Il MUI, partito che voleva l’ingresso dell’Italia negli USA

imagesdi Angelo Gerosa. Impossibile trovare nella storia della nostra Repubblica una vicenda più curiosa di quella del Movimento Unionista Italiano (MUI), partito che proponeva niente meno che l’ingresso dell’Italia negli Stati Uniti d’America. Partito con tanto di simbolo (bandiere dell’Italia e degli USA incrociate) organo di stampa (L’unione mondiale) e rappresentanza nell’Assemblea Costituente.
Il MUI nacque a Catania nel febbraio 1944 per iniziativa dello scienziato Corrado Gini (presidente onorario) del sociologo Ugo Damiani (presidente) e dello scrittore di fantascienza Santi Palladino (segretario).
Quanto Corrado Gini fosse un personaggio singolare lo si legge nella sua biografia (“Il fascismo razionale” di Francesco Cassata, Carocci Editore 2006): demografo di fama mondiale, beniamino del Duce, fondatore dell’Istituto Centrale di Statistica, presidente dell’ISTAT e del Consiglio Superiore della Demografia e della Razza, abbastanza scaltro da non sporcarsi le mani con l’antisemitismo ed espatriare negli USA, giusto in tempo per evitare di venir processato quale alto gerarca del regime, e poter poi comodamente tornare alla sua attività scientifica ed accademica.
Alle elezioni per l’Assemblea Costituente del 1946 il MUI si presentò in solo 7 circoscrizioni (Sardegna, Sicilia occidentale, Puglia, Calabria, Abruzzo e Lazio cioè in neppure un quarto d’Italia), raccolse 71.000 voti  ed elesse un deputato. Buono il risultato nelle principali città del Sud Italia (3,2% a Palermo, 2,7% a Cagliari, 2,5 a Chieti, 2% a Bari e Cosenza), clamoroso il risultato nei paesi ad alta emigrazione negli USA in cui spesso, come a Roccaraso, fu secondo solo alla DC.
La storia ufficiale recita: “la delusione per il mancato successo elettorale portò al rapido scioglimento del partito”. Altri storici descrivono un “partito fascista camuffato” reso inutile dalla successiva nascita del MSI di Giorgio Almirante.
Alla luce della pur modesta documentazione storica disponibile ambedue queste tesi si mostrano infondate e la morte del MUI pare l’effetto di un improvviso quanto misterioso “distacco della spina”.
Rapporti di polizia descrivono un partito non deluso ma anzi orgoglioso nel rivendicare il risultato elettorale del 1946, alla luce soprattutto di presunti brogli elettorali che, a detta dei suoi dirigenti, gli avrebbero annullato 125.000 voti.
Al riguardo va rilevato che se il MUI fosse stato a caccia del voto dei “nostalgici” del regime, alle elezioni per l’Assemblea Costituente si sarebbe presentato in tutta Italia e, grazie all’assegnazione dei seggi con metodo proporzionale puro, avrebbe potuto eleggere più deputati.
Il deputato Ugo Damiani non confluì comodamente in un altro gruppo parlamentare (magari il destrorso Uomo Qualunque) ma tentò di dare una prospettiva politica al movimento costituendo un gruppo federalista mondiale e, non riuscendovi, rimase nel gruppo misto.
L’originale programma di unione con gli USA nel 1947 si modificò nella proposta di un “governo mondiale” e si intrecciarono rapporti con altri movimenti “mondialisti”.
In vista delle elezioni politiche del 1948 il MUI programmò di presentarsi in tutta Italia unendosi con gruppi pacifisti in un “Blocco Unionista Italiano”. Gruppi pacifisti che si mostrano interessati pur manifestando scetticismo sulla possibilità di coniugare il loro potenziale elettorato a quello dei paesini “italo-americani” del MUI .
I rapporti di Polizia descrivono un movimento che nel dicembre 1947, cioè nel mese del proprio improvviso scioglimento, dichiara (o millanta?) 102.000 iscritti, 3120 circoli territoriali, 71 federazioni provinciali e 14 ispettori regionali.
In questo quadro si registra l’improvvisa chiusura del giornale L’Unione mondiale e poi del Movimento stesso per brusco esaurimento dei fondi.
Nessun dirigente del MUI si riciclò in altri partiti, Msi compreso.
E’ dall’insieme di questi fatti che pare lecito sostenere che al MUI venne improvvisamente “tolta la spina”.
Chi tolse la spina al MUI?
Impossibile rispondere con certezza ma vorrei azzardare una ipotesi seppur non suffragata da evidenze documentali.
Nel 1944, in una Italia in cui il movimento partigiano, egemonizzato dalla sinistra, poteva arrivare al potere, agli Stati Uniti giovava la presenza del MUI che, facendo leva sul mito americano, sottraeva alla sinistra consensi nella parte più povera dell’elettorato.
Nel 1947, con la DC al potere e la sinistra cacciata dal governo, non vi era più bisogno del MUI, tanto più che il suo eclettico deputato intrapprese pericolose strade pacifiste.
L’onorevole Damiani infatti venne eletto alla presidenza del Movimento Universale per la Confederazione Mondiale (che reclamava la cittadinanza mondiale) e vicepresidente del movimento pacifista Pax. Organismi che in anni di guerra fredda non erano certo ben visti dagli USA.
Insomma il MUI era diventato un bel groviglio a cui staccare la spina.
Fantapolitica? Forse.
Ma se pensiamo alla nota vicenda dei rapporti intercorsi proprio in quegli anni tra i servizi segreti alleati ed il Movimento Indipendentista Siciliano l’ipotesi appare perlomeno verosimile.

Conosci la vicenda del Partito dei Contadini d’Italia?