171 – 21 luglio/settembre 2015
Periodico iscritto al R.O.C. n.6552
NOTAZIONI DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI
CARLO SMURAGLIA:
► Sui rapporti tra generazioni
In occasione di un Convegno a Erba (CO) per ricordare Cristina Mazzotti, sequestrata e uccisa nel 1975 in Brianza, accompagnando il ricordo con una riflessione sul disagio giovanile, ho ascoltato il messaggio che il Presidente della Repubblica, ha inviato alla Fondazione organizzatrice del Convegno. Nel messaggio si parla di giovani e le parole del Presidente mi sembrano significative e importanti anche per noi, che parliamo spesso dei giovani e delle nuove generazioni, ma non sempre riusciamo a capirli ed a comportarci, nei loro confronti, in modo coerente. Riporto testualmente le parole del Presidente:
“Dobbiamo scommettere sui giovani, avere fiducia nella loro maturazione umana e sociale, dobbiamo investire nell’educazione, aiutare chi è in difficoltà, non con il tono paternalistico di chi possiede certezze immutabili, ma con la passione di chi vuole cercare i valori presenti negli altri. Per fortuna, nel nostro Paese ci sono tante esperienze vitali, ci sono tanti volontari, ci sono tante appassionate risorse morali, intellettuali, professionali che già operano per il bene comune e che costituiscono una rete insostituibile per la coesione sociale e per la qualità della vita di ciascuno di noi.”
Su queste parole, estremamente significative, dovremmo riflettere tutti e trarne ispirazione nella nostra azione quotidiana. L’ANPI raccoglie ormai molti giovani, ma non sempre è facile entrare in consonanza con loro, che spesso hanno abitudini, modi, linguaggi, piuttosto lontani dalle nostra esperienza.
Eppure, bisogna aver fiducia in loro, perché sono loro che costruiranno la nuova società e in sostanza, in futuro, il volto nuovo del Paese, spesso sulle macerie di quelle che molte generazioni hanno lasciato dietro di sé.
E dobbiamo avvicinarci con umiltà (che non significa il falso “giovanilismo”, di cui non c’è alcun bisogno), pensando sempre che possono avere molti torti, ma anche molte ragioni, come noi del resto.
I giovani possono dare all’ANPI moltissimo, possono aiutarla a superare un grande passaggio generazionale che, di necessità, sta avvenendo proprio in questi anni.
2. A loro dobbiamo e possiamo chiedere continuità, per ciò che attiene ai nostri consolidati valori, al nostro modo di essere autonomi, indipendenti, rispettosi delle leggi ma anche dei diritti di tutti. Possiamo trasmettere la nostra esperienza, specialmente quelli di noi che hanno a lungo vissuto; ma non pretendendo che sia l’unica e che sia sempre grandiosa.
Ognuno di noi ha fatto le sue scelte, ma ha anche fatto i suoi errori. Per cui, niente arroganza da parte nostra, rendendoci conto, come diceva Bobbio, che non sempre le cose che non ci piacciono sono sbagliate, ma è possibile – almeno qualche volta – che siamo noi che non riusciamo a capirle. Certo, è giusto pretendere che anche i giovani bandiscano l’arroganza e la presunzione e si rendano conto che il mondo non è sempre come lo immaginano, ma l’importante è impegnarsi per miglioralo, non da soli, ma con tanti altri.
E’ vero, ha ragione il Presidente, quando parla di tante esperienze positive e vitali, di tanti volontari, riferendosi anche a “…. tante appassionate risorse morali, intellettuali, professionali che già operano per il bene comune …” indipendentemente dall’età. Ma è altrettanto certo che tutte queste energie che esistono nel Paese vanno messe in moto, portate allo scoperto, indotte a farsi sentire, a riflettere, a confrontarsi, ad agire, ovviamente nel rispetto delle idee e dell’impegno altrui. Non sono sicuro che siamo riusciti ad agire sempre nel modo giusto, nella nostra Associazione; ho l’impressione che facciamo fatica ad utilizzare al meglio quelle energie, quelle risorse cui accennavo.
Ebbene è di grande importanza una profonda riflessione collettiva, affrontata da anziani e giovani, senza che nessuno avanzi la pretesa di avere la verità (l’unica verità) in tasca. Certo, la nostra esperienza ci consente – forse ci impone – di porre alcune condizioni perché il confronto sia libero e perché sia altrettanto utile l’apporto di chi si affaccia ora alla vita, e di chi ha a lungo vissuto.
Una di queste è il rispetto, che deve essere reciproco e deve fondarsi nella ricerca appassionata di capire anche le motivazioni e le ragioni degli altri; un rispetto che è dovuto, peraltro, non solo all’impeto giovanile (che abbiamo avuto tutti a tempo debito e quindi apprezziamo), ma anche ai frutti delle scelte di vita e dell’esperienza dei più anziani. Un’altra condizione sta nell’imprescindibile esigenza del rispetto delle regole; dobbiamo far capire che le regole sono la base della convivenza civile e che da esse non è esonerato né l’eroe della guerra di Resistenza, né il giovane pieno di speranze e di progetti. Su questo tema c’è ancora molto da fare, perché ogni tanto, nostro modo di essere (che comprende non solo il rispetto delle leggi, ma anche quello delle regole richieste e imposte dalla convivenza civile e dal comune sentire) si intravvede qualche crepa, che occorre subito richiudere. Su questo bisogna essere intransigenti, se vogliamo creare tra le generazioni, un rispetto vero, leale e sincero, che stia alla base di un impegno condiviso e di un costante richiamo ai valori comuni.
Ovviamente, non sto creando un “manuale” dei rapporti tra generazioni. Sto solo riflettendo, spero assieme a tutti i lettori della News, sulle belle parole del Presidente, per cercare di trarne insegnamenti che servano per il futuro (anche prossimo) della nostra Associazione.
► Ancora sulla Grecia
La vicenda della Grecia si sta concludendo nel modo più doloroso e spiacevole. Avevamo tutti sperato che l’esito del referendum (quale che fosse il giudizio che si dava su quella iniziativa) aprisse un negoziato improntato ad una minore durezza nei confronti della Grecia. Non è stato così. La reazione è stata di un rigore che ci ha lasciato esterrefatti.
Possiamo comprendere tutte le ragioni, i dubbi, le perplessità, di fronte ad un debito enorme come quello della Grecia. Ma a che serve distruggerla, facendo pagare anche gli errori e perfino le malefatte di alcuni a tutto un popolo che, nel suo complesso, ha ben poche responsabilità?
Ci sono stati casi, in questo dopoguerra, in cui si sarebbe potuto anche infierire nei confronti di chi aveva creato disastri in tanti Paesi, cagionato guerre pesantissime (anche per i civili), compiuto stragi ed atti barbarici, con altezzosa sicurezza e perseguitato milioni di persone solo perché ritenute “diverse”. Non fu fatto nulla di vendicativo, di prepotente o che avesse sapore di rivalsa, né sul piano politico, né su quello economico (anzi, un enorme debito, della Germania è stato praticamente cancellato).
Adesso, invece, si vuol procedere in modo totalmente diverso, non solo costringendo unPaese a subire condizioni terribili, ma anche umiliandolo oltre ogni limite. E questo è grave perché significa che un Paese che appartiene all’Europa, viene considerato e trattato come un estraneo. E questo non ha nulla a che fare con la concezione (da Altiero Spinelli in poi) di un’Europa unita. Ma che Europa è questa, così dura, così intransigente, così rigida, così legata a criteri di autoritarismo economico (e politico)? Che cosa resta del sogno di tanti, se un Paese può essere immolato sull’altare del rigore e dell’austerità?
Purtroppo in questa Europa disumana sembrano non albergare più i principi di solidarietà e di fratellanza, che una volta erano propri almeno dei partiti che si richiamavano al socialismo. Sia ben chiaro: non siamo qui a giustificare, a priori, gli errori, le scorrettezze, le “allegrie” economiche e tanto meno i falsi, se è vero che anche questi furono commessi.
Ma c’è modo e modo; c’è la necessità di distinguere tra colpevoli e innocenti, tra coloro che magari ci si sono arricchiti, e quelli che hanno subito. Quel popolo che ha detto “NO” al referendum e che adesso soffre ore di incertezza e di difficoltà terribili, non è fatto di criminali, di sperperatori o di speculatori. Ci sono anche quelli, e sarebbe ora di individuarli, ma non si possono colpire indiscriminatamente molti milioni di greci.
Un’Europa come si era sognata, dovrebbe trovare la strada giusta per costringere chi deve, a pagare il dovuto, ma senza uccidere una nazione, un Paese intero. E se anche dovesse imporsi il quadro che si è delineato dopo la fatidica notte di discussioni, bisognerebbe riuscire a trovare il modo per rendere sostenibile un debito che tale (secondo alcuni) non è, per salvare il salvabile, pur pretendendo il rispetto di regole fondamentali, fra le quali certo anche quella che ci ripetevano i nostri padri (“non si fanno debiti”), ma tenendo unita l’Europa, ricordando gli ideali da cui è nata come unità “politica” e non “economica” accettando tutti che parole come solidarietà e fratellanza sono indispensabili per la convivenza dei popoli, per evitare nuove guerre, ma anche per evitare nuove forme di imperialismo (magari economico).
Qualcuno scrollerà le spalle, forse, parlando di utopia; ma io tengo a ribadire che ciò che propongo non è solo e tanto nell’interesse della Grecia, ma è anche in quello di tutti i Paesi che costituiscono l’Europa e della stessa prospettiva di realizzare il sogno di una vera unità politica, che non può, non deve nascere solo sulle rovine di questo o quel Paese.
LA REDAZIONE DI ANPINEWS NELL’AUGURARE A TUTTI I LETTORI BUONE E SERENE VACANZE ESTIVE, INFORMA CHE RIPRENDEREMO LE PUBBLICAZIONI IN SETTEMBRE
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