Nell’Italia che che sta entrando nel 2015 esistono, grosso modo, tre “blocchi sociali”, per usare un’espressione imprecisa ma di immediata comprensione.
Il primo, il più fortunato, è quello di chi per bravura personale o ricchezza familiare sta bene, quindi ha in uggia il vecchio stato sociale, visto come ostacolo al proprio cammino e al proprio benessere; il secondo, storicamente numeroso ma ogni giorno più sottile, è quello dei garantiti, dei lavoratori con il posto fisso e la tredicesima, che invece difende i propri residui diritti; il terzo, che invece è sempre più ampio, è l’aggregato enorme e confuso dei “perdenti”: i precari, i disoccupati i “neet”, i pensionati sotto i mille euro, i migranti etc.
I primi due blocchi hanno varie forme di rappresentanza politica o sindacale, sicché ancora votano o fanno cortei; il terzo – che non è un blocco ma una galassia disordinata e priva di coscienza di sé – invece no, pur trattandosi ormai della maggioranza: circa 25 milioni, su 47 milioni di aventi di diritto al voto.
È questa – molto ridotta a all’osso – la tesi di fondo del saggio di Emanuele Ferragina che si intitola appunto “La maggioranza invisibile” (Bur, 284 pagine, 14 euro). Emanuele Ferragina è un giovane sociologo italiano che insegna a Oxford.
Nel 2013, scrive Ferragina, questa “maggioranza invisibile”, in verità, aveva dato un segnale della propria esistenza anche alle urne, ma le premesse con cui il M5S ne aveva conquistato il voto in quanto forza antisistema non sono state poi mantenute nel passaggio successivo, cioè nella trasformazione della protesta in un progetto politico articolato che consentisse a questo «gruppo sociale in potenza» di assumere appunto coscienza di sé e soprattutto dei cambiamenti concreti che sarebbero stati nei suoi interessi. Sicché oggi siamo daccapo, cioè in una situazione in cui gran parte di questi 25 milioni è lontana dall’avvertirsi come corpo coeso, come soggetto sociale, come proposta politica: ed è piuttosto immenso pulviscolo disperato senza rappresentanza.
E prego gli amici simpatizzanti del M5S di non saltar subito sulle sedie arrabbiati: quella di Ferragina non è esultanza, in proposito. Peraltro molto più dure sono le sue critiche nei confronti della sedicente sinistra italiana nel sesto capitolo del libro, quello in cui ne recita il «requiem» (testuale) per l’accettazione non passiva ma proprio attiva del pensiero e delle politiche che hanno creato l’immensa massa dei “fuori gioco”, con la perdita della stessa ragione sociale della sinistra, cioè la difesa dei deboli.
In ogni caso, il saggio di Ferragina è molto più economico-sociale che politico in senso stretto: vi si spiega ad esempio, dati alla mano, come si è creata questa galassia di senza voce, attraverso quali processi e quali leggi dello Stato che li hanno assecondati; fino a ipotizzare, per contro, quali sarebbero le decisioni concrete che costituirebbero interesse comune della maggioranza invisibile, quindi che potrebbero riunire queste categorie di sconfitti vuoi «in un progetto politico» vuoi in un gruppo di pressione «abbastanza forte da ottenere concessioni considerevoli da parte dell’élite dominante».
Perché «la maggioranza invisibile è un gigante bambino che deve ancora prendere coscienza della sua forza: chi riuscirà a svegliarlo e a renderlo attivo farà la storia questo Paese».
Di tutto questo si parlerà mercoledì 10 dicembre, alla libreria Fandango di Roma, dalle 18,30, con l’autore e le altre persone che vedete nella locandina qui sotto; l’incontro è organizzato da Tilt. Se siete a Roma e volete fare un salto, ci si vede li.
fonte: l’Espresso – La Repubblica
http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/12/07/se-si-sveglia-la-maggioranza-invisibile/