Il modello Usa. L’America, creazione immaginaria di sconfinata libertà e di incontrollata espansione, ha sempre avuto orrore dei muri. Ma oggi il muro entra nelle coscienza, trasforma l’America da universo in provincia, rinchiude il cielo dell’immaginario, dà forma alla paranoia e alla paura. Per credersi grande, l’America di Donald Trump si rimpicciolisce e torna indietro
In un romanzo del ciclo del mago di Oz, la piccola Dorothy e i suoi compagni sono in cammino sulla strada di mattoni gialli quando all’improvviso si trovano la via sbarrata da un muro. Non c’è problema: basta chiudere gli occhi, e si passa senza problemi.
Anche la strada di Woody Guthrie, in «This Land Is Your Land», è sbarrata da un muro: su un lato c’è scritto «proprietà privata», ma sull’altro lato non c’è scritto niente: nessun muro può fermarmi «mentre cammino sulla freedom highway».
L’America, creazione immaginaria di sconfinata libertà e di incontrollata espansione, ha sempre avuto orrore dei muri. «Don’t fence me in», non mi chiudere dentro steccati e barriere, dice la canzone di Cole Porter sulla sconfinata apertura del West (e un’altra classica folk song lamenta il filo spinato, la n uova inven zione che mette fine al libero vagare sulla frontiera).
L’America si è identificata come spazio aperto e senza confini esterni o interni: si è offerta come accoglienza nella statua della Libertà («datemi le vostre masse affollate…»), ha sentito claustrofobicamente il limite posto dalla cortina di ferro, ha trionfato con la caduta del muro di Berlino.
Libertà sconfinata, espansione ed egemonia senza confini, sogno americano di mobilità sociale – l’assenza o immaterialità dei muri compendia molte ragioni per voler bene all’America, e molte delle ragioni di temerla.
Perciò è paradossale l’idea trumpiana di «rendere l’America grande» chiudendola dentro un muro. Ma è un paradosso che si materializza, con la scelta avviata dall’amministrazione statunitense delle quattro aziende che lo costruiranno e intanto sceglie i quattro prototipi (modelli) di muro con relativa e necessaria caratteristica: essere «antiscalata».
L’assenza di confini che rendeva il mondo permeabile all’espansione e all’egemonia americana si rovescia nella permeabiilità rispetto al mondo di un’America senza più egemonia.
Muri e confini hanno sempre due facce, si attraversano in due direzioni. Jack Kerouac finiva il viaggio on the road sfondando il confine del Messico come yankee in cerca di droga e puttane; in direzione inversa, braccianti e migranti passavano il Rio Grande e il deserto in cerca di lavoro e benessere.
Trump si illude forse che il muro fermerà solo chi sale ma lascerà passare chi scende come il muro di Oz, e magari il Messico non ricambierà gli Stati Uniti con la stessa moneta; ma il muro entra nelle coscienza, trasforma l’America da universo in provincia, rinchiude il cielo dell’immaginario, dà forma alla paranoia e alla paura. Per credersi grande, l’America di Donald Trump si rimpicciolisce e torna indietro.
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