Mobilitiamoci per difendere e applicare la legge 194

Il 10 aprile, a Milano, il processo contro Stefania.
E’ un processo da Santa Inquisizione contro le donne e contro i loro diritti.

Mobilitiamoci per difendere e applicare la legge 194, per difendere e applicare le parti progressiste della Costituzione.

Presidio dei solidali lunedì 10 aprile dalle ore 9 tribunale di Milano Largo Marco Biagi

Il 10 aprile alle 9 al Tribunale di Milano inizia il processo contro Stefania Favoino, una donna, una lavoratrice, una madre, una compagna accusata di aver offeso un antiabortista e di aver arrecato danneggiamenti durante un presidio di integralisti cattolici all’Ospedale Mangiagalli. Anche chi l’ha denunciata, tale Vittorio Cristinelli, è a processo per aggressione: con licenzia che ritiene di aver avuto dalla Vergine Maria ha colpito Stefania con un pugno.

Ci sono 3 ragioni per cui il processo contro Stefania non è “una questione privata” e per cui è invece importante la solidarietà, la mobilitazione e il sostegno da parte delle donne delle masse popolari e da parti di tutti coloro che vogliono avere un ruolo positivo nella lotta contro l’oscurantismo vaticano, contro l’oppressione di genere, contro il neofascismo e contro la repressione.

1.Vittorio Cristinelli è un assiduo frequentatore (se non espressamente l’organizzatore) di quelle manifestazioni ultra cattoliche frequentate da Forza Nuova, Militia Christi e altre piccole organizzazioni che mescolano fascismo e cristianesimo: un mix che ha come bersaglio “naturale” le donne, i loro diritti, la loro autodeterminazione. Vittorio Cristinelli è un soggetto che insieme a giovani neofascisti, vecchi preti, “donnette” apparentemente innocue e invece feroci come serpenti, partecipa, quando non organizza, a quelle iniziative per cui diviso in squadre l’esercito degli antiabortisti assedia ingressi e corsie di ospedali della Lombardia, ricerca le donne in gravidanza, le umilia, le offende, le pressa. Andare in ospedale per una donna che vuole o deve interrompere la gravidanza è diventato, questo si, un calvario (come per la donna di Padova che gira 23 ospedali prima di trovare la struttura che esegue le interruzioni di gravidanza ) o significa la morte come per Valentina Milluzzo – Catania a Settembre del 2016. Per questo motivo, il processo contro Stefania è il processo a quelle donne che non hanno trovato la forza per dare quello che si meritava a gente come Cristinelli quando l’hanno incontrata all’ingresso dell’ospedale, in corsia o in sala di attesa e hanno dovuto subire una violenza più grave di un pugno o un’offesa.

2. Vittorio Cristinelli e quelli come lui, i suoi sodali, ritengono normale, di fronte alle proteste di chi non tollera la loro presenza negli ospedali, colpire con un pugno una donna. Qualcuno obietterà che “è indifferente” che Stefania sia una donna, sarebbe stata colpita anche se a contestare il presidio degli antiabortisti fosse stato un uomo. Non è vero. L’aggressione a Stefania è un mix di vendetta (perché una donna non può ribellarsi) e maschilismo bello e buono, di sottomissione di una donna all’uomo. Oltre al gesto di Cristinelli, anche l’atteggiamento delle Forze dell’Ordine è in questo senso esemplare: oltre al pugno sferrato da questo mezzo prete fallito e frustrato, a punizione della sua contestazione una denuncia pretestuosa per danneggiamento (l’accusa è di aver stracciato dei cartelloni). E qui si fonde il maschilismo e l’oscurantismo di gente che vorrebbe costringere le donne a vivere nel medioevo con la complicità delle autorità di polizia: dopo il pugno, colpire Stefania con un processo a monito per quelle donne che osano ribellarsi. Per questo motivo, il processo contro Stefania è il processo a quelle donne che non abbassano la testa e lottano per i loro diritti, sanciti dalla Costituzione e conquistati con la vittoria sul nazifascismo, praticati grazie alle conquiste ottenute con le lotte dei decenni passati; il processo a Stefania è un colpo di mano che si unisce ai reiterati attacchi ai diritti e alle conquiste e ai tentativi di mandare definitivamente al macero i principi e i valori della Costituzione antifascista.

3. L’aggressione a Stefania non è un caso isolato. La violenza contro le donne, nelle sue mille sfumature e manifestazioni, è in costante aumento, man mano che la società avanza verso il baratro della civiltà a cui la spinge la classe dominante. La violenza contro le donne è diventata “normale”: alimentata da personaggi come il Cristinelli, sdoganata dal senso comune corrente, eretta a filosofia dalle ideologie suprematiste e razziste, assecondata, tollerata e minimizzata dalle autorità e istituzioni (non facciamoci fregare dalle lacrime di coccodrillo), ha messo radici anche in ambienti “alternativi” (ricordate lo stupro di Parma?). Minimizzare è l’atteggiamento che consente al maschilismo imperante e alla violenza dilagante di proliferare come se fosse “tutto normale”. Invece normale non è. Per questo motivo, il processo contro Stefania è un processo che travalica il singolo caso, la contingenza, e in quell’aula di Tribunale, a Milano, non ci deve stare lei, seduta al banco degli imputati, ma la classe dominante di questo paese che alimenta, consente, promuove l’oppressione di genere e la violenza contro le donne.

Il processo a Stefania è il processo a tutte le donne che osano ribellarsi al sistema patriarcale e oppressivo, che assolve uno stupratore perchè la donna non urla mentre la sta stuprando o perchè indossa i jeans; in cui vale di più il concetto astratto della “vita” rispetto alle condizioni materiali e concrete di chi vive, a una società in cui morire sul posto di lavoro, morire di parto, morire di stenti e povertà è considerato “normale”, o “una tragica fatalità” e invece l’eutanasia è considerata un tabù e l’aborto un crimine, a una società in cui “le donne sono l’angelo del focolare”, ma vengono usualmente trattate come (e in certi casi peggio) delle bestie da soma o da riproduzione.

I motivi per non lasciar passare questo processo come “una questione privata” sono molti altri, riguardano le donne, ma riguardano anche gli uomini; in definitiva riguardano la lotta contro l’oppressione delle masse popolari in nome del binomio “profitto” e “dio”.

Per questo lanciamo la campagna per sostenere Stefania e sostenere tutte quelle donne i cui diritti vengono negati ogni giorno: il diritto ad una maternità consapevole e sicura, a una sanità pubblica e gratuita, a un lavoro utile, dignitoso ed equamente remunerato, ad avere accesso a strutture come i centri antiviolenza. Sostenere questa campagna significa mobilitarsi per contrastare nei mille ambiti in cui è radicata l’ingerenza e l’oscurantismo del Vaticano, per promuovere il protagonismo delle donne che non delegano più, ma iniziano ad applicare direttamente e da subito le parti progressiste della Costituzione.

Invitiamo inoltre a partecipare il 12 aprile presidio il davanti al Tribunale di Milano per denunciare l’inadeguatezza delle modalità processuali e la mancanza di preparazione di giudici e tribunali nel tutelare le vittime dei reati di violenza. [Link]

Invia la tua adesione in solidarietà a: pcarc.lombardia@gmail.com o pagina Fb Io sto con chi difende la 194 e applica la costituzione

fonte: ANPI CRESCENZAGO