Jobs Act, demansionati e precari

mio commento: Jobs Act, se piace a confindustria come fa a essere positivo per i Lavoratori? E’ decisamente negativo! Credo finalmente che, con questa che considero una legge iniqua, la popolarità del tosco scemerà. Con una riforma del genere, degenere, se non scema la fiducia in costui significa che un personaggio così, nel nostro paese, ce lo meritiamo ampiamente e ci fa piacere prendere legnate tutti i giorni, tra l’altro come è successo puntualmente negli ultimi 25 anni circa! Tutto ciò non sarebbe altro che masochismo. La dignità deve essere mantenuta da tutti, ma in questa maniera diventa un’impresa quasi impossibile. Mario Piromallo

Compromesso dorico

Dopo giorni di alta tensione, via libera condizionato dell’Eurogruppo alle richieste della Grecia. Da lunedì piano concordato di riforme con Ue, Bce e Fmi. Proroga di quattro mesi al sostegno finanziario e bancario. Padoan: «Tutti vincitori»

—  Antonio Sciotto, 20.2.2015

Varata la riforma. Via alla seconda parte del provvedimento che stravolge il lavoro. Bocciatura dei sindacati, che si ritrovano “asfaltati” dal premier. La Cgil: «Mantiene le disuguaglianze e non disbosca la giungla dei contratti». Cisl: «Non cambia nulla». Uil: «Solo bugie». Ma Confindustria è felice

Via ai decreti attua­tivi del Jobs Act, e come si aspet­ta­vano i più cri­tici, si rischia un aumento com­ples­sivo della pre­ca­rietà: innan­zi­tutto per­ché si libe­ra­liz­zano, a fronte di un mode­sto risar­ci­mento, i licen­zia­menti sia indi­vi­duali che col­let­tivi ille­git­timi. E poi per­ché si estende l’uso dei vou­cher (buoni lavoro, una sorta di “tic­ket restau­rant” per pre­sta­zioni total­mente al di fuori del con­tratto), non viene can­cel­lato il lavoro a chia­mata, resta il tetto dei 36 mesi per i con­tratti a ter­mine senza cau­sale. Ancora: si dà l’ok al deman­sio­na­mento, ovvero a una mag­giore ricat­ta­bi­lità. Infine si can­cel­lano il job sha­ring, gli asso­ciati in par­te­ci­pa­zione e i cococò e coco­prò. Ma que­sti ultimi sol­tanto a con­di­zione che non li si con­cor­dino nei con­tratti nazio­nali, senza chia­rire se ver­ranno eli­mi­nati anche nel pubblico.

Il pre­si­dente del con­si­glio Mat­teo Renzi ieri ha spie­gato la riforma, varata dopo un con­si­glio dei mini­stri durato diverse ore, come «il giorno atteso da anni», la «rot­ta­ma­zione dei cococo e coco­pro vari», che «tor­nano ai pol­lai», la misura che «scro­sta le ren­dite di posi­zione dei soliti noti». Insomma, un atto di giu­sti­zia per una gene­ra­zione — quella dei para­su­bor­di­nati — che avrebbe aspet­tato per anni il mes­sia pronto a riscat­tarla. Ma tanti sono delusi.

Ad esem­pio il sin­da­cato, e per­fino la Cisl, che finora si era sem­pre con­te­nuta sulla riforma del lavoro. Ma è soprat­tutto la Cgil a pren­dere di petto il governo e a boc­ciare com­ple­ta­mente i decreti: «Il Jobs Act è il man­te­ni­mento delle dif­fe­renze e non la lotta alla pre­ca­rietà — dice in una nota il sin­da­cato — Il con­tratto a tutele cre­scenti è la modi­fica strut­tu­rale del tempo inde­ter­mi­nato che ora pre­vede, nel caso di licen­zia­mento ille­git­timo o col­let­tivo, che l’azienda possa licen­ziare libe­ra­mente pagando un misero indennizzo».

Sulla pre­ca­rietà, pro­se­gue la Cgil, «siamo alla con­ferma dell’esistente, se non al peg­gio­ra­mento, come nel caso del lavoro acces­so­rio (i vou­cher, ndr) e all’assurdo sulle col­la­bo­ra­zioni che si annun­ciano abo­lite dal 2016 ma comun­que sti­pu­la­bili in tanti casi, men­tre nulla si dice delle cococo della pub­blica ammi­ni­stra­zione». «Dove sarebbe la svolta? Il governo parla di diritti ma man­tiene la pre­ca­rietà, dimen­tica le par­tite Iva e regala a tutti licen­zia­menti e deman­sio­na­menti facili. Per ren­dere i lavo­ra­tori più sta­bili non biso­gna per forza ren­derli più licen­zia­bili o ricat­ta­bili». Quindi il sin­da­cato gui­dato da Susanna Camusso lan­cia una sfida per il futuro: «Quello che il governo sta togliendo e non esten­dendo ai lavo­ra­tori sta­bili e pre­cari, andrà ricon­qui­stato con la con­trat­ta­zione e con un nuovo Sta­tuto dei lavoratori».

La Cisl pro­te­sta per il fatto che il governo ha lasciato nel testo appro­vato la norma sui licen­zia­menti col­let­tivi (che sono così pari­fi­cati sostan­zial­mente agli indi­vi­duali): è «uno sba­glio». Più in gene­rale, Anna­ma­ria Fur­lan ritiene che «ci doveva essere più corag­gio sulla pre­ca­rietà»: la Cisl avrebbe voluto una «effet­tiva abo­li­zione delle forme di pre­ca­rietà dei gio­vani». «L’esultanza del pre­si­dente del con­si­glio è asso­lu­ta­mente ingiu­sti­fi­cata per­ché con que­ste norme cam­bierà poco e niente — dice Fur­lan — È impor­tante che si sia lasciato il rein­te­gro per i licen­zia­menti discri­mi­na­tori e disci­pli­nari, così come è impor­tante aver can­cel­lato dalle tipo­lo­gie con­trat­tuali gli asso­ciati in par­te­ci­pa­zione. Ma per il resto non c’è la svolta che la Cisl auspi­cava sulla effet­tiva can­cel­la­zione delle altre forme di pre­ca­rietà sel­vag­gia, sot­to­pa­gate e senza tutele pro­li­fe­rate in que­sti anni».

Per Car­melo Bar­ba­gallo (Uil), il governo «è bugiardo»: «Ave­vano pro­messo che avreb­bero can­cel­lato tutti i con­tratti di pre­ca­rietà ma non è vero. La mon­ta­gna ha par­to­rito un topolino».

Plaude ed è “gasa­tis­sima” (mutuiamo un agget­tivo ormai di moda) la Con­fin­du­stria di Gior­gio Squinzi, che come sap­piamo con Renzi “rea­lizza i suoi sogni” (altra frase cele­bre di qual­che mese fa): «La dire­zione è quella giu­sta — com­menta l’associazione — Bene che siano state con­fer­mate le norme sui licen­zia­menti col­let­tivi. Posi­tivi il rior­dino dei con­tratti e la nuova disci­plina sul muta­mento di mansioni».

Renzi però insi­ste: la pre­ca­rietà verrà scon­fitta, e «circa 200 mila ita­liani pas­se­ranno da una col­la­bo­ra­zione coor­di­nata a un lavoro a tempo inde­ter­mi­nato». Molti però temono che tante col­la­bo­ra­zioni a pro­getto — per le quali si chiede comun­que una con­ver­sione al lavoro subor­di­nato a par­tire dal 2016 — ver­ranno tra­sfor­mate invece in con­tratti pre­cari, a par­tire da un mas­sic­cio ricorso alle par­tite Iva. Par­tite Iva che, si ricorda, anche a que­sto giro non hanno avuto gli ammortizzatori.

fonte: il Manifesto
http://ilmanifesto.info/jobs-act-demansionati-e-precari/