Migranti: sommersi e abbandonati

Strage in mare

La strage del canale di Sicilia. Su 20 mila persone giunte in Italia, il 10% sono morte. Il procuratore Salvi «Triton crea problemi anche sul piano delle indagini»

foto dal sito de Il Manifesto: Il corpo di un bambino recuperato dopo il naufragio a Rodi Ieri 150 naufraghi al largo di Rodi. Dopo l’ecatombe di sabato notte al largo delle coste libiche l’Unhcr conta 1.650 vittime in mare dall’inizio dell’anno. Ma neppure la tragica contabilità di una guerra silenziosa che uccide bambini, donne e uomini spinge i governi europei a mobilitarsi per il salvataggio. Politici e autorità scelgono l’inutile raddoppio dell’operazione Triton – © Lapresse/Reuters/Argiris Mantikos/Eurokinissi

Quel bar­cone era un sepol­cro per vivi, con i due livelli infe­riori adi­biti alla «terza classe» dei migranti, quella riser­vata a chi ha i soldi per imbar­carsi ma non per garan­tirsi l’aria da respi­rare e l’acqua, pri­vi­le­gio degli occu­panti dell’unico piano alto.

Giù, negli inferi, la poca acqua for­nita agli asse­tati veniva misce­lata con un po’ di gaso­lio, in modo da farsi pas­sare la voglia di bere. Giù, dice il pro­cu­ra­tore di Cata­nia Gio­vanni Salvi, prima della par­tenza le porte sono state spran­gate, per­ché nes­suno doveva uscire, per­ché ogni movi­mento può met­tere a rischio l’equilibrio dell’imbarcazione, che infatti è colata a picco all’alba di sabato scorso, quando i migranti in coperta si sono spo­stati tutti su una fian­cata alla vista del con­tai­ner por­to­ghese «King Jacob» giunto in loro soc­corso dopo un sos lan­ciato con un tele­fono satellitare.

L’invito a man­te­nere la cau­tela sul numero dei morti, fatto ieri dal pro­cu­ra­tore Salvi, non cam­bia le dimen­sioni della tra­ge­dia: 700 — come detto nell’immediatezza dei fatti — o 900 come ha rife­rito un super­stite dome­nica sera, si tratta comun­que di un’ecatombe.

Se quest’anno su 20 mila per­sone giunte in Ita­lia, quasi 2mila (il 10%) sono morte, ven­gono i bri­vidi a pen­sare cosa ancora potrà acca­dere. Lo scorso anno ne sono arri­vate 170 mila in 12 mesi; nel 2015 le pre­vi­sioni più otti­mi­sti­che ne sti­mano 250 mila.

Sta­volta lo «spread» tra i vivi e i morti è impres­sio­nante: sol­tanto 28 soprav­vis­suti e tra loro anche due migranti che hanno rac­con­tato di essersi «aggrap­pati ai morti per non finire in fondo»; men­tre gri­da­vano, aggiun­gono i soc­cor­ri­tori, «per atti­rare la nostra atten­zione». I 28 super­stiti sono arri­vati a Cata­nia nella tarda serata di ieri sulla nave Gre­go­retti della Guar­dia costiera, che in mat­ti­nata aveva fatto tappa a Malta per lasciare i 24 cada­veri che tro­ve­ranno sepol­tura a La Valletta.

Da noi non c’è più nean­che posto per i morti, e men­tre sono tante le parole in libertà, scar­sis­sima è la libertà di parola, quella che dovrebbe inchio­dare alle pro­prie respon­sa­bi­lità la ricca Europa, che facendo i conti della serva ha fatto in modo che la «costosa» e ben più effi­cace ope­ra­zione Mare Nostrum (9 milioni al mese) fosse sosti­tuita dalla più eco­no­mica Tri­ton (3 milioni al mese). È ancora il pro­cu­ra­tore Salvi a parlare:

«Tri­ton — spiega — crea pro­blemi anche sul piano delle inda­gini, rispetto alla pre­ce­dente ope­ra­zione, e si basa fon­da­men­tal­mente sulle navi mer­can­tili», cioè sui natanti in navi­ga­zione nel Medi­ter­ra­neo, pre­cet­tati e dirot­tati sui «tar­get» man mano indi­vi­duati nelle varie aree. Non solo mer­can­tili, ma anche pesche­recci, come è acca­duto alle cin­que moto­navi di Mazara del Vallo — mari­ne­ria allo stremo per i seque­stri e per la crisi che ha cor­roso l’economia locale — inviati sul luogo del naufragio.

Vin­cenzo Bonanno, coman­dante dell’«Antonino Sir­rato», ha pro­vato una grande delu­sione quando è giunto sul posto, alle quat­tro del mat­tino di sabato scorso, e ha tro­vato «solo giub­botti di sal­va­tag­gio, vestiti, detriti d’ogni genere, una grande chiazza di gaso­lio e… morti. Nes­suno da sal­vare, il mare ha inghiot­tito in fretta 900 per­sone, la popo­la­zione di un paese». A que­sta gente, pronta a sacri­fi­care il pro­prio pane e la pro­pria vita per sal­vare i nau­fra­ghi, lo Stato non ha mai detto gra­zie: «Se salvi qual­che migrante, dopo un paio d’anni qual­cuno orga­nizza una ceri­mo­nia e ti appun­tano una meda­glia sul petto. Mai un rim­borso», dice l’armatore del «Sir­rato» Piero Asaro.

Si fa eco­no­mia e si fanno grandi pro­clami: «Arre­stare gli sca­fi­sti è una prio­rità», dice ancora Renzi, dopo che all’alba di ieri la Dda di Palermo aveva fer­mato un gruppo di eri­trei, etiopi, ivo­riani e Ghanesi.

E in Cala­bria è finito in manette uno sca­fi­sta — rico­no­sciuto per­ché privo di una gamba — che lo scorso 12 aprile, per una mano­vra sba­gliata, aveva pro­vo­cato davanti alle coste libi­che un nau­fra­gio costato la vita a 350 per­sone (150 i soprav­vis­suti). La noti­zia dei 350 morti era stata data dai media senza troppa enfasi, a sot­to­li­neare che anche l’informazione sta facendo il callo ai morti e rive­dendo i pro­pri parametri.

A Palermo la Dda ritiene di aver fatto un colpo grosso. Tra le 24 per­sone coin­volte nell’indagine (10 sfug­giti alla cat­tura) ci sono anche l’etiope Ermias Gher­may (lati­tante dal luglio scorso) e l’eritreo Med­hane Yeh­dego Redae, rite­nuti tra i più impor­tanti traf­fi­canti di migranti che ope­rano su quella che viene chia­mata la «rotta libica». L’organizzazione, con un cospi­cuo sup­ple­mento in denaro, gesti­sce le fughe dei migranti dai cen­tri di acco­glienza ita­liani verso altri paesi Ue, soprat­tutto Nor­ve­gia, Ger­ma­nia e Sve­zia. Si stima che 5mila per­sone si sono rivolte nel solo 2014 al gruppo cri­mi­nale e alcuni hanno pagato con un metodo fidu­cia­rio usato nel mondo arabo, che si chiama «Hawala» e che non lascia tracce, messo a punto parec­chi secoli fa per rag­gi­rare il diritto romano.

Gher­may è accu­sato del nau­fra­gio avve­nuto il 3 otto­bre 2013 davanti a Lam­pe­dusa, in cui per­sero la vita 366 migranti e per il quale è stato con­dan­nato a 20 anni uno sca­fi­sta. Quella strage di un anno e mezzo fa impres­sionò il mondo intero, tanto che la data del 3 otto­bre è stata scelta come Gior­nata per com­me­mo­rare i migranti vit­time di nau­fragi. 366 era una sorta di Linea Magi­not, una cifra non supe­ra­bile per la deva­stante dimen­sione della tra­ge­dia. Oggi i morti sono quasi il tri­plo e le parole di chi ha il com­pito di deci­dere le misure per arre­stare que­sto geno­ci­dio restano le stesse e suo­nano sem­pre più bef­farde: mai più.

fonte: il Manifesto

http://ilmanifesto.info/migranti-sommersi-e-abbandonati/