L’Italia spende 160mila euro al giorno per la missione in Libia
Stanziati 17,4 milioni dal 13 settembre a fine anno. I numeri emergono dal decreto fiscale collegato alla Manovra, i vertici di Esteri e Difesa: “E’ missione umanitaria e non militare”. Nel testo anche gli stipendi dei soldati: il generale di brigata prende per questa missione 7.180 euro al mese (escluso vitto e alloggio), al pari dei colonnelli
di VALENTINA CONTE
ROMA – L’operazione Ippocratedei nostri militari in Libia costa 17 milioni e 388 mila euro per 109 giorni, dal 13 settembre (quando il ministro della Difesa Pinotti l’ha annunciata al Parlamento) al 31 dicembre prossimo. Cifra appena stanziata dal governo nel decreto fiscale che trasforma Equitalia in braccio dell’Agenzia delle entrate, rottama le cartelle esattoriali e riapre i termini della voluntary disclosure, la regolarizzazione dei capitali illegali, detenuti all’estero o in Italia.
Oltre 17 milioni di euro volano in Libia, dunque. Una cifra che equivale a circa 160 mila euro al giorno. Ovvero 528 euro in media al dì a persona. Parliamo di 302 uomini “on the ground”, sul terreno (in realtà due di questi sono impegnati nella missione delle Nazioni Unite Unsmil). Ma attenzione: non si tratta di “boots” (soldati), piuttosto di “meds on the ground”: 60 tra medici e infermieri, 135 per supporto logistico, 100 per la sicurezza. Insomma “stiamo mandando un ospedale, non una portaerei”, traduce il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.
“Una missione umanitaria e non militare”, chiarisce anche la Pinotti. Che ruota tutta attorno all’ospedale da campo montato dagli italiani in stretta sinergia con l’ospedale civile di Misurata, come da richiesta del premier libico Serraj in una lettera al governo italiano dell’8 agosto scorso. Spigolando tra i numeri del decreto fiscale, si scopre che i 17 milioni e rotti si suddividono così: 4,8 milioni tra stipendi e indennità, 7,8 milioni per viveri, logistica, noleggi, interpreti, funzionamento dei mezzi (209 terrestri, una nave e due aerei), 4,8 milioni di “oneri una tantum”.
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fonte: La Repubblica