di Angelo Gerosa L’ingresso di Berlusconi e della sua Mediaset in politica fece grande scalpore ma pochi ricordano un precedente che, solo per scherzo del destino, non lasciò un forte segno nella storia d’Italia. Il precedente del poliedrico e geniale Adriano Olivetti.
Durante l’esilio svizzero, a cui fu costretto dalla caccia agli ebrei scatenata dai nazifascisti, Olivetti scrisse un manifesto politico improntato sulla necessità di introdurre in Italia forme di democrazia diretta.
Nell’immediato dopoguerra Olivetti simpatizzò per il Partito d’Azione.
Il Partito d’Azione, protagonista di primissimo piano della resistenza, si sciolse a causa della clamorosa bocciatura subita nelle elezioni per l’Assemblea Costituente del 1946 e Olivetti decise di mettere in pratica il suo manifesto politico dando vita al Movimento “Comunità” con un programma antipartitico di forte ispirazione laica ed europeista ed una campana come simbolo.
Olivetti era convinto della necessità di un forte radicamento territoriale e concentrò lo sforzo politico ed organizzativo nel Canavese, territorio segnato dalla presenza della sua azienda e, anche, dal disorientamento seguito al passaggio dalla piccola provincia di Aosta, a cui apparteneva sotto il fascismo, alla grande provincia di Torino.
Nel 1952 Comunità elesse il sindaco in 5 piccoli comuni canavesani, ed Olivetti, facendo leva su questa minuscola presenza istituzionale, promosse la Lega dei comuni del Canavese e l’Istituto per il Rinnovamento Urbano e Rurale del Canavese.
Lega e Istituto in pochi mesi ottennero l’adesione di quasi tutti i circa 70 sindaci del Canavese: un risultato che Olivetti volle misurare in termini elettorali già nelle elezioni politiche del 1953.
Quelle del 1953 furono le elezioni della “Legge Truffa”. Comunità si schierò con le sinistre e strinse un accordo elettorale con Unità Popolare dell’ex Presidente del Consiglio Parri, di Calamandrei e di Codignola. Partito ben accreditato che godeva del favore di grandi uomini di cultura come Norberto Bobbio, Leo Valiani, Mario Soldati e Carlo Bo.
L’accordo prevedeva la presentazione del simbolo di Comunità nei collegi senatoriali di Ivrea, Biella e Torino Centro e del simbolo di Unità Popolare in tutto il resto d’Italia.
Unità Popolare si fermò allo 0,6% e non elesse parlamentari, mentre Comunità ottenne il 5,5% a Torino centro, il 6% nel biellese ed il 20% nel Canavese. Un successo che confermò il suo formidabile radicamento territoriale ma non fruttò senatori in quanto i seggi venivano attribuiti su base regionale.
Nelle elezioni amministrative del 1956 Comunità elesse 2 consiglieri provinciali, il consigliere comunale a Torino e 63 sindaci, praticamente tutti i primi cittadini del Canavese.
Olivetti divenne sindaco di Ivrea e promosse il “Consiglio dei comuni d’Europa”, raggruppamento di sindaci (tra cui 9 italiani, 5 di Comunità) che divenne una sorta di mini internazionale dell’europeismo, del federalismo e della partecipazione diretta.
In vista delle elezioni politiche del 1958 la maggioranza dei militanti di Comunità si espresse contro l’ipotesi di presentare una propria lista, considerandola un’inutile e forse anche ridicola dispersione di voti a sinistra. Ma il “padre padrone” del Movimento decise diversamente e pertanto Comunità debuttò sulla scena politica nazionale.
Per entrare in parlamento si doveva superare il “quorum” pari a oltre 50.000 voti per eleggere un deputato nel collegio Torino-Novara-Vercelli e oltre 100.000 voti per eleggere un senatore in Piemonte.
Contro ogni previsione Comunità quasi centrò ambedue gli obbiettivi.
Olivetti venne eletto deputato grazie a 72.000 voti (4,2%) ottenuti nel Collegio Torino-Novara-Vercelli e si sfiorò l’elezione del senatore in quanto i 102.000 voti (4,4%) ottenuti in Piemonte non furono sufficienti solamente per pochissimi voti.
Pur presentandosi in neppure un terzo dei collegi, Comunità ottenne 172.000 voti, vale a dire più di quelli presi nel 1953 con Unità Popolare presentandosi in tutti i collegi d’Italia.
Dalle urne giungono messaggi importanti ai fini della futura perfomance elettorale del Movimento: Comunità ottiene voti anche fuori dal “feudo” piemontese (4% in Sardegna, 2,5% in Basilicata) e, sopratutto, Olivetti capolista “sfonda”. A Napoli porta 6000 preferenze e ad Ivrea fa di Comunità il partito più votato, vale a dire l’unico partito italiano capace di sorpassare, in una importante città, sia la DC che il PCI.
E’ l’effetto carisma di Adriano Olivetti: imprenditore di una delle aziende più prestigiose d’Italia; urbanista che progetta il Piano Regolatore di Aosta e presiede l’Istituto Nazionale di Urbanistica; militante antifascista che portò in salvo il leader socialista Turati in Francia, fabbricante del primo computer del mondo, padrone dal volto umano che permette ai suoi operai di assistere ad eventi culturali durante l’orario di lavoro.
Nel sogno di Olivetti l’effetto carisma, utilizzato in larga scala, potrebbe aggiungere un rilevante “voto di opinione” allo “zoccolo duro” conquistato nel Canavese, facendo di Comunità il perno di un forte schieramento laico. La terza via tra DC e PCI necessaria per dare una prospettiva di progresso al paese.
Un sogno interrotto il 27 febbraio 1960 dalla sua prematura ed improvvisa morte nel corso di un viaggio in treno.
Alla morte di Olivetti seguì il rapido scioglimento del Movimento Comunità.
Il sociologo Franco Ferraroti (futura grande firma del Corriere della Sera) subentrò ad Olivetti in Parlamento e passò al PSDI.
Neppure nel Canavese Comunità sopravvisse, ma i suoi sindaci, in gran parte di estrazione operaia e contadina, lasciarono un ottimo ricordo.
clicca per leggere la storia del Partito dei Contadini, alleato di Comunità.