisti e socialdemocratici a livello europeo. Finora la reazione più significativa è venuta dal Partito socialista francese, il cui segretario, Jean Christophe Cambadelis, ha dichiarato in una nota di sostenere “l’alternativa rappresentata dai socialisti e dalla coalizione di sinistra”. Se i pronunciamenti di questo tipo aumenteranno e se si svilupperà una pressione democratica popolare a livello europeo, il governo di minoranza della Troika avrà vita effimera. E sarebbe un segnale importante anche per le prossime e vicine elezioni spagnole, oltre che per l’Europa nel suo complesso.