Durante l’anno di Esteri che si chiude molte situazioni sono cambiate e altrettante si sono confermate. Gli Stati Uniti hanno sorpassato l’Arabia Saudita quali primi produttori mondiali di petrolio, ma il futuro delle aziende che estraggono idrocarburi attraverso il fracking è buio, dati gli attuali prezzi “sottocosto” praticati dal cartello dell’OPEC. Prezzi pensati proprio per far collassare i nuovi concorrenti sul mercato più sporco e opaco che esista.
Alcuni Paesi, come la Russia, si sono esercitati in politiche da potenza “di una volta”. Altri, come la Cina, si sono comportati invece come potenze del futuro, con il libretto degli assegni in mano. Gli Stati Uniti hanno ridisegnato la loro strategia per il XXI secolo dando priorità all’area del Pacifico, ma senza abbandonare i rapporti con la Vecchia Europa. Oggi il loro strumento, dopo gli innumerevoli fallimenti sul piano militare, è costituito dagli accordi di libero scambio, come il TTIP con l’Europa e il TPP con i Paesi del Pacifico: accordi che vanno a sancire alleanze costruite durante la Guerra Fredda e che finora si limitavano alla difesa.
In Medio Oriente tutto è ancora confuso. La Turchia di Erdoğan, l’ultimo Paese che si è buttato nella mischia, ne sta uscendo con le ossa rotte; le primavere democratiche sono sfociate in inverni ancora più rigidi delle stagioni precedenti. Israele è sempre più risucchiato in una politica isolazionista e senza sbocchi. Dal caos mediorientale emerge come unica potenza regionale l’Iran: “pompiere” di ultima istanza in Iraq per evitare la vittoria dei combattenti sunniti, alias ISIS, che stanno tentando di riconquistare l’Iraq (dopo averlo governato per decenni) con un’operazione militar-mediatica all’avanguardia. Vecchi arnesi dell’esercito di Saddam Hussein tornano vincitori sul campo e bravi comunicatori si impongono tra etere e Internet costruendo una fiaba buona per sviare l’attenzione della stampa, che sempre più volentieri si fa dettare l’agenda da chi sa usare il web.
In Medio Oriente si sta giocando una delle partite geopolitiche più impegnative dalla fine del colonialismo, ma i confini delle nuove entità che usciranno dal caos odierno sono ancora sconosciuti.
Per il resto, quest’anno sono passati in secondo piano i Paesi Brics, che dopo anni di grande crescita economica hanno rallentato il ritmo. Una pausa dopo la grande rincorsa, quella che di solito serve per recuperare le forze e ripartire: perché dal mondo multipolare non c’è più ritorno, la nostra geografia economia e politica ha voltato pagina.
Infine, il soggetto paradossalmente più in difficoltà è quello che non c’è, o che c’è solo parzialmente. Il progetto della costruzione degli Stati Uniti d’Europa è in bilico: le forze antieuropeiste, combinate al potere delle lobby economiche, stanno tentando di uccidere il sogno di uno spazio di civiltà e democrazia, che vorrebbero declassare a sola area di libero scambio. L’assenza dell’Europa politica si sente e pesa, a partire dalla Grecia. Pesa sul Mediterraneo in modo drammatico, pesa sull’Europa Orientale e anche in Africa e in America Latina, continenti sempre più allineati con Pechino.
Viviamo nell’incertezza, dunque, ma i giochi, gli interessi leciti e illeciti, i progetti totalitari si intuiscono ovunque. Un mondo senza diritto e senza ordine è un mondo più pericoloso. Un mondo senza coesione economica e ambientale è un mondo più violento. L’antidoto che possiamo modestamente offrire noi di Esteri è far conoscere ciò che si vuole tenere nascosto, spiegare ciò che si vuole rimanga incomprensibile, dare voce a chi coraggiosamente continua a battersi per un mondo migliore.
Alfredo Somoza per Esteri (Radio Popolare)
http://alfredosomoza.com/2015/07/04/il-mondo-del-2015/