Pubblichiamo l’intervento del consigliere comunale Moreno Nossa svolto nella seduta di Consiglio Comunale del 7 aprile a Sesto San Giovanni, relativo alla discussione sulle politiche abitative nella nostra città.
Politiche abitative a Sesto: i diritti sociali non sono un’opzione politica variabile, ma sono un principio giuridico vincolante
“Nell’attuale fase di fragilità economica irresponsabilmente scaricata sulle fasce più deboli e disagiate della popolazione, l’emergenza abitativa è divenuta uno dei fattori di maggiore e sempre più crescente tensione sociale, che coinvolge molte fasce della popolazione, con particolare crudezza nelle città ad alta densità abitativa, come la nostra. Oggi nelle nostre città si assiste al paradosso di un patrimonio edilizio tanto consistente quanto incapace di soddisfare una forte, sempre più insistente domanda abitativa.
La società tutta a partire dalla politica deve farsi carico, di queste domande se vuole crescere, maturare. Ci si è occupati di crescere come Pil, senza renderci conto che una ricchezza non distribuita, ci avrebbe reso tutti più poveri e più fragili. Il diritto all’abitare rappresenta uno strumento utile per uscire dalla crisi, uno strumento necessario ad assicurare coesione e giustizia sociale.
In Italia le politiche abitative costituiscono, ad oggi, un ambito minoritario dell’intervento pubblico. Le misure varate finora, non prevedono nessun provvedimento di blocco degli sfratti o incentivi volti al riuso del patrimonio pubblico e dell’invenduto privato, che invece dovrebbe essere utilizzato per far fronte ad una emergenza abitativa sempre più galoppante. Concedere una mini proroga solamente per gli sfratti per finita locazione, escludendo la morosità incolpevole, significa non avere cognizione di quale sia la reale portata dell’emergenza abitativa, laddove quasi il 90% delle sentenze di sfratto vengono emanate nei confronti di famiglie in difficoltà economica.
Nell’ottica di SEL il disagio abitativo andrebbe affrontato facendo ricorso a: il blocco degli sfratti per finita locazione per gli alloggi di proprietà degli enti pubblici e privatizzati; ridefinizione del canone concordato e agevolazioni fiscali per i proprietari che aderiscono al canone concordato; realizzazione finanziata con risorse pubbliche, di alloggi da destinare all’affitto, sottraendo dal patto di stabilità delle Regioni gli investimenti e i contributi dati ai Comuni o alle società di edilizia residenziale pubblica per quel che concerne le politiche abitative, visto l’emergenza in atto.
Inoltre è necessario istituire un fondo antisfratti per morosità incolpevole.
E’ necessario rendere più conveniente attraverso l’introduzione di un sistema bilanciato d’incentivi e disincentivi fiscali, il recupero dell’esistente. Obiettivo strategico che dovrà essere perseguito attraverso la riconversione a fini abitativi d’immobili abbandonati o dismessi. Questo potrebbe dare ossigeno ad un comparto in apnea da anni al fine di ampliare la disponibilità di alloggi da dare in affitto ad un canone veramente sostenibile. Riutilizzare le aree dismesse per fini sociali, famiglie sfrattate, nuove povertà, e non da ultimo darli alle associazioni della città, del volontariato, culturali, sportive e altro. Il riutilizzo di questi spazi è un’opportunità anche a fronte della futura Area Metropolitana.
Prevedere compresenza di canone sociale e canone moderato per migliorare il livello di convivenza che deve essere favorito con adeguate forme di accompagnamento sociale, tramite un’azione concordata con i Comuni. Parecchie positive esperienze debbono essere sostenute e socializzate. Il nostro comune in questi ambiti non è all’anno zero, anzi.
Rivedere l’attuale sistema delle graduatorie di ambito comunale, considerando la possibilità di accedere ad un unico sistema di ammissione in ambito provinciale con un bando unico territoriale; tale riunificazione oltre a permettere una diversa distribuzione sul territorio rappresenterebbe una sensibile riduzioni di costi.
Ma il fenomeno più impressionante e più diffuso è quello degli alloggi in tentata vendita. E’ diventato raro trovare un palazzo che non abbia affisso sul portone di ingresso il classico avviso “vendesi appartamento”.
La strada per la ripresa economica dell’Italia non può certo passare dall’abbandono al degrado di intere parti di città vecchia e di ex centri direzionali e dalla contemporanea occupazione di territorio verde per edificare nuovi volumi.
Che fare? Sicuramente disincentivare lo sfitto, promuovere la rigenerazione urbana ed disincentivare il consumo di territori vergini.
Sul disincentivare lo sfitto a Sesto ci si muove da tempo come dimostrano le aliquote dell’ex IMU ma si può fare di più, ad esempio applicando la legislazione urbanistica regionale che prevede di censire gli immobili sfitti e nei casi di interi palazzi intervenire modificandone la destinazione d’uso, ad esempio sostituendo il direzionale che è evidentemente in esubero con l’edilizia convenzionata in affitto di cui invece vi è domanda.
La definitiva soluzione di questo esplosivo problema può nascere solo dall’incontro tra domanda e offerta. Un incontro oggi difficile per la logica perversa delle grandi imprese immobiliari, assicurative, bancarie e finanziarie che quotano a bilancio gli immobili sfitti a valori ben notevolmente superiori a quelli di mercato.
La Corte Costituzionale ha affermato che rientra, tra i compiti della Repubblica, quello di favorire l’accesso alla abitazione ai cittadini più deboli. I sondaggi pongono la casa al primo posto tra i bisogni non soddisfatti. Questo e’ il risultato di oltre venti anni di incauto affidamento al dio mercato. L’abitazione da nido d’amore, focolare domestico, è diventata un problema, sia per chi non l’ha, sia per chi sta pagando un mutuo.
I diritti sociali non sono, nel nostro sistema costituzionale, un’opzione politica variabile, ma sono un principio giuridico vincolante. Il vincolo delle risorse è un fatto reale ma richiamato a sproposito. Non esistono diritti “che non costano”, e in tempi di spending review, i diritti e le conquiste sociali, sono i primi a essere cancellati. Così non va.
Moreno Nossa, Consigliere Comunale SEL