Nuova sinistra, «ora si parte»

Cose rosse. Vendola annuncia: un evento a dicembre, subito prima l’unificazione dei gruppi parlamentari. «Una carta dei valori e un programma minimo per stare insieme. Stavolta non partiremo male». No all’alleanza con Renzi, nelle città scelte innovative. Milano e Cagliari in coalizione. Stefàno: o centrosinistra o non ci sto

Daniela Preziosi

Renzi «ha fran­tu­mato il cen­tro­si­ni­stra» e «inglo­bato pezzi di destra» ed ora costrui­sce «un grande cen­tro che cerca di capi­ta­liz­zare gli effetti della caduta del ber­lu­sco­ni­smo». Ber­sani lo cri­tica dura­mente «salvo non trarne le con­se­guenze» rischiando così di «abba­iare alla luna». Dun­que una sini­stra «popo­lare, plu­rale, inno­va­tiva e di governo è una neces­sità «dell’Italia e dell’Europa». Ora «final­mente si parte»: parte «un nuovo ine­dito pro­cesso». Ai Fren­tani, al con­si­glio nazio­nale di Sel, ieri a Roma, Nichi Ven­dola ras­si­cura i suoi; ma soprat­tutto tutti gli altri, quelli che guar­dano con malu­more e appren­sione alle future scelte del suo partito.

A dispetto degli stop and go delle ultime ore, la nuova crea­tura poli­tica nascerà, giura lui. C’è già una road map. Pre­vede «un grande evento entro dicem­bre», ma prima — cioè pre­sto, fra poche set­ti­mane — «un passo fon­da­men­tale, l’unificazione dei gruppi par­la­men­tari». «Sel non frena», riven­dica il suo pre­si­dente, «anzi si assume la respon­sa­bi­lità prin­ci­pale di avviare un per­corso vir­tuoso per la costi­tu­zione di un nuovo sog­getto della sini­stra». E però — c’è un però — visto che «altre volte siamo par­titi, ma siamo par­titi male» — l’allusione è all’infelice esito del post-elezioni euro­pee — «sta­volta ci assi­cu­riamo che il bina­rio su cui ci met­tiamo sia vivo, non morto», ovvero «sta­volta affron­te­remo il tema della cul­tura poli­tica che non è una discus­sione astratta ma deter­mina la natura del sog­getto, del cam­mino e della qua­lità degli inter­lo­cu­tori». Per farlo, si sti­lerà «una carta dei valori comuni e un pro­gramma minimo» a cui sono chia­mate a con­tri­buire «tutte le per­so­na­lità e le realtà della sini­stra». Evi­tando così «gli errori del pas­sato, il mino­ri­ta­ri­smo, il mec­ca­ni­ci­smo e la ripro­po­si­zione di una equa­zione che accom­pa­gna, da una decina di anni, i fal­li­men­tari ten­ta­tivi di riag­gre­ga­zione a sini­stra», quelli basati sulle «vici­nanze o lon­ta­nanze dal Pd, come se, per bat­tere la voca­zione mag­gio­ri­ta­ria bastasse enun­ciare una sorta di pre­di­spo­si­zione minoritaria».

Qui sta il nodo delle alleanze alle ammi­ni­stra­tive, l’oscuro oggetto che rischia di rom­pere il tavolo della ’cosa rossa’ riu­ni­tosi ripe­tu­ta­mente nelle scorse set­ti­mane, e che è arri­vato a un passo dallo stallo. A quel tavolo si riu­ni­scono anche par­titi e asso­cia­zioni (per esem­pio il Prc, L’Altra Europa con Tsi­pras, la civa­tiana Pos­si­bile) che vogliono «cor­rere soli ovun­que», nel senso fuori da qual­siasi alleanza con il Pd. Invece Sel, nel dispo­si­tivo finale votato quasi all’unanimità (due aste­nuti) pro­pone un metodo di deci­sione diverso, non «mec­ca­nico»: «Non si tratta di sta­bi­lire regole astratte che da Roma calino sui ter­ri­tori in modo auto­ma­tico», è neces­sa­rio «dare con­ti­nuità a quelle espe­rienze che nel governo con­creto delle città hanno saputo gua­da­gnare le carat­te­ri­sti­che di labo­ra­tori poli­tici e ammi­ni­stra­tivi». Al con­tra­rio «ovun­que non si veri­fi­chino que­ste con­di­zioni», ci si impe­gnerà «nella costru­zione di per­corsi inno­va­tivi e autonomi».

Tra­du­zione pra­tica: a Bolo­gna e a Torino, per fare due esempi di due grandi città, la coa­li­zione con il Pd potrebbe essere archi­viata. A Cagliari invece giù le mani dal sin­daco Mas­simo Zedda (Sel), che pure sarà con­fer­mato da tutto il cen­tro­si­ni­stra; e a Milano, dove governa Pisa­pia, Sel farà le pri­ma­rie con il Pd; almeno per ora.
E qui nascono i pro­blemi, non pochi, fuori ma anche den­tro Sel. Nel docu­mento dell’unanimità le stesse parole — scelte infatti cum grano salis — pos­sono con­te­nere aspi­ra­zioni molto diverse. E pure dubbi. Per esem­pio sul caso di Milano: «Qual­siasi can­di­dato vin­cesse le pri­ma­rie potrebbe pro­se­guire l’esperienza di Pisa­pia? E se vin­cesse Sala (il com­mis­sa­rio di Expo, ndr), Sel reste­rebbe vin­co­lata alla coa­li­zione?», chiede Ste­fano Cic­cone. Il tema si è posto già alle pri­ma­rie liguri: dove Sel sostenne Cof­fe­rati dall’esterno della coa­li­zione; salvo riti­rarsi alla vit­to­ria della ren­ziana Lella Paita. Più in gene­rale gli accordi non si fanno «né sem­pre né mai», come spiega il romano Gian­carlo Tor­ri­celli, né sono con­di­vi­si­bili «le alleanze piom­bate di Civati», come spiega Fabio Mussi; ma par­tendo «dall’analisi con­creta della situa­zione con­creta» — la cita­zione è di Lenin — «oggi non si può che essere alter­na­tivi al Pd di Renzi», è la sua conclusione.

Non la pensa così però il sena­tore pugliese Dario Ste­fàno, unica voce radi­cal­mente con­tra­ria alla nascita di una ’cosa rossa’ (c’è anche quella scet­tica del sena­tore Luciano Uras che annun­cia la pro­po­sta di una fede­ra­zione auto­noma sarda). Per Ste­fàno sem­pli­ce­mente «non esi­ste uno spa­zio per un quarto polo». Annun­cia: «Una Rifon­da­zione 2.0 (qui sta per: un sog­getto mino­ri­ta­rio, ndr) non sarà il mio campo», in tutta Ita­lia «esi­ste uno spa­zio per il rilan­cio del cen­tro­si­ni­stra locale dove cor­reg­gere la rotta del governo Renzi». Certo nella ’cosa rossa’ il rischio «di costruire una ridotta com­ple­men­tare al ren­zi­smo» c’è, avverte Franco Gior­dano. Quel rischio «non si com­batte nei tavoli», replica Nicola Fra­to­ianni, coor­di­na­tore di Sel, il più lan­ciato in dire­zione ’cosa rossa’, «ma fra la gente, nelle assem­blee in cui tutti ci chie­dono di par­tire anzi­ché stare fermi in un tempo sospeso che non è più e non è ancora».

Ma pro­prio per­ché «bat­tere il governo Renzi è l’obiettivo di oggi e di domani, non si può lasciare il rifor­mi­smo tutto nel campo del Pd», dice Mas­si­mi­liano Sme­ri­glio, vice­pre­si­dente del Lazio. Ed è un altro punto diri­mente per Sel: la nuova forza dovrà essere l’approdo natu­rale per mili­tanti e diri­genti in caduta libera dal par­tito della nazione. Per que­sto Sel (con Ste­fano Fas­sina ed altri ex Pd) punta anche sui nuovi gruppi par­la­men­tari che «potranno fare da cala­mita», spiega Arturo Scotto (Joseph Sti­glitz sarà il con­su­lente eco­no­mico). Gli ex Pd hanno com­bat­tuto la voca­zione mag­gio­ri­ta­ria ma ora temono quella «mino­ri­ta­ria» della sini­stra radi­cale. Alcuni per­sino riven­di­cano con orgo­glio le coa­li­zioni dell’epoca di Prodi: indi­ge­ste però all’altra metà della ’cosa rossa’.

fonte: il Manifesto

http://ilmanifesto.info/nuova-sinistra-ora-si-parte/