Un partito politico che voglia essere della classe operaia e dei proletari o, se si preferisce, che voglia essere semplicemente un partito di riferimento dei lavoratori ha per primo compito la denuncia della “ferocia” del sistema capitalistico di produzione e del suo dominio politico e ideologico.
Un dominio che esercita globalmente.
Il sistema capitalistico di produzione, per sua natura, non guarda in faccia a nessuno e tende a sbarazzarsi di ogni regola che possa condizionare la “sua” libertà, la libertà del suo agire.
Il capitalismo finanziario è, se fosse possibile, ancora più spregiudicato e insofferente di qualsiasi limitazione che non sia quella del suo tornaconto particolare e complessivo.
Ma un partito politico dei proletari (di coloro che vivono con il reddito del proprio lavoro) non può limitarsi alla denuncia dei mali e alla sola propaganda di una ideale società futura. Un partito deve fare politica, cioè agire nelle concrete situazioni politiche . Non basta dimostrare la “mostruosità” del sistema dominante . E neppure basta richiamare i principi che saranno praticati nella società futura, quella che subentrerà al sistema capitalistico di produzione.
Per inciso è bene ricordare, seppure in modo assolutamente grossolano e schematico, che è stato affermato (in teoria e tentato di attuare nella pratica) che il cambiamento del sistema capitalistico di produzione , essendo che il proletariato non possiede nulla, il proletariato si impossessa (con mezzi vari) del potere politico e usa questo (cioè i mezzi del potere politico: la possibilità di legiferare e di pretendere l’attuazione della legge tramite i vari strumenti predisposti allo scopo; tra i quali quelli coercitivi come: l’esercito, la polizia, la magistratura, ecc,), per sostituire il sistema capitalistico di produzione con un sistema socialista di produzione e, successivamente in un sistema comunista; alla realizzazione del quale si sarebbe giunti al superamento dello “stato” stesso.
Un partito politico dei proletari deve agire politicamente per affermare gli interessi “tattici” e “strategici” dei proletari, come individui e come classe sociale. E’ chiaro che non è sufficiente limitarsi alla predicazione dei fini ultimi. Nell’agire politico occorre elaborare obbiettivi e soluzioni credibili dei problemi che impediscono risposte positive a bisogni.
E’ ovvio, i bisogni non si limitano a una razione sufficientemente abbondante di cibo, ma sono assai complessi e (le risposte ai bisogni) richiedono una complessa e sofisticata organizzazione del sistema produttivo e della organizzazione sociale.
Una catastrofica assurdità sarebbe quella di voler preordinare ogni cosa . La società, cioè l’insieme delle persone saprà necessariamente trovare via, via le soluzioni che appariranno migliori e a correggerle quando non funzionassero.
Ma uno sviluppo positivo della organizzazione della società non avviene per percorsi unici e
definitivi, né con risultati immediati.
Guardando alla storia della umanità riscontriamo una grande perenne empiria.
Ci sono stati molti e diversi tentativi, più o meno moderati, più o meno radicali, di dare avvio alla realizzazione di una organizzazione sociale capace di dare le migliori risposte in ogni campo.
Tutti questi tentativi, andrebbero attentamente studiati per scoprire il perché dei loro insuccessi. E, al contempo, in primo luogo scoprire i “punti deboli” che hanno permesso al “nemico” di incunearsi e vincere; scoprire se ci sono “leggi generali” e “procedure” da seguire per non incappare nel fallimento o nella sconfitta.
Oggi, nella esperienza percepita dalle generazioni attualmente viventi sul pianeta, il richiamo a dottrine o programmi politici che prospettano un cambiamento del sistema sociale come una via da percorrere per avere risposte positive ai loro bisogni e alle loro aspettative, non affascina, non lusinga. “Sanno” che non è vero; “sanno” che le loro esigenze immediate non avranno risposte .
Invece pensano, credono che il bisogno di libertà di espressione politica e di pensiero possa avere soddisfazione immediata, subito dopo la caduta del regime politico che la impedisce, e che la libertà (similmente l’indipendenza nazionale) sia premessa di altri cambiamenti. Per questo si battono anche a caro prezzo, per abbattere le dittature, le tirannie, il potere basato sull’arbitrio di chi lo detiene.
Un partito politico dei proletari ha la necessità di comprendere che la storia della società umana è empiria e che il rapporto tra scopi ed esperienze , nell’agire politico, è dialettico nelle due direzioni.
Queste considerazioni come necessario passaggio di approccio per ragionare sul “che fare” per un partito politico dei proletari, oggi in Italia.
Quindi, un partito politico , non dirò dei proletari ma semplicemente di opposizione al governo in carica, dovrebbe avere obbiettivi e soluzioni credibili e possibili delle questioni che più assillano i lavoratori e i cittadini generalmente intesi. Soluzioni per le quali le “masse” sono in grado di mobilitarsi e di lottare politicamente col preciso scopo di ottenere quelle soluzioni. Soluzione dei problemi della economia, dei problemi sociali e, strettamente insieme, di quelli politici , cioè di programma e composizione del governo.
Se il partito politico dei proletari (ancorché moderatissimo) non indica con chiarezza le cose che intende fare, come potrà ottenere consensi, sia per lottare dalla opposizione, sia per avere la forza di governare?
Altrimenti, magari al governo, ma per realizzare le solite vecchie soluzioni “in-popolari”,per creare, si dice ma non è dimostrato, le condizioni per la crescita economica dalla quale dipenderebbe l’interesse di tutti.
Perché non pensare a un sostegno popolare per soluzioni “in-borghesi.” perché la crescita porti benessere alla società interamente intesa, cioè incluse tutte le persone, anche le più emarginate, non solo in senso economico. Ormai lo affermano tutti, ma era chiaro fin dallo scoppio della crisi, la ripresa della crescita economica (obbiettivo per il quale sono state invocate e attuate misure in-popolari) non porterà crescita della occupazione in Italia, non porterà maggiore giustizia sociale, maggiore libertà e diritti, maggiore benessere per la generalità deilavoratori.
Fare passi in avanti verso questi traguardi dipende da quello che è capace di fare un partito politico dei proletari (anche se moderatissimo) Altrimenti non è partito che può richiamarsi agli interessi dei lavoratori e chiedere il loro sostegno.
Amenochè non si accetti per buona la ideologia che attribuisce solo al sistema capitalistico di produzione e di potere, la capacità di dare risposte ai problemi dei proletari.
Sarebbero negate persino le esperienze socialdemocratiche, che hanno pur tentato (a volte anche con buoni risultati parziali) di ottenere, dal sistema capitalistico di produzione (limitatamente a certi territori) il massimo delle concessioni, utilizzando un rapporto di forza politica favorevole per imporle e difenderle.
Renzo Baricelli
Sesto S.G. 4 agosto 2011
3 GENNAIO 2012
Rileggo questi miei appunti a distanza di 5 mesi. Nella sostanza penso che il problema che ho accennato negli appunti non sia cambiato. Se poi consideriamo che in pochi giorni, diciamo due o tre settimane, il”sistema” è riuscito a mettere in testa alla maggioranza degli italiani la convinzione che “le cose che fa il suo nuovo governo sono volute dalla sinistra, il nuovo governo è stato voluto dalla sinistra ed ecco quello che fa: “stangate” ai lavoratori e pensionati, che Berlusconi non avrebbe mai fatto.” E il partito che dovrebbe rappresentare i proletari non riesce a mettere le cose in chiaro, non solo perché ha cattiva stampa ma perché “NON HA CHIARE PROPOSTE “IN-BORGHESI” però comprensibili non dico al 99% dei cittadini ma almeno al 55% e, perciò, non può suscitare, organizzare una sufficiente mobilitazione popolare a sostegno delle sue proposte immediate e di programma. Condizioni necessarie non solo per un partito che voglia rappresentare i proletari ma anche per un partito che voglia costruire una coalizione per rappresentare e fare gli interessi generali del paese; appunto generali, anche quelli dei proletari . E non mi riferisco solo al PD ma anche a tutta la variegata “sinistra”. (Se non mi sbaglio, questo significa che “l’ideologia delle classi dominanti è l’ideologia dominante” . O mi sbaglio? )
8 SETTEMBRE 2013
Rileggo e non mi pare di dover aggiungere altro.
R.B.