Milano: condanna per 3 agenti della Polfer

Milano, pene ridotte agli agenti della Polfer accusati di rivendere la droga sequestrata

I tre poliziotti sono stati condannati per associazione a delinquere, peculato e spaccio di stupefacenti. Facevano operazioni mirate e trattenevano hashish e cocaina da rimettere sul mercato

di SANDRO DE RICCARDIS

Sono arrivate anche in appello pesanti condanne per i tre agenti della Polfer di Lambrate, accusati di condurre blitz fuori dalle regole contro immigrati e spacciatori. Anche se con pene ridotte, i tre agenti sono stati riconosciuti colpevoli di associazione per delinquere, peculato e detenzione e spaccio di stupefacenti. Nel processo in abbreviato, l’ispettore capo Clodomiro Poletti è stato condannato a otto anni e sei mesi (12 anni e otto mesi in primo grado), l’agente Ezio Orsini a sette anni e due mesi (invece di 11 anni e cinque mesi), l’agente Gianluca D’Acunto a cinque anni (sei anni e sei mesi in primo grado), assolto da due capi d’accusa per non aver commesso il fatto.

L’inchiesta del pm Paolo Filippini, nata dalle denunce del legale di alcuni immigrati, l’avvocato Debora Piazza, aveva ricostruito diversi episodi illeciti dei tre agenti, accusati anche di aver trattenuto illecitamente oltre 144 chili di hashish, “custoditi all’interno del locale posto nell’interscambio ferroviario di via Otto Cima, a Milano, di cui avevano l’esclusiva disponibilità”. Droga che secondo le accuse era destinata “alla cessione a terzi”. Ai poliziotti viene contestato, a vario titolo, anche di aver portato via altri stupefacenti per decine di chilogrammi, fra cui cocaina, tutti rubati durante i blitz. Si sarebbero appropriati anche di pistole, auto, denaro e gioielli. Agli atti anche le denunce di due stranieri che sarebbero stati trattenuti per ore in celle di sicurezza, senza alcuna verbalizzazione.

“Lavoriamo tranquilli”. “Io MI fido di te, tu ti fidi di me… lavoriamo tranquilli… tu ti fai i bei soldi, io mi faccio i bei soldi… tu mi puoi fottere un chilo… due chili ed è finito tutto “. Così parlava l’ispettore capo Clodomiro Poletti, uno dei tre agenti della Polfer di Lambrate condannati, intercettato con il marocchino Mohamed Ghamouj. Lui e altri informatori davano le dritte ai poliziotti su spacciatori e depositi di droga. Poi Poletti, l’assistente Ezio Orsini e l’agente scelto Gianluca D’Acunto prendevano droga e denaro ai pusher, ma solo in minima parte verbalizzavano i sequestri. Dosi, panetti, contanti, televisori e gioielli finivano nelle case dei poliziotti o al deposito di via Otto Cima, e la droga tornava in circolo, in premio agli informatori per nuove dritte.

La squadretta. A Lambrate, erano per tutti ‘la squadretta’. Ne parla in Procura, un assistente capo per 15 anni in servizio alla Polfer. “In più occasioni abbiamo coadiuvato quella che noi definivamo la “squadretta” composta da Poletti, D’Acunto, Orsini.. “. Viene sentito sull’arresto di un marocchino fermato, perquisito per strada e portato in caserma anche se nella sua auto non c’era droga. “Era prassi che una volta che i fermati erano presso il comando, la ‘squadretta’ continuava l’attività autonomamente facendo perquisizioni domiciliari. In quel contesto non fu fatta alcuna perquisizione all’auto e posso escludere che sia stato rinvenuto dello stupefacente”. Viene sentito anche un altro agente. “Non era emerso alcun elemento di reato, non era stata rinvenuta alcuna sostanza”. In più, “le perquisizioni vennero fatte senza la presenza degli indagati, rimasti in ufficio”. Su questo intervento anche un superiore ha da ridire con Poletti. “Hai fatto un arresto che non mi piace”, dice. “Abbiamo trovato la maniera di fermarli, risultano pregiudicati” si giustifica Poletti. “Nel mattinale telematico non metto niente… Io arresto… come si faceva dieci anni fa… va bene?”. “Va bene”, risponde il dirigente. “In caso è colpa mia, ho fatto la cazzata io…>.

Il fondo cassa. “Compa’ – esulta Poletti – c’abbiamo un fondo cassa che manco la Mobile ce l’ha eh? Sto pensando di migliorare”. “Ottomila” quantifica Orsini. Ad alimentare la cassa, è il denaro rubato agli spacciatori. Dopo una perquisizione a Corsico, Poletti, Orsini e D’Acunto discutono su come premiare l’informatore. “Quanti gliene lascia a lui? – chiede Orsini – Quattro, mezzo, uno e mezzo è meglio, non possiamo fare neanche tanti”. “Non gli lascio niente” dice Poletti. “Di soldi proprio pochi, li lasciamo al fondo cassa”. I soldi della ‘squadretta’ vengono spesi per gps e telefonini da usare nei pedinamenti. “Mi diedero il passaporto di un’extracomunitaria – mette a verbale un esercente – non mi sono posto il problema di come lo avessero, e feci l’attivazione delle sim”. La ‘squadretta’ usa però la cassa anche per le cene. “550 euro, circa 90 euro a testa” dice uno a proposito del conto. “Che te ne fotte – dice Poletti – c’è il fondo cassa, che te ne fotte!”.

Il 30 per cento agli informatori. Davanti al pm, Poletti spiega il suo modus operandi con gli informatori. “Gli ho detto: “Dammi qualche informazione e io ti passerò in caso di arresto il 30 per cento del ricavato”. Per difendersi sostiene che “questa è la percentuale che tutte le squadre operative danno ai loro informatori”. Orsini, invece, dopo essere risultato positivo al test sugli stupefacenti, sospeso dal servizio, cerca di spiegare la presenza dei 144 chili di hashish nel deposito Polfer. Erano di un marocchino, è la sua difesa. “Siccome mi cedeva la cocaina, venne a chiedermi questo posto, io feci delle chiavi e gliele consegnai”. La cocaina, “qualche volta, l’ho chiesta a lui, e lui si è approfittato di me per ‘sta cosa”.

fonte: la Repubblica

http://milano.repubblica.it/cronaca/2015/05/27/news/polfer-115422860/