Uomo originale e di notevole senso dell’umorismo, negli anni ha sostenuto, tra le altre cose, che i dirigenti di sinistra non possono avere in casa la colf, che le intercettazioni telefoniche vanno benissimo e non si devono limitare, ha appoggiato il governo Dini e anche il primo governo Prodi, ma non il governo D’Alema, si è congratulato con gli Agnelli quando hanno affidato la Fiat a Romiti, ha ammesso che il Manifesto accettò 60 milioni dal Psi di Craxi («un prestito, abbiamo restituito tutto»), ha approvato incondizionatamente che Armani avesse scelto il suo giornale per fare campagna giudicando il suo pubblico «molto adatto», ha tenuto una fitta corrispondenza con Enrico Cuccia (senza uno come lui, «che faceva da padre e tutore al sistema, ci ritroviamo con questo capitalismo e le sue tendenze vili, il fare soldi fine a se stesso»), da ultimo è stato sommerso da una valanga di lettere di contestazione dopo aver sostenuto che era un errore boicottare la Fiera del libro di Torino con Israele ospite d’onore. Ha soprattutto fronteggiato, con grande spirito pratico, le continue crisi finanziarie del giornale, che mediamente ogni due anni deve chiedere ai suoi lettori o sostenitori o simpatizzanti la carità di qualche miliardo di lire o di qualche milione di euro per andare avanti (questo nonostante che al Manifesto tutti senza distinzione prendano lo stesso salario: 1.200 euro più l’anzianità) (da www.formiche.net).