di Luigi Vinci. E’ inopportuno definire “canaglia” uno stato, perché uno stato significa una popolazione, e una popolazione, quando fuorviata da un “governo canaglia”, è come tale oppressa. Ciò detto, l’indecenza criminale e l’impudenza del governo turco sono giunte al colmo. Faccio appello a inventarsi un modo per denunciarne pubblicamente gli atti.
Qualche giorno fa una rappresentante curda mi ha mostrato, su una televisione curda via internet, la ripresa, avvenuta casualmente, di miliziani armati dello Stato Islamico entrati in territorio turco da quello siriano e in spostamento per rientrare in altra parte del territorio siriano. Le nostre televisioni in questi stessi giorni continuano a mostrarci ragazze e ragazzi curdi cui l’esercito turco impedisce di entrare nel territorio curdo siriano attaccato dallo Stato Islamico. Il disegno del governo canaglia turco mi pare, in questo momento, molto semplice: consentire allo Stato Islamico di conquistare la città curdo-siriana di Kobanê e di massacrarne i difensori e la popolazione che non è fuggita, in modo da indebolire una realtà curda globale che con i suoi armati rappresenta attualmente, non soltanto la principale forza militare sul terreno di contrasto allo Stato Islamico, ma anche, con le sue rivendicazioni di diritti democratici e linguistici per i curdi di Turchia, una spina nel fianco a un potere turco da sempre autoritario e genocidario nei confronti di questa popolazione. Poi, dopo quest’eventuale massacro, eventualmente intervenire con l’esercito turco in Siria contro lo Stato Islamico, aprire la frontiera ai curdi siriani scampati al massacro, farsi bello con l’Occidente, anzi apparirgli indispensabile nella guerra allo Stato Islamico. Con quest’aggiunta, pericolosissima per la stessa pace mondiale: l’intenzione di operare militarmente, con l’aviazione e sul terreno, anche contro il governo siriano, inoltre di centralizzare sulla Turchia il grosso delle forze che combattono in Siria contro questo governo, rischiando così un qualche tipo di intervento militare russo e iraniano a sua difesa. Giova fare presente, a questo riguardo, come il governo canaglia islamico turco abbia tra i suoi obiettivi strategici di periodo l’allargamento diretto e indiretto dei suoi confini e della sua egemonia verso la Siria e verso l’Iraq, ricostituendo una specie di semicaliffato sunnita in una parte congrua dell’ex Impero Ottomano.
Si tratta dunque dell’ennesimo “matto in casa” dell’Occidente creato in primo luogo dagli Stati Uniti (l’esercito turco, 800 mila effettivi, è il secondo della NATO e dispone di armamenti modernissimi quasi tutti statunitensi), dopo i talebani afghani, creati in funzione antisovietica sempre dagli Stati Uniti, e i tagliagole che operarono a suo tempo in Algeria, idem. Il governo canaglia islamista attuale della Turchia ha creato, finanziato e armato in Siria, in solido all’Arabia Saudita e al Qatar, un certo numero di milizie islamiste radicali, per abbatterne il governo, contestato da una parte della popolazione e da uno schieramento politico e militare democratico; e questo il governo turco ha fatto con la paterna benedizione di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, ansiosi di duplicare in Siria il capolavoro combinato il Libia. Per questa via l’opposizione democratica siriana è stata messa ai margini, anzi subisce oggi essa pure gli attacchi dello Stato Islamico. Dopo di che, tuttavia, la galassia islamista radicale si è messa in proprio, attraverso la nascita al suo interno dello Stato Islamico. Il matto in casa occidentale turco si è trovato così inopinatamente a fronteggiare il matto in casa siriano costituito dallo Stato Islamico. E lo stesso vale per Arabia Saudita e Qatar.
La situazione attuale vede quindi in campo una strana alleanza, messa in piedi anche a calci agli alleati arabi da parte degli Stati Uniti, che ha messo in campo un po’ di aerei e basta, rifiutandosi di mettere a disposizione truppe di terra, Stati Unti, Gran Bretagna, Francia e alleati minori occidentali per l’impopolarità estrema di un tale fatto nelle popolazioni islamiche del pianeta, alleati arabi perché le loro truppe potrebbero passare facilmente all’islamismo radicale, soprattutto non sarebbero più a casa a difendere le monarchie ladre al potere. Il peso della guerra a terra è stato così scaricato nella sua quasi totalità sulle milizie curde irachene, siriane e anche turche. Ma qui la Turchia ha posto un limite: nel caso di un suo ipotetico intervento, o anche solo della messa a disposizione dell’alleanza delle sue basi aeree, ha preteso che ai miliziani curdi non venga consegnata la tecnologia militare necessaria a fare fronte adeguatamente all’armamento militare avanzatissimo di cui dispone lo Stato Islamico, conquistato grazie alla fuga senza combattere da Mosul, dinanzi alle milizie islamiste, di ben cinque divisioni irachene armate dagli Stati Uniti. Non solo: si ricorderà il sequestro a Mosul da parte dello Stato Islamico di oltre 40 diplomatici e funzionari turchi, poi il loro rilascio a seguito di un’“iniziativa diplomatica” misteriosa. E’ facile immaginare che quest’“iniziativa” si sia conclusa con uno scambio: la liberazione dei sequestrati in cambio della prosecuzione da parte turca di favori di varia natura allo Stato Islamico. Oltre alla libertà di transito dei miliziani dello stato islamico in territorio turco, rammento, si tratta di informazioni da parte dell’intelligence turca, dell’ospedalizzazione dei feriti e, cosa a cui nessuno in Occidente accenna, dell’acquisto da parte turca del petrolio tratto dai pozzi, in Siria e in Iraq, sotto controllo dello Stato Islamico, che gli reca una paccata di milioni di dollari alla settimana. D’altra parte, se si prende in mano una carta geografica e ci si chiede dove potrebbe mai finire acquistato questo petrolio, è facile constatare che ciò può avvenire solo in Turchia. La domanda è più che lecita: davvero un’eventuale intervento turco sul terreno affronterà fino in fondo lo Stato Islamico? A questo dubbio può tuttavia essere opposta questa constatazione: il governo canaglia turco attuale è di un’inaffidabilità totale, non c’è impegno, come si è visto nei rapporti con i curdi di Turchia, che esso, se gli conviene, si proponga di rispettare.
La guerra sarà lunga, dicono gli Stati Uniti. Infinita, se ci si aggiunge l’attività del governo canaglia della destra israeliana di colonizzazione dei territori palestinesi, un altro cancro a trasformare in farsa le motivazioni occidentali di civiltà, nella guerra allo Stato Islamico, agli occhi delle popolazioni islamiche del pianeta, e del Medio Oriente in primo luogo.