Le Regione Lombardia non vuole garantire piena applicazione della 194

Una casa sulla roccia

mio commento: la piena applicazione di una legge nel nostro paese a volte diventa veramente difficile. Nel caso della Legge 194 la nostra regione, dove governa il centrodestra, conferma questo modo di ostacolare anche i pochi diritti acquisiti da Cittadine e Cittadini. Mi pare sia una situazione che deve essere assolutamente risolta per assicurare a tutte le donne lombarde di poter fruire dell’interruzione volontaria di gravidanza sancita dalla Legge 194. Mario Piromallo

obiezioneLe Regione Lombardia non vuole garantire piena applicazione della 194

Il voto contrario della maggioranza alla mozione per chiedere un impegno di Regione Lombardia alla piena applicazione della legge 194 certifica come la Regione non vuole saperne di garantire su tutto il territorio l’accesso delle donne lombarde all’interruzione volontaria di gravidanza. Con una media di obiezione del 70% e alcuni ospedali che da anni non praticano aborti, il centrodestra bolla come propaganda di sinistra le stesse critiche sollevate a più riprese da organismi sovranazionali, ultimo in ordine di tempo il Comitato dei diritti umani dell’Onu, e rifiuta di considerare soluzioni organizzative che consentano di contemperare la facoltà di astenersi dalla pratica con la necessità di assicurare il servizio.

Già altre Regioni si sono mosse in questo senso, per esempio il Lazio, con misure d’emergenza come bandi ad hoc per assumere medici non obiettori da assegnare al servizio specifico. La libertà delle donne non può essere sacrificata sull’altare di visioni ideologiche né delle scelte personali di ginecologi e anestesisti, senza che le istituzioni si sentano chiamate a intervenire. Regione Lombardia ha il dovere di fare in modo che i suoi ospedali pubblici rispettino la legge e rendano disponibili i servizi che essa prevede. La qual cosa oggi, per quanto ne dica l’assessore Gallera, non succede.

Dobbiamo quindi prendere atto che il centrodestra lombardo persevera nell’idea che l’interruzione di gravidanza non sia un diritto delle donne da garantire con pienezza. Una tesi che peraltro è stata sostenuta in Aula con affermazioni irricevibili, prima fra tutte l’accusa di ‘cultura mortifera’ riferita a una legge dello Stato da chi in passato ha organizzato e sostenuto i funerali dei feti.

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