mio commento: l’Irlanda, un altro Paese che si conforma al riconoscimento dei diritti civili per le coppie omossessuali. Paese che, pur essendo profondamente cattolico, dimostra di avere una cultura che lo porta ad essere attento e rispettoso verso i diritti di tutti i suoi abitanti. Nel nostro Paese, ostacolato da tabù antiquati, la decisione, tra le altre, di riconoscere questo diritto umano, manca ancora all’appello. Vorrei ricordare che questa decisione è già stata presa da 15 Paesi europei, compresa l’Irlanda appunto, e da altri Paesi extraeuropei. Mario Piromallo
L’Irlanda si apre al matrimonio gay. Valanga di “sì” al referendum che fa la storia. “Siamo pionieri”
Rispettate le previsioni dei sondaggi. A spoglio iniziato, un tweet del ministro per le pari opportunità Aodhan O’Riordain preannuncia il verdetto. La Repubblica della “verde isola” è il primo Paese a modificare la Costituzione passando da una consultazione popolare
DUBLINO – Il verdetto in un tweet del ministro per le pari opportunità Aodhan O’Riordain: dai primi risultati dello spoglio, gli irlandesi hanno detto sì al matrimonio gay votando un referendum molto atteso e sentito. Per non mancare al loro appuntamento con la storia: perché, se 21 Paesi in tutto il mondo hanno già legalizzato i matrimoni tra omosessuali (Danimarca, Olanda, Belgio, Spagna, Francia, Canada, Sudafrica, Norvegia, Svezia, Slovenia, Portogallo, Inghilterra, Galles, Islanda, Argentina, Uruguay, Nuova Zelanda, Finlandia, Messico, Brasile e Usa, in 38 Stati), l’Irlanda sarà il primo a farlo passando per una consultazione popolare. Cinque anni dopo l’approvazione in Parlamento delle unioni civili per le coppie omosessuali. Inimmaginabile solo 20 anni fa, quando nella Repubblica dell'”isola verde” veniva finalmente cancellato il reato penale di “omosessualità”.
Dopo O’Riordain, un altro ministro, Kevin Humphrey, ha spiegato che il 75% di voti favorevoli al matrimonio gay nel suo distretto, il sud-est di Dublino, costituiscono l’evidente preludio a una vittoria del “sì”. Michael Martin, leader del partito Fianna Fail, su posizioni cattoliche ma a favore del matrimonio gay, ha parlato di “chiaro successo del sì” basandosi sul 60% di voti favorevoli riscontrati nella sua città, Cork. Mentre è di John Murray, attivista di primo piano e membro del think tank messo in piedi dal cattolico Iona Institute per orchestrare la campagna per il “no”, la prima ammissione della sconfitta. Un altro esponente dello Iona Institute, David Quinn, ha parlato di vittoria “impressionante” del sì: dai primi dati emerge che i voti a favore del matrimonio gay sono “quasi il doppio dei no”.
Infine, è stata la volta del premier Enda Kenny, che rompendo l’istituzionale riserbo si è detto “ottimista per la vittoria del sì”, evidenziando poi come “con questo referendum il popolo irlandese sta mandando un messaggio pionieristico”.
Dunque, rispettate le previsioni. Secondo un sondaggio Ipsos pubblicato dall’Irish Times la scorsa settimana, il 70% degli interpellati si era detto a favore dei matrimoni tra omosessuali. Un secondo sondaggio, realizzato per il Sunday Independent, dava il “sì” in vantaggio di 29 punti percentuali.
Sulla scheda del referendum, i 3,2 milioni di irlandesi con diritto di voto hanno dovuto rispondere a una semplice domanda: volete che sia emendato l’articolo 41 della Costituzione del 1937, con l’inserimento di una nuova clausola nella sezione “Famiglia”?
Clausola che recita: “Il matrimonio può essere contratto per legge da due persone, senza distinzione di sesso“.
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fonte: la Repubblica