Lista Tsipras. Cronaca dall’assemblea nazionale

di Paolo Cacciari – (dal quotidiano il manifesto)

Ciò che siamo e ciò che ci pia­ce­rebbe diven­tare. Ciò che siamo l’ha bene descritto la rela­zione di Marco Revelli (dispo­ni­bile in rete). Siamo pochini, in con­fronto ai fra­telli di Syriza, ai cugini di Pode­mos, ai pro­ge­ni­tori dei vari Bloc­chi uniti della sini­stra por­to­ghese, spa­gnola, tede­sca. Siamo pre­va­len­te­mente urbani, accul­tu­rati e poco ope­rai; “ceto medio rifles­sivo” direbbe Paul Gin­sburg. Però siamo gio­vani e pre­va­len­te­mente donne. Ave­vamo votato Ven­dola e comu­ni­sti, pochi Grillo, più di uno il Pd ante Renzi, alcuni si erano disaf­fe­zio­nati del tutto. Ciò che non sap­piamo è quello che fac­ciamo. Oltre che votare, cosa ci piace fare?

Dove siamo nel nostro vis­suto quo­ti­diano impe­gno civile e sociale: nei sin­da­cati, nei movi­menti della cit­ta­di­nanza attiva per la difesa dei diritti fon­da­men­tali, ad ini­ziare da quelli dei migranti, nei comi­tati per la difesa della salu­brità dell’ambiente, nei cen­tri sociali, nei col­let­tivi fem­mi­ni­sti, nelle pro­fes­sioni, nelle arti e nella ricerca scien­ti­fica…? Di sicuro sap­piamo che vogliamo vin­cere le ele­zioni. Dal 4% vogliamo arri­vare al 26 come ha fatto Tsi­pras. Non abbiamo voca­zioni mino­ri­ta­rie e non accet­tiamo com­pro­messi al ribasso. Ma il cape­stro del sistema mag­gio­ri­ta­rio ci intriga non poco.

Le crisi da asti­nenza dalla rap­pre­sen­tanza mor­dono lo sto­maco di Sel e Rifonda. Ma, come si suol dire, non basta met­tere assieme due zoppi per fare un cor­ri­dore. Ser­vi­rebbe un pro­cesso rige­ne­ra­tivo, fusio­nale, ine­vi­ta­bil­mente dal basso. L’ha detto bene nel suo mes­sag­gio Tsi­pras: «la rico­stru­zione della sini­stra ita­liana ha biso­gno di una miscela con il 30% di Syriza, il 30% da Pode­mos e il 40% dalla vostra ricca espe­rienza con la vostra atti­vità sociale, cul­tu­rale, le vostre reti di atti­vi­sti». Dovremmo lasciare le redini e disporci a met­tere in comune (comu­ni­zar, dicono i lati­noa­me­ri­cani) tutto quel poco che abbiamo nelle nostre case­matte. Non è facile, ma non è nem­meno impos­si­bile. Dovremmo rinun­ciare alla poli­tica come pre­va­lenza di un punto di vista e abbrac­ciare l’idea della poli­tica come libe­ra­zione di tutti i punti di vista. Non vedo altra strada, quindi, se non quella che passa per la crea­zione di comi­tati di base (ter­ri­to­riali e non solo) auto­nomi e indi­pen­denti nel qua­dro del pro­gramma, degli obiet­tivi e dei prin­cipi costi­tu­tivi della lista per l’Altra Europa.