Perché essere pendolari è un incubo

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Aumentano i passeggeri e i disservizi, diminuiscono i convogli. Toscana e Veneto attaccano direttamente Trenitalia. Ma in tre anni le Regioni hanno tagliato 700 milioni per i trasporti.

Lenti, scomodi, sporchi. E sempre più rari. Treni e autobus per i pendolari sono mezzi in via d’estinzione. Ogni mattina otto milioni di persone lottano per salire a bordo. E da Nord a Sud della Penisola trovano gli stessi disagi: le frontiere “chiuse” tra Milano e Venezia con la cancellazione dei treni diretti e low cost, il governatore piemontese Cota che non trova 125 milioni per le linee regionali ma salva la “sua” Novara dal ridimensionamento. In viaggio con i 140mila pendolari dell’Emilia-Romagna costretti alla ritirata a causa di 17 mila convogli finiti su un binario morto in tre anni, o le avventure da Grand Tour ottocentesco per arrivare a Roma dall’Umbria: pochi chilometri, tanti disagi.

Un grande paradosso perché mentre i passeggeri aumentano, la crisi obbliga tanti a lasciare l’auto in garage o a cercare una casa meno cara lontano dalla metropoli, le Regioni, dominus del settore, usano la mannaia: tagliati 700 milioni nell’ultimo triennio.

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