Ritenendolo condivisibile e stimolante, pubblichiamo su “Patria indipendente”, per gentile concessione dell’autore e del periodico, l’editoriale del professor Filippo Focardi tratto da “Left” n. 50 del 16 dicembre 2017, acquistabile in edicola
Da un sondaggio fatto nel 2002 per Samarcanda, la trasmissione tv di Santoro, risultava come almeno il 25% dei giovani italiani esprimesse un giudizio positivo sul fascismo e su Mussolini. Mentre solo il 3% si pronunciava in termini favorevoli su Hitler e sul nazismo. Recenti sondaggi indicano che circa il 6% dei giovani italiani esprimono intenzioni di voto a favore dei nuovi movimenti neofascisti come CasaPound (4,7%) e Forza nuova (1%). L’area di consenso della destra estrema risulta però più larga, soprattutto per il successo che riscontrano certe idee e parole d’ordine che denunciano l’immigrazione come minaccia alla società italiana e l’esigenza di difendere i “nostri” valori tradizionali, morali e religiosi. Se si rifacesse ora un sondaggio, focalizzato sul giudizio su fascismo e nazismo, credo avremmo gli stessi risultati, già allora preoccupanti (un quarto degli intervistati esprimeva un giudizio positivo sul fascismo).
Ma risulterebbe cresciuto probabilmente di qualche punto anche il gradimento verso il Führer e il Terzo Reich. Il quadro è molto allarmante. Non solo si assiste ad un crescendo di atti di intimidazione e violenza di matrice neofascista, ma il ritorno del neofascismo sulla scena è contrassegnato da un salto di qualità inquietante: mentre negli anni dei governi di centrodestra era stato alimentato dalla riemersione di un anticomunismo vintage veicolato dalle correnti revisioniste, oggi è alimentato dalle paure e dai sentimenti di ostilità e rigetto nutriti verso gli immigrati da settori consistenti della società, impoveriti dalla crisi e sobillati dalla destra, non solo quella estrema. La mobilitazione del neofascismo, in sintonia con quanto sta avvenendo nel resto d’Europa, si tinge così di una forte connotazione razzista e xenofoba (la lotta contro la presunta «sostituzione etnica» degli italiani). E non stupisce che ciò riporti in auge anche il retaggio del nazismo, coi suoi famigerati progetti razzisti di costruire la «fortezza Europa». Siamo davanti insomma a veri e propri movimenti nazifascisti, con una preoccupante capacità di penetrazione fra i giovani.
Che fare dunque? Non basta l’azione sul piano legislativo né quella della magistratura e delle forze dell’ordine, da sollecitare certamente ad una vigilanza più attiva. La permeabilità di tanti giovani, e non solo, al richiamo delle sirene del passato è legata a un terreno favorevole costituito da una percezione sociale del fascismo, superficiale, benevola e assolutoria. Il revisionismo, dagli anni 80 in poi, ha rilanciato vecchi clichésche già abbondavano sui rotocalchi del dopoguerra che ritraevano il fascismo come una dittatura bonaria, con una dose massiccia di retorica e teatralità ma a basso tasso di violenza e repressione. Usando un metro di giudizio comodo ma fuorviante, si tende a giudicare il fascismo comparandolo al nazismo e attribuendo solo a quest’ultimo nefandezza ideologica e vocazione criminale. Anzi, non si esita spesso ad ascrivere al fascismo meriti storici come la bonifica delle paludi o l’arrivo dei treni in orario, che spiegherebbero il presunto consenso degli italiani al regime. “Bravi italiani” contro “cattivi tedeschi”. È una visione banalizzante e falsa che priva il fascismo delle caratteristiche liberticide, oppressive e criminali che storicamente ha avuto.
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