“Quando l’ho visto m’è preso un colpo!”. Marco Baldassarre, aretino d’adozione, 16mila euro sul suo conto corrente non li aveva mai visti in vita sua. Ha 29 anni, di professione fa l’operaio in una ditta che si occupa di informatica e adesso, ligio all’impegno preso prima delle elezioni, dovrà prendere mezzo malloppo e restituirlo allo Stato. Facile a promettere, più complicato quando i soldi sono diventati tuoi. Così, nello staff del Movimento comincia a serpeggiare il terrore: e se questi si tengono tutto? Il primo onorevole stipendio, a Baldassarre e agli altri 163, è arrivato ieri mattina. Telefonate che si rincorrono, battute su chi è già scappato all’estero, shopping per chi si può finalmente permettere di comprare vestiti adatti al Parlamento.
Ma qui c’è poco da ridere. Se non la gestiscono bene, questa storia dei soldi, rischia di far scoppiare un discreto casino. Il punto non è l’indennità, lì il codice di comportamento parla chiaro: gli eletti terranno 5mila euro lordi. Si era parlato di 2500 netti, in realtà la cifra varia in base all’Irpef regionale, al reddito precedente, alle detrazioni familiari. Alessandro Di Battista, per esempio, ha già calcolato che a lui rimarranno in tasca 2990 euro al mese. Ma il problema è la diaria da 3500 euro. Beppe Grillo ha chiesto che venga rendicontata voce per voce. Ma che l’avanzo vada restituito, non è scritto da nessuna parte: “I parlamentari avranno diritto – si legge nel Codice – ad ogni altra voce di rimborso tra cui diaria a titolo di rimborso delle spese a Roma, rimborso delle spese per l’esercizio del mandato, benefit per le spese di trasporto e di viaggio, somma forfettaria annua per spese telefoniche e trattamento pensionistico con sistema di calcolo contributivo”. Restituire? “Dipende dalla coscienza di ognuno…”, ammettono i parlamentari. E così, la guerra è cominciata.
C’era chi suggeriva l’idea di un forfait con cui pagare vitto e alloggio ed evitarsi la seccatura di conservare ogni scontrino. Senatori e deputati ne discuteranno lunedì, in un’assemblea che si preannuncia infuocata. L’idea del forfait non piace a Grillo e Casaleggio. Il capogruppo al Senato Vito Crimi sta elaborando un fac simile, una sorta di file Excel, su cui gli eletti dovranno segnare ogni uscita. Gli scontrini non dovrebbero essere pubblici: si vuole evitare, spiegano, che si sappia quali posti frequentano i grillini a Roma. Ma dovranno comunque essere conservati per qualsiasi controllo: “Ne ho due buste piene – spiega il senatore Alberto Airola – anche se per la verità in questo primo mese e mezzo ho speso pochissimo, perché ho avuto persone che mi hanno ospitato a casa”. Laura Castelli, invece, tra affitto e stipendio del collaboratore ad aprile ha speso otto mila euro. Gli altri stanno ancora facendo i conti.
I più agguerriti sono quelli che hanno figli e famiglia. Gli asili nido da pagare, il mutuo nella città di origine. Come si fa a pagare tutto? C’è anche chi ha lasciato lavori ben retribuiti e rischia di rimetterci, considerando che ognuno pagherà le tasse come se avesse guadagnato anche i soldi poi restituiti. Su dove finiranno, è ancora in forse: ieri, i Cinque Stelle, hanno chiesto ai presidenti di Camera e Senato di aprire “un nuovo capitolo di entrata” nei bilanci dei due rami del Parlamento. Se vorranno anche gli eletti degli altri gruppi potranno partecipare. Dai grillini dovrebbero arrivare 400 mila euro al mese. Sul resto, i conti sono ancora da regolare.
Paola Zanca -ilfattoquotidiano.it 28 apr 2013