La rivolta anticapitalista del Brasile

brasAlla fine le contraddizioni del Brasile sono venute a galla. Il paese del miracolo economico, quello che fa parte del Brics (il gruppo dei paesi emergenti composto anche da Russia, India, Cina e Sudafrica), gioca un ruolo di potenza sub imperialista a livello continentale, promuove le grandi (e assai discutibili) opere, ma al tempo stesso è riuscito, seppur con programmi meramente assistenzialisti, a ridurre per certi aspetti la povertà, senza però impegnarsi seriamente a combatterne le cause strutturali, ha visto la sua gente scendere in piazza: non solo per protestare contro l’aumento dei prezzi del trasporto pubblico (peraltro ritirati in tutta fretta), nemmeno per protestare esclusivamente contro gli sprechi dovuti ai Mondiali del 2014 e alle Olimpiadi del 2016, e neanche per limitarsi a contestare il carovita. “Un paese muto è un paese che non cambia”, era scritto in uno dei tanti striscioni che in questi giorni sono stati esposti durante i cortei per le strade delle città brasiliane, grandi e piccole. L’immagine del Brasile da cartolina, pazzo per il calcio e la Seleção, non esiste piùLe manifestazioni oceaniche di questi giorni non possono essere classificate come un semplice cacerolazo in salsa brasiliana, e nemmeno come il Que se vayan todos gridato dagli argentini all’inizio degli anni Duemila: riprendono molto da quelle proteste, certo, ma soprattutto rappresentano un nuovo modo di fare politica, non necessariamente antipartitico, come invece le ha interpretate la stampa borghese e della destra brasiliana in un patetico tentativo di cavalcare la più grande mobilitazione nel paese dall’impeachment del presidente Fernando Collor de Mello del 1992….Il Brasile è esploso perché sono venuti a galla i mille malcontenti di un paese che spende cifre esorbitanti per organizzare la Coppa del Mondo 2014 e sgombera senza troppi problemi i quartieri popolari per riqualificarli in vista di quell’evento sportivo e di Rio 2016. La rabbia dei brasiliani è scoppiata per la costruzione della diga di Belo Monte e per le decine di centrali idroelettriche che costringeranno intere comunità a trasformarsi in sfollati ambientali, per le ripetute operazioni di pulizia sociale condotte contro i movimenti urbani, quali i Sem Teto, e ancora per lo stretto legame tra il governo e le banche, divenute l’interlocutore principale del Planalto, mentre l’istruzione, la sanità e i trasporti continuano ad essere trascurati e milioni di persone vivono in condizioni di estrema indigenza. Tutte queste forme di resistenza (una parte minima delle tante presenti nel paese), si sono saldate e hanno cessato di essere di nicchia.

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