Milano, 20 settembre: difendiamo la legge 194

SOLIDARIETA’ A STEFANIA FAVOINO
sotto processo per aver difeso la legge 194!
FUORI GLI OBIETTORI DAGLI OSPEDALI E NO ALLE INGERENZE DEI CLERICOPAPISTI!
Il 20 settembre alle ore 14:00
si terrà un nuova udienza del processo presso il Tribunale di Milano e contemporaneamente sarà organizzato un
presidio dei solidali.
Il 4 maggio 2013 si svolgeva davanti alla clinica Mangiagalli di Milano una “veglia di preghiera” organizzata da bigotti integralisti contro la quale si sono schierate donne organizzate in un presidio alternativo, per rivendicare e difendere la legalità dell’aborto, per un accesso all’interruzione volontaria della gravidanza, che sia indipendente anche da giudizi “morali” e da tentativi di colpevolizzare la libera scelta di una donna sul suo corpo. In questa occasione Stefania, nel tentativo di rimuovere cartelli che insultavano la libera scelta delle donne e contro la legge 194 affissi all’ingresso dell’ospedale, veniva aggredita con pugno al volto da un esponente dei comitati antiabortisti. A quel fatto sono seguite due denunce: quella di Stefania (per aggressione) e quella del suo aggressore (per diffamazione), nonché l’apertura delle indagini.
Non lasciamo sola Stefania! Gli ospedali e le strutture sanitarie sono infestate da ipocriti “medici obiettori”, che di fatto impediscono il diritto all’aborto e sono piene di demenziali “gruppi di preghiera”, di pressione e di coercizione che ne fanno terreno di prevaricazione e umiliazione delle donne, nonché sempre più terreno per la propaganda medioevale dei gruppi oltranzisti cattolici e fascisti come Forza Nuova. Il processo a Stefania è il processo a tutte le donne che osano ribellarsi al sistema patriarcale e oppressivo (in cui vale di più il concetto astratto della “vita” rispetto alle condizioni materiali e concrete di chi vive), a una società in cui morire sul posto di lavoro, morire di parto, morire di stenti e povertà è considerato “normale”, o “una tragica fatalità” e invece l’eutanasia è considerata un tabù e l’aborto un crimine, a una società in cui “le donne sono l’angelo del focolare”, ma vengono usualmente trattate come (e in certi casi peggio) delle bestie da soma, o da riproduzione. Il grado di civiltà di una società si misura anche dalla condizione sociale delle donne. Per questo lanciamo la campagna per sostenere tutte quelle donne i cui diritti vengono negati ogni giorno: il diritto ad una maternità consapevole e sicura, a una sanità pubblica e gratuita, a un lavoro utile, dignitoso ed equamente remunerato, ad avere accesso a strutture come i centri antiviolenza. Sostenere questa campagna significa mobilitarsi per contrastare nei mille ambiti in cui è radicata l’ingerenza e l’oscurantismo del Vaticano, per promuovere il protagonismo delle donne che non delegano più, ma iniziano ad applicare direttamente e da subito le parti progressiste della Costituzione.
Aderisci e diffondi questo appello, sostieni con una sottoscrizione economica: CCB intestato a Gemmi Renzo – IBAN: IT79 M030 6909 5511 0000 0003 018 (specificando come causale: solidarietà a Stefania)
Partito dei Comitati d’Appoggio alla Resistenza per il Comunismo (CARC)
Federazione Lombardia – Piemonte – tel: 328.2046158
Di seguito comunicato Comunicato post-udienza del 29 maggio del processo a Stefania.
Il 29 maggio si è tenuta la prima udienza (quella del 10 aprile era stata rinviata a causa di uno sciopero degli avvocati) del processo a Stefania, picchiata da un antiabortista il 4 maggio 2013 mentre contestava con altre compagne e compagni la presenza dei comitati contro la 194 davanti l’ospedale Mangiagalli di Milano. Durante la giornata abbiamo fatto un presidio di solidali fuori dal Tribunale, lanciato slogan in sostegno a Stefania e a tutte quelle compagne e compagni, attiviste e attivisti, lavoratori e lavoratrici, studenti che per difendere i loro diritti, per applicare la Costituzione sono oggetto di attenzioni, sanzioni e denunce da parte degli apparati repressivi. Abbiamo raccolto le firme all’appello in solidarietà a Stefania e una delegazione di solidali ha presenziato in aula in suo sostegno. Il giudice, Raffaella Paola Aquilina Bulgarelli,ha accettato la costituzione di parte civile presentata dall’avvocato di Stefania per il danno subito a seguito dell’aggressione, ha rifiutato tre su sette dei testimoni presentati da Cristinelli Vittorio in quanto “avrebbero riportato tutti la stessa testimonianza” e ha ascoltato i testimoni della DIGOS,Fagiani Simone e Ragione Luigi,che erano presenti il giorno del presidio e che ovviamente non hanno visto nulla dell’aggressione dell’antiabortista a Stefania. A seguito delle deposizioni dei testimoni, il VPO (il sostituto del PM) Dr. Polerà ha chiesto un nuovo capo d’imputazione per la compagna,art. 660 e 81CP (Stefania arrecava “molestia e disturbo” contro Cristinelli e la sua cricca di ORA et LABORA), visto che “il reato di ingiuria è stato derubricato”, quindi di fatto non sussiste. Insomma, una mossa per “fargliela pagare”. Il giudice si è affrettata a fissare già la prossima udienza, alla faccia dei tempi lenti con cui normalmente procedono. Come per i NO TAV, anche in questo caso i giudici dimostrano molta solerzia!
Il giudice Bulgarelli, accettando il capo di imputazione, getta sulla sentenza l’ombra, il sospetto, che “sia già scritta”. Infatti  accettare il nuovo capo di imputazione legittima i gruppi fascisti – oltranzisti a manifestare opinioni che sono crimini contro i diritti delle donne e contro le donne, che violano la Costituzione. Inoltre la manovra ha un valore persecutorio: a fonte dell’inconsistenza del vecchio capo di accusa, il nuovo è una punizione a Stefania per essersi ribellata. Se la nuova imputazione serve a scrivere la sentenza prima della celebrazione del processo, a maggior ragione è necessario mostrare chiaramente e praticamente che alla legalità delle istituzioni che proteggono i fascisti, gli oscurantisti, i maschilisti si può contrapporre la solidarietà di chi riconosce legittimo ribellarsi, organizzarsi e lottare.
Come per i NO TAV, i compagni e le compagne di ZAM, le operaie dell’Electrolux di Solaro e della FCA di Pomigliano, i NO MUOS, gli operai della Marcegaglia, oggi chi applica la Costituzione, chi si mobilita per difendere i diritti e le conquiste delle masse popolari strappate con decenni di lotte e sacrifici, viene discriminato, represso, denunciato e beffato. Dimostrazione che la Costituzione, come la legge 194, non trovano applicabilità se non spinti da una mobilitazione delle masse popolari (come alcune delle battaglie legali vinte dai NO TAV o da Mimmo Mignano della FCA).
Il processo contro Stefania è il processo a quelle donne che non abbassano la testa e lottano per i loro diritti, sanciti dalla Costituzione e conquistati con la vittoria sul nazifascismo, praticati grazie alle conquiste ottenute con le lotte dei decenni passati; il processo a Stefania è un colpo di mano che si unisce ai reiterati attacchi ai diritti e alle conquiste e ai tentativi di mandare definitivamente al macero i principi e i valori della Costituzione antifascista.
Il processo contro Stefania è un processo che travalica il singolo caso, la contingenza, e in quell’aula di Tribunale, a Milano, non ci deve stare lei, seduta al banco degli imputati, ma la classe dominante di questo paese che alimenta, consente, promuove l’oppressione di genere e la violenza contro le donne.
Rispondiamo ai tentativi di condannare chi applica la Costituzione dal basso con una mobilitazione che è un atto d’accusa a chi processa Stefaniaper questo è importante essere presenti fuori e dentro l’aula del tribunale è importante e dare un segnale forte a chi tenta di legittimare i promotori delle prove di fascismo e di questa crociata contro i diritti delle donne.
La condanna del violento antiabortista, Cristinelli, significa una netta e ferma condanna a tutte le violenze sulle donne, significa condannare ogni tentativo di ripristinare l’oscurantismo clericale dove le donne morivano di aborto clandestino; la condanna di Cristinelli significa contrastare la barbarie e la violenza dove in nome delle religioni si uccide e tortura.
Riconoscere la legittimità della lotta di Stefania significa riconoscere lo stato di diritto sopra l’oscurantismo e la barbarie; significa riconoscere alle donne il diritto e DOVERE di lottare alzare la testa con ogni mezzo e forma davanti a ogni abuso e sopruso. Riconoscere la legittimità della lotta di Stefania significa schierarsi dalla parte delle donne, dei loro diritti, del rispetto e tutela dei loro diritti.