di Angelo Gerosa
Non vi sono dubbi in merito alla necessità, soprattutto dopo la strage di Genova, di riportare la gestione della rete autostradale sotto l’egida pubblica.
L’operazione è complessa, e necessita di una capacità di agire con rapidità ed efficacia che questo governo dei “maltrainsema” (termine milanese per definire una compagine male assortita) purtroppo sta dimostrando di non possedere.
Nell’immediatezza della tragedia del Ponte Morandi si poteva e si doveva intervenire con un Decreto d’urgenza di revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia. Un Decreto fondato su ragioni ovvie ed evidenti: l’obbligo per lo stato di garantire il bene pubblico, salvaguardare la salute e l’incolumità dei propri cittadini e proteggere l’ambiente.
Ma si è deciso di fare altro.
Prima si è deciso di avviare tra i ministri della Repubblica un puerile gioco a chi la spara più grossa.
Poi si è deciso di avviare una normale procedura burocratica di revoca della concessione.
Una normale procedura burocratica dopo una inedita tragedia con strage di vittime innocenti ?
La normale procedura burocratica si concluderà, se tutto va bene, e ricorsi alla giustizia amministrativa permettendo, nel giro di cinque o sei mesi !
Quindi per parecchio tempo la rete autostradale, ruderi pericolanti del ponte compresi, rimarrà in gestione ed in affidamento ad una società che, di fatto, puzza già di cadavere.
Lunghi mesi di attesa e paralisi, con il principale porto e con la quarta area metropolitana del paese in ginocchio ed una intera regione spezzata in due.
In queste ore il sottosegretario Giorgetti è riuscito a spararla più grossa di tutti, facendo sapere (alla stampa, ovviamente, come da rigoroso stile dei “maltrainsema”) che si potrebbe fare dietrofront, e lasciare la gestione della rete autostradale ai privati.
Come dire: abbiamo scherzato. Peccato che la borsa non abbia capito lo scherzo ed abbia letteralmente mandato in fumo il patrimonio azionario della holding che controlla la società Autostrade.
Il fatto è che questo governo si è preso di fronte al paese (ed ai genovesi innanzitutto) l’impegno di fare prima e meglio di quanto voleva fare l’attuale gestore (ricostruire il Ponte in 8 mesi e senza oneri dello stato).
Se tale impegno non dovesse venire onorato è difficile immaginare cosa ne conseguirebbe, in termini sociali, economici ed anche politici.