Disoccupati nascosti e produttività a terra: così il Paese perde colpi
Le regole del mercato del lavoro in Italia sono contraddittorie e i risultati ottenuti sono scarsi. Ecco le principali anomalie di un sistema che produce un tasso di occupazione tra i più bassi d’Europa
di FEDERICO FUBINI
ROMA – Uno dei più bassi livelli di occupazione al mondo, dentro uno dei sistemi che protegge di più il posto di chi un impiego permanente lo ha. Una disoccupazione giovanile senza paragoni con qualunque altro Paese, in proporzione alla quota generale dei disoccupati. Un aumento di stipendi e salari più rapido che in Germania, unito a un crollo dei consumi che invece in Germania continuano ad aumentare.
Più che un mercato del lavoro, lo si potrebbe definire un suk di contraddizioni…
Una delle credenze che, in questo Paese, molti considerano semplicemente ovvie ma sono false è che l’Italia ha una disoccupazione elevata, ma molto meno della Spagna e semmai come la Francia. Questa opinione deriva dal fatto che in Spagna la disoccupazione ufficiale è al 24,5%, in Italia al 12,6% e in Francia al 10,3%. Benché non venga mai detto, però, questi dati non sono paragonabili perché non lo sono le istituzioni alla loro base: in Spagna tutti i disoccupati godono di un sussidio e dunque hanno interesse a dichiararsi tali, mentre in Italia spetta quasi solo ai cassaintegrati, i quali però per le statistiche sono “occupati”. Gli altri, il grosso dei senza lavoro, spesso non si iscrivono agli uffici per l’impiego perché lo considerano inutile…
Disattenzione c’è spesso su un altro aspetto nel quale l’Italia spicca per il risultato peggiore al mondo: la sproporzione, a sfavore dei giovani, fra la quota totale dei senza lavoro e quelli delle nuove
generazioni…
Altrettanto falsa (e diffusa) del resto è la credenza che spiega il recente successo della Spagna nel creare molti più posti dell’Italia con il fatto che quelli iberici sono soprattutto precari. È vero il contrario: la Spagna ha sì un’incidenza più alta di contratti a tempo, il 23% contro il 13% dell’Italia, ma dall’anno duemila non fanno che diminuire sul totale dei contratti mentre è proprio in Italia che da allora sono sempre in aumento, anno dopo anno.
C’è poi un’ultima “verità” italiana, che i dati di Eurostat non confermano: maggiori aumenti di salari e stipendi sostengono i consumi, dunque giovano all’economia. Il confronto con la Germania sembra indicare che non è così…
fonte: La Repubblica
http://www.repubblica.it/economia/2014/09/16/news/disoccupati_nascosti-95849776/?ref=HREC1-3