C’è chi nei commenti post voto ha scritto: “I risultati segnano la fine del partito comunista”. Ecco, questa affermazione la dice lunga sul grado di consapevolezza e di capacità analitica, di chi più o meno si considera parte di quella famiglia allargata e sgangherata che è il centrosinistra.Il Pci è morto di asfissia, nella seconda metà degli anni ottanta. La malattia era in atto da molto tempo, da quando la chiusura ad ogni possibilità di approdo al mondo del socialismo europeo, aveva caratterizzato le scelte comuniste. Il mondo cambiava, il fallimento delle esperienze consumate in nome di un’utopia traghettata ad ideologia, senza paracadute e senza la giusta capacità di rielaborazione, scientifica, storica e politica. Il Pds, poi Ds e poi Pd, sono stati e sono altra cosa. Non hanno nulla da spartire con le politiche, la storia e l’idealità del socialismo democratico; anzi per certi versi, aldilà della collocazione nel vecchio continente, sono l’emblema di una crisi d’identità di quella che fu la grande famiglia di Willy Brandt.La sconfitta alle amministrative brucia ancora di più. Ormai per un partito inesistente, litigioso e privo di qualsiasi prospettiva, non ha fatto e non fa più da valore aggiunto. Nemmeno la buona amministrazione, e ci sono realtà dove c’è stata, riesce più ad arginare la valanga di destra estrema diventata travolgente. La sconfitta della sinistra a Sesto un anno fa fece clamore. L’analisi affrettata da parte di molti, anche di quelli che oggi parlano di fine di un’era, allora fu spietata.
Si preferì mettere sotto accusa Monica Chittò e la sua giunta, che certamente di responsabilità ne ha avute, circoscrivendo la batosta ad un fatto locale. Non era così, o quantomeno non era solo così. Era la concretizzazione di un processo irreversibile della scomparsa di un’idea di sinistra nel nostro Paese. Noi lo dicemmo e fummo derisi. Michele Foggetta, giovane di sinistra intelligente e capace, già consigliere comunale di Sesto, in un post scrive: “…È ora che si cambi pelle. Sarebbe necessario, che ci si incontri e organizzi per capire come diventare recettori di quell’energia che la “società civile sestese” ha riscoperto in risposta all’arroganza di chi ci governa. E, questa è la cosa fondamentale, se come partiti tradizionalmente intesi ne siamo capaci. Non serve quella rottamazione che qualcuno invocava ma un forte cambio di pelle e di marcia.Non serve più ergersi a difesa di quello che è stato ma fermarsi e pensare a come creare qualcosa di nuovo. Chiuderci un’ultima volta nelle “botteghe oscure” per poi aprirci completamente a questo nuovo modo di fare politica che Sesto ci sta insegnando“.
Bene, resta il problema del “Che Fare” e come farlo. Bisogna avere la forza e la capacità di indirizzare e politicizzare la protesta e farla diventare proposta, altrimenti si rischia di inseguire le lucciole in una bella serata d’estate. (Mangiafuoco)
PENTAGRAMMA POLITICO / Asfissia di un partito (Pd) che nessuno è riuscito a capire per buttare l’ancora di salvataggio