di Angelo Gerosa
Una delle più lucide menti politiche italiane del ‘900, Vittorio Foa, nel corso di una lezione tenuta nel 1994, ammise senza remore di non riuscire più ad interpretare i radicali cambiamenti in corso, previde che il secolo alle porte avrebbe richiesto nuove categorie analitiche e consigliò di stare svegli, di non abbandonarsi ai sogni e di andare oltre i miti, per mantenersi capaci di comprendere e di scegliere.
Una profezia che purtroppo si è avverata, con il travolgimento di una sinistra legata ad analisi e modelli interpretativi obsoleti.
Il reddito di cittadinanza potrebbe essere una delle “scelte“ consigliate da Vittorio Foa al fine di affrontare gli effetti della globalizzazione, in termini di redistribuzione del reddito e di impatto su un mondo del lavoro in cui la competizione sfrenata e la guerra tra poveri trascina una moltitudine di proletari verso nuove forme di schiavitù.
Berlusconi con la proposta del “reddito di dignità” pari a 1000 euro mensili (più assegni familiari) accompagnato dalla riduzione delle tasse (detrazioni per animali a carico comprese!) pare aver bene compreso come il reddito di cittadinanza potrebbe trasformarsi in un diabolico arnese reazionario.
Berlusconi può permettersi questa astuta mossa politica grazie alla timidezza con cui gli avversari, sinistra compresa, si muovono su questo terreno.
Né il “reddito di inclusione” attuato (meritoriamente) dal Governo Gentiloni, nè il “reddito di cittadinanza” ipotizzato dai 5 Stelle hanno il coraggio di accompagnarsi ad una corrispondente proposta di maggiore tassazione dei mega-redditi e dei grandi patrimoni. Pertanto si lavora su fondi limitati. 2 miliardi di euro finanziano la misura attuata dal governo, 16 miliardi di “presunti tagli ai costi della politica ” finanzierebbero l’ipotesi dei 5 Stelle, con il risultato di offrire ad una platea esigua un assegno poco consistente (400mila “superpoveri” con un massimo di 485 euro a famiglia nella misura attuata da Gentiloni, 9milioni di poveri con un massimo di 780 euro a famiglia nella proposta pentastellata).
Proposte timide, farraginose, limitate e poco efficaci (per la stragrande maggioranza delle famiglie il reddito previsto è inferiore a 200 euro mensili) e, per i 5 Stelle, pure condizionata dall’obbligo di frequentare corsi di formazione (sulla cui dubbia utilità i disoccupati che già li frequentano hanno molto da dire).
Berlusconi invece non mostra timidezza ed il suo rifarsi ai grandi economisti ultraliberisti non lascia dubbi sul chiaro disegno politico: lo stato non deve spendere per garantire a tutti il diritto alla salute, all’istruzione, alla previdenza ecc., deve lasciare ai ricchi le loro immense ricchezze ed elargire ai poveri una “mancia” che per quanto generosa, non li metterebbe mai nella condizione di curarsi, studiare e garantirsi una pensione nel privato (il pubblico certo non sopravviverebbero al taglio delle tasse).
Una proposta di reddito universale finanziato da una adeguata azione fiscale smaschererebbe la manovra di Berlusconi.
In Italia si incassano circa 200 miliardi di euro di Irpef all’anno ed altrettanto dalle restanti entrate fiscali. Un aumento di tassazione legato ad una maggiore progressività (l’aliquota massima oggi è del 43% ai tempi della prima repubblica era pari al 72% !) potrebbero finanziare un reddito di cittadinanza individuale, universale ed incondizionato capace, finalmente, di stringere la forbice tra poveri e ricchi, e di impedire il dilagarsi delle forme di sfruttamento sempre più indecenti.
Nota: per la riflessione di Foa ringrazio l’amico Alino. Con un “vero” reddito di cittadinanza lo stato verserebbe anche ai tanti superricchi gli euro necessari a vivere dignitosamente, ricompensandoli così dei miliardi di euro delle maggiori imposte, esattamente come quando l’avvocato Agnelli veniva ricompensato, del 72% sottratto dal fisco al suo reddito, con la possibilità di curarsi ed istruirsi gratuitamente nelle strutture pubbliche e di viaggiare in treno con un economicissimo biglietto di seconda classe. L’unico stato la mondo in cui vige il reddito universale di cittadinanza è l’Alaska. Un paese tanto spopolato e ricco di risorse naturali da non poter essere portato ad esempio per l’Italia. Si tratta di un reddito variabile anno per anno, dell’ordine dei 2000/3000 dollari all’anno (che per una famiglia di 5 persone quindi tra gli 800 ed i 1200 euro al mese) finanziato con i proventi della vendita degli idrocarburi ma è significativo il fatto che, anche in questo decennio di crisi, l’Alaska è l’unico stato nordamericano in cui la forbice tra ricchi e poveri non si è allargata.