Lucano, sindaco di Riace, arrestato per colpire un modello d’integrazione

Arresti domiciliari per il sindaco di Riace, Mimmo Lucano,  accusato di favorire l’immigrazione clandestina.  Parliamo di un rappresentante dei cittadini simbolo indiscusso della lotta contro il razzismo e  a favore dell’integrazione etnica. Sono state numerose, oggi, le critiche a questo provvedimento che forse non arriva a caso in questo delicatissimo momento storico per la nostra nazione. Lo scorso anno Lucano è stato infatti insignito dalla rivista Fortune fra le 50 personalità più influenti al mondo. Il paragone sorge spontaneo: “Se diventi  paladino di cause umanitarie vieni colpito al cuore e meriti la punizione più dura, l’arresto, mentre se rubi 49 milioni di euro, puoi tranquillamente restituirli a rate, come un normale debito, senza conseguenze penali”. Un Italia ironicamente sempre più civile.

Fonte:https://left.it/2018/10/02/con-il-modello-riace-nel-mirino/ di Checchino Antonini


Forse si può discutere il fiuto per i delinquenti ma non certo l’ironia da vendere di chi ha imbastito, chiamandola Xenia, l’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari Mimmo Lucano, sindaco di Riace, con la surreale accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina: avrebbe organizzato un “matrimonio di comodo” tra una migrante e un calabrese per consentire alla donna di restare in Italia. L’assaggio di intercettazioni regalato dalla procura di Locri ai giornali non sembra schiacciare Lucano e, a meno che non ci sia una regìa a centellinare nuove rivelazioni, l’impresa ha tutta l’aria di un processo politico a un modello virtuoso di accoglienza e integrazione. Così l’hanno chiamata operazione Xenia come il concetto dell’ospitalità nel mondo greco antico. Era un dovere a quel tempo accogliere coloro che chiedevano ospitalità. L’Italia di Minniti, prima, e di Salvini, poi, sequestra le navi alle Ong, sgombera con violenza la povera gente dagli alloggi di fortuna e da stabili occupati, perseguita chi sperimenta accoglienza con un modello che viene studiato in mezzo mondo.
Succede nella Locride, terra di ‘ndrangheta, traffici d’armi, droga, rifiuti, rapimenti ed estorsioni, che alle ultime elezioni ha incoronato Salvini. Nessuno come i giudici pare sensibile allo Zeitgeist, allo spirito del tempo, all’aria che tira. Così spiega un penalista, Francesco Romeo, in un articolo che uscirà venerdì prossimo sul nostro settimanale a proposito dei bersagli del dl sicurezza. E l’indipendenza della magistratura rischia di essere una chimera in un paese in cui si moltiplicano impunite le aggressioni razziste, le spedizioni squadristiche e un decreto sicurezza punta a mettere fuorilegge le pratiche sindacali e dei movimenti sociali che si battono per il diritto all’abitare, per la riappropriazione dei territori contro grandi opere inutili e dannose e per condizioni di vita dignitose.
L’arresto stamattina presto, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Locri su richiesta della Procura della Repubblica.
Dichiarazioni choc quelle di Carlo Sibilla, sottosegretario agli Interni per conto di M5S: «È finita l’era del business dell’immigrazione. Nessuno vuole scappare da un Paese in cui si trova bene. Bisogna fare di tutto per stringere accordi con i paesi di provenienza dei migranti e rendere le vite delle persone più sicure e degne di essere vissute». «Accidenti, chissà cosa diranno Saviano e tutti i buonisti che vorrebbero riempire l’Italia di immigrati! #Riace», twitta il ministro dell’Interno Matteo Salvini: già piovono comunicati di solidarietà da tutto l’arcipelago delle sinistre, dell’associazionismo, della società civile allergica al razzismo. «Riace era disabitata, oggi vive in un incontro di culture e persone di diversa provenienza. Riace ha dato uno schiaffo a chi ha dipinto il fenomeno migratorio come un problema, come una paura. Riace, nel suo piccolo borgo, ha dimostrato a tutti che la realtà è in mano nostra e che non c’è nulla di già scritto. L’accusa avanzata contro il sindaco è quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un reato legato alla condizione di esseri umani dichiarati fuori legge solo per la mancanza di un foglio, di un timbro. Lo stato, oggi, fa la guerra al sindaco di un piccolo paese calabro perché ha cercato di aiutare degli esseri umani, perché ha deciso di rimboccarsi le maniche e lavorare davvero per costruire un mondo diverso», scrive una rete di associazioni che dà appuntamento per il 2 ottobre alle 17.30 in piazza dell’Esquilino di Roma, e sabato Riace verrà pacificamente invasa per una prima manifestazione di solidarietà col sindaco.
Con l’ordinanza di custodia cautelare a Lucano viene disposto anche il divieto di dimora nei confronti della sua compagna, Tesfahun Lemlem, accusata degli stessi reati contestati al sindaco. La prefettura di Reggio Calabria, lo scorso anno, ha disposto un’ispezione nel Comune di Riace dalla quale a caccia di irregolarità nell’utilizzo dei finanziamenti governativi per la gestione dei migranti. Sul punto, tuttavia, il gip, nella sua ordinanza, ha affermato che «ferme restando le valutazioni già espresse in ordine alla tutt’altro che trasparente gestione, da parte del Comune di Riace e dei vari enti attuatori, delle risorse erogate per l’esecuzione dei progetti Sprar e Cas, ed acclarato quindi che tutti i protagonisti dell’attività investigativa conformavano i propri comportamenti ad estrema superficialità, il diffuso malcostume emerso nel corso delle indagini non si è tradotto in alcuna delle ipotesi delittuose ipotizzate».
Spiega il procuratore di Locri Luigi D’Alessio che «gli elementi di prova raccolti hanno permesso di dimostrare infatti come il sindaco Lucano, unitamente alla sua compagna Tesfahun Lemlem, avessero architettato degli espedienti criminosi, tanto semplici quanto efficaci, volti ad aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali per ottenere l’ingresso in Italia». Lucano, in buona sostanza, avrebbe dimostrato una «spigliatezza disarmante, nonostante il ruolo istituzionale rivestito», nell’ammettere «pacificamente più volte, ed in termini che non potevano in alcun modo essere equivocati, di essersi reso materialmente protagonista ed in prima persona adoperato, ai fini dell’organizzazione di matrimoni di comodo», scrive ancora D’Alessio, in una nota. Al riguardo viene riportato un dialogo intercettato dalla Guardia di finanza sul matrimonio di una cittadina straniera cui era già stato negato per tre volte il permesso di soggiorno. «Lei – dice Lucano – ha solo la possibilità di tornare in Nigeria. Secondo me l’unica strada percorribile, che lei si sposa! Io sono responsabile dell’ufficio anagrafe, il matrimonio te lo faccio immediatamente con un italiano. Mi fa un atto notorio dove dice che è libera e siccome è richiedente asilo non vado ad esaminare i suoi documenti perché uno che è in fuga dalle guerre non ha documenti. Se succede questo in un giorno li sposiamo». «Poi – prosegue Lucano – dopo mi chiede al comune il certificato di matrimonio, va alla questura di Siderno e chiede un permesso di soggiorno per motivi familiari perché si è sposata in Italia con cittadino italiano e non gli deve portare niente, solo il certificato di matrimonio. In quel modo, dopo che lei ha il permesso di soggiorno per motivi familiari, i tre dinieghi non hanno nessun valore è subentrata un’altra situazione civile. Non solo, dopo un po’ di tempo prende anche la cittadinanza italiana». Tutto qui?
Lucano è anche accusato di avere fraudolentemente affidato in forma diretta il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti a due cooperative sociali, la Ecoriace e L’Aquilone che dà lavoro anche a migranti – impedendo così, secondo l’accusa, l’effettuazione delle necessarie procedure di gara previste dal Codice dei contratti pubblici. Le due coop, secondo l’accusa, non possedevano i requisiti di legge richiesti per l’ottenimento del servizio pubblico, perché non iscritte nell’apposito albo regionale previsto dalla normativa di settore. Dalle indagini, secondo l’accusa, sarebbe emerso che Lucano, dopo vani e diretti tentativi di far ottenere l’iscrizione, avrebbe deciso di istituire un albo comunale delle cooperative sociali cui poter affidare direttamente, secondo il sistema agevolato previsto dalle norme, lo svolgimento di servizi pubblici. Perché le due coop furono escluse dall’albo regionale? Il servizio è stato svolto dall’ottobre 2012 fino all’aprile 2016. In tal modo, secondo la Procura di Locri, sono stati artificiosamente riconosciuti alle due coop i presupposti necessari. In particolare, secondo l’accusa, Lucano avrebbe fatto approvare alla Giunta comunale da lui presieduta un albo comunale simile a quello previsto dalle norme; poi avrebbe suggerito con successo al Consiglio comunale di procedere all’assegnazione diretta; infine avrebbe proposto più volte, alla Giunta comunale, la proroga dell’affidamento. In tal modo alle due cooperative sarebbe stato procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale, quantificato in circa un milione di euro.