Parla Federica Angeli, giornalista di “Repubblica”, residente a Ostia, sotto scorta dal luglio 2013, i figli più volte minacciati: “Il clima che si respira è quello di Corleone e Scampia”
Lido di Ostia, una sorta di paesone – ma è Comune di Roma – più o meno dominato, dicono, da famiglie di storia mafiosa e criminale. Il Municipio è commissariato da tempo. C’è il lungomare, preda della speculazione, ribattezzato per la circostanza il lungomuro. I tentacoli criminali da tempo hanno afferrato anche la spiaggia, “beach”, appunto, rifugio dei romani (e non solo) accaldati dalla canicola della Capitale. Quest’estate le squadracce di CasaPound, per la circostanza denominate ronde, hanno provveduto a cacciare i venditori ambulanti. Poi la campagna elettorale, il sostegno di Roberto Spada ai neofascisti, il voto. Nei giorni scorsi l’aggressione alla troupe di “Nemo”. A seguito, sabato 11 novembre, la manifestazione contro la violenza e le mafie promossa dalle associazioni civiche del borgo romano, con l’adesione del Comune di Roma e dell’Anpi. All’iniziativa ha partecipato la sindaca di Roma Virginia Raggi, Emilio Ricci a nome dell’Anpi nazionale e Fabrizio De Sanctis a nome dell’Anpi provinciale di Roma, di cui è presidente. Giovedì 16 novembre, sempre ad Ostia, in piazza Anco Marzio, nuova iniziativa, questa volta promossa dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana e da Libera. Aderisce ancora l’Anpi che partecipa con Carla Nespolo, presidente nazionale, Andrea Liparoto, responsabile della comunicazione Anpi, Gianfranco Pagliarulo, direttore di Patria Indipendente.
Intanto c’è chi ad Ostia vive e da tempo combatte, con le armi dell’informazione, criminalità, mafia e violenza, pagandone il prezzo. È una giornalista, si chiama Federica Angeli.
Non le chiedete se c’è la mafia a Ostia. Perché con la soffocante presenza della mafia sul litorale romano Federica Angeli, giornalista di Repubblica, ci fa i conti da anni. Vive sotto scorta dal luglio del 2013, in seguito alle minacce ricevute per aver testimoniato su uno scontro a fuoco sotto le finestre di casa sua che vedeva coinvolti personaggi di spicco della criminalità locale. È andata dai carabinieri e ha raccontato quello che aveva visto. Qui, in questa striscia di Roma adagiata sul mare, denunciare e testimoniare è atto di straordinario coraggio. E altamente pericoloso. Sufficiente per finire nel mirino dell’antistato. Ancora prima le inchieste della cronista sul racket degli stabilimenti balneari le erano costate pesanti intimidazioni. A lei e alla sua famiglia.
Non chiedetele se c’è la mafia ad Ostia, perché Federica Angeli vi risponderà che c’è, eccome. E pure se non parla siciliano, non usa lupare o coppole, questa mafia autoctona permea di sé il territorio e inquina le istituzioni. Il 5 novembre nel X Municipio capitolino – sciolto due anni fa per infiltrazioni mafiose – CasaPound ha superato il 9 per cento: il 19 novembre ci sarà il ballottaggio tra la candidata grillina e quella del centrodestra e quei voti fanno gola. Anche se nessuno a parole li vuole. Tanto più ora, dopo l’arresto di Roberto Spada, fratello del capoclan Carmine, che ha mollato una testata al giornalista Rai, Daniele Piervincenzi, colpevole di essersi presentato davanti alla palestra di Spada a Nuova Ostia per chiedergli dei suoi legami con i cosiddetti fascisti del terzo millennio. Il gip che ha convalidato l’arresto nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa ha riconosciuto l’aggravante del metodo mafioso.
«Ostia è diventata come Corleone e Scampia, territorio dei clan», dice Saviano. È così davvero?
Il clima e l’aria che si respira è esattamente quello. Su Facebook, dopo la mia denuncia, ho ricevuto insulti e minacce di ogni tipo. In un commento c’era scritto: “Hai voluto la notorietà, ma la notorietà ha un prezzo. Che lo spettacolo abbia inizio”, ed erano citati i nomi dei miei figli. E non era la prima volta che se la prendevano con loro. Un giorno Carmine Spada si è presentato sotto casa mia e ha fatto il segno della croce ai miei bambini. Qui la gente ha paura. Danno fuoco ai negozi, se non ti pieghi al loro volere te la fanno pagare. Non c’è nulla di diverso da Scampia, solo parlano romano. Per la magistratura giudicante di Roma il 416 bis – come ci racconta la sentenza di primo grado su Mafia capitale (ma ancora prima era accaduto con la Banda della Magliana, ndr) – viene riconosciuto solo se si parla un accento del sud. Ma non c’è bisogno di sentenze passate in giudicato per vedere il racket, l’usura, gli affari sporchi.
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Fonte: Patria Indipendente