Le bombe fabbricate tra gli ulivi della Sardegna
Per le vie del centro di Domusnovas c’è silenzio. Sui marciapiedi stretti si incontrano poche persone e basta distrarsi un attimo e svoltare all’incrocio sbagliato per ritrovarsi affacciati sulla campagna, davanti alle colline chiazzate da ulivi. Secondo le statistiche ufficiali, nel piccolo centro del sud della Sardegna vivono circa seimila persone, ma i numeri non tengono conto di tutti quelli che se ne sono andati per studiare o lavorare, senza però spostare la residenza. Qui, molti hanno un parente che ormai vive da qualche parte in Lombardia o in Veneto, a Roma, a Torino o all’estero.
Ma non è sempre stato così. In queste campagne, un tempo le miniere occupavano migliaia di persone. Da inizio ottocento a metà novecento, quasi cinquanta siti assorbirono la tradizionale forza lavoro dell’area, fatta di agricoltori e pastori. Alla fine dell’ottocento, circa diecimila persone lavoravano nelle cave. Il capoluogo di provincia, Carbonia, fu fondato negli anni del ventennio fascista proprio per ospitare chi avrebbe lavorato nelle miniere di carbone da cui prende il nome.
Il declino cominciò nel dopoguerra a causa della diminuzione dei prezzi dei metalli estratti e degli alti costi di produzione. Le miniere sono state sostituite dalla grande industria, quella chimica e metallurgica, ma poi anche queste sono andate in crisi durante gli anni novanta e duemila tra fallimenti e delocalizzazioni. Il risultato è un vuoto occupazionale che, accentuato dalla crisi economica mondiale cominciata nel 2007, ha fatto della provincia del Sud Sardegna una delle più povere d’Italia.
Dalla Sardegna all’Arabia Saudita
È questo il contesto da tenere presente se si vuole capire qualcosa in più di Domusnovas, tornata al centro dell’attenzione nazionale perché ospita l’azienda Rwm, parte del gruppo tedesco Rheinmetall defense, che fabbrica ed esporta armi in tutto il mondo. A sollevare nuove polemiche è stato un video del New York Times che mostra alcuni ordigni prodotti in Sardegna e venduti all’Arabia Saudita, che a sua volta li utilizza nella guerra nello Yemen
Della vendita di armi ai sauditi parlava già un articolo di Malachy Browne del 2015. Browne ricostruiva gli spostamenti di due spedizioni di ordigni dall’aeroporto cagliaritano di Elmas a quello di Ta’if, nel sud dell’Arabia Saudita, vicino alle coste del mar Rosso. Anche in quel caso ci furono dibattiti accesi. Ma ad andarci di persona, tra le miniere dismesse nel sud della Sardegna, si capisce che il dibattito qui non è a intermittenza come quello nazionale.
Un paese diviso
Il sindaco Massimiliano Ventura, già dalla prima telefonata tira in ballo la Rwm: “Te lo dico subito, io sto dalla parte dei posti di lavoro”. E aggiunge: “Su questa cosa sono pronto a fare le barricate”.
Lo incontro la mattina del 5 gennaio e di persona è ancora più netto: “Parliamoci chiaro, lo sappiamo tutti cosa produce la Rwm e nessuno è contento di quello che succede nello Yemen, ma alla riconversione non ci credo”…
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