Va bene essere realisti, ma guai a rassegnarsi. Ecco lo spirito con cui affrontare il 2017 per un inveramento della Costituzione e per una felicità condivisa
Ogni inizio d’anno è sempre così: da un lato gli auguri, che riscaldano il cuore, danno sapore ad una comunità, rafforzano le amicizie e gli affetti, si iscrivono dentro un rito millenario perché il futuro sia migliore del presente; dall’altro lato la registrazione delle difficoltà reali del tempo in cui si vive ed in cui a breve si vivrà. La dialettica degli opposti, quindi, per esempio il caldo e il freddo, per esempio la speranza e il timore, che mai come in questi anni nel nostro Paese si succedono incalzandosi, fra la disillusione quotidiana di un’epoca in cui oramai tutti navigano a vista fra crisi, povertà, guerre e barbarie d’ogni tipo, e la possibilità di un mondo diverso, in cui l’essere pacifici, liberi ed eguali non sia più solo uno slogan ma una effettiva tendenza dell’intero genere umano.
A ben vedere, gli auguri di buon anno contengono sempre un nocciolo comune in qualsiasi latitudine: essere un po’ più felici. E il desiderio di felicità calza a pennello per noi, qui ed ora, perché – diciamocelo – nel 2016 è stato molto difficile e molto complicato essere felici. Perché lo stesso momento di felicità esistenziale – per un amore condiviso, per un fiore ricevuto, per una musica ascoltata, per un desiderio appagato – è condizionato dal contesto in cui ti trovi, per esempio se lavori o se sei disoccupato, se sei in guerra sotto le bombe o in pace a casa tua, se sei integrato in una comunità di persone o se sei emarginato, se hai subito o meno l’ingiuria devastante del terremoto, se sei rispettato o no nella tua dignità di persona. C’è una felicità essenziale che ha poco a che vedere con stereotipi astratti, frasi fatte, romanticherie, e che riguarda la vita vivente in una comunità, perché – ecco una citazione del Buddha davvero illuminante – “migliaia di candele possono essere accese da una singola candela, e la vita di questa non sarà abbreviata. La felicità non diminuisce mai quando è condivisa”.
Dunque non cessiamo di essere realisti, vediamo le straordinarie difficoltà del nostro Paese e dell’intera Europa fra crisi economica, paure d’ogni genere, veleni oligarchici, mercantili, populisti, neofascisti, xenofobi e chi più ne ha più ne metta. Ma guai a rassegnarsi, a spegnere la luce, a rinunciare alla possibilità di un generale riscatto; perciò l’augurio non può che essere quello di un 2017 di felicità condivisa. Essere antifascisti aiuta moltissimo, perché vuol dire far parte a priori di una comunità ideale, culturale, politica e sociale sostenuta da una rete di valori collettivi e pubblici, da un respiro di liberazione e da una memoria attiva; vuol dire operare per una partecipazione popolare, dando così vita ad uno dei lasciti più significativi del recente risultato referendario; vuol dire – in breve – essere consapevoli che la potenza del proprio sguardo non è data dalla distanza fra i propri occhi e la terra, ma da quella fra i propri occhi e il cielo.
E l’augurio di una felicità condivisa, proprio perché tale, si compenetra con l’augurio di un anno di inveramento della Costituzione; ne hanno tanto bisogno il lavoro, l’ambiente, la cultura, la ricerca, il paesaggio, il patrimonio artistico, la pace, i diritti, l’uguaglianza, la libertà; insomma, il nostro Paese, la nostra Repubblica, il nostro popolo.
Con questo spirito abbiamo creato il primo numero del 2017 di Patria Indipendente, chiedendo ad alcune personalità di immaginare ed auspicare, fra pessimismo della ragione e ottimismo della volontà, l’anno da poco iniziato. È così che la staffetta partigiana Marisa Ombra riflette sulla necessità di un ritorno allo spirito del 1947, Luca Grisolini, presidente dell’ANPI di Arezzo, ragiona sul tema sempre più pregnante del contrasto ai neofascismi, lo scrittore Giacomo Verri racconta su come ritrovare il senso del nostro tempo, lo storico dell’arte Tomaso Montanari ci parla della rivoluzione della bellezza, il rettore Alessandro Bianchi affronta il tema della salvaguardia del territorio, il sociologo Domenico De Masi illustra il tema delle giovani generazioni. Insomma, tanti osservatori – fra disincanto e speranza – sul 2017. Né poteva mancare, seppur proposto in forma alquanto eccentrica, un oroscopo, per la circostanza ribattezzato come “Oroscopartigiano”, a firma di Zazie, nomignolo che richiama la ragazzina ribelle, ideata dalla fantasia di Raymond Queneau; la Zazie di Queneau era alla perenne scoperta del mondo. Quella di Patria Indipendente, più modestamente, per la circostanza si è dedicata alla scoperta dello Zodiaco.
E questo è quasi tutto. Manca solo il finale: buon anno a tutte le antifasciste e gli antifascisti, a tutti gli iscritti all’ANPI, dalla redazione di Patria!
PUBBLICATO LUNEDÌ 16 GENNAIO 2017
fonte: Patria Indipendente
http://www.patriaindipendente.it/idee/copertine/lanno-che-vorremmo-e-la-felicita/