Riportiamo integralmente l’intervista rilasciata da Niki Vendola alla giornalista Daniela Preziosi del quotidiano Il Manifesto
Annus horribilis il 2013, per la sinistra che aveva puntato sull’alleanza di centrosinistra e scelto il nome parecchio impegnativo Italia bene comune. E’ stato l’anno della ’non vittoria elettorale, della rottura della coalizione, delle larghe intese; e poi, per Sel, l’anno delle tormentate vicende giudiziarie del leader Nichi Vendola. Il 2014 si apre per Sel con il congresso – dal 24 al 26 gennaio a Riccione – che è una scommessa fra sopravvivenza e ripartenza.
Un congresso un pò clandestino, il vostro. Perchè?
Abbiamo l’esigenza di una discussione interna, di una verifica sulla capacità dei gruppi dirigenti di far mettere radici a una proposta che non sia un mantra autoconsolatorio. Clandestino? Perchè è meno attento alla ribalta mediatica. Per Sel è stato un anno duro. Siamo entrati in una campagna elettorale con l’illusione di aver rimesso in pista una sinistra di governo in discontinuità dal riformismo anemico che genera capitomboli politici ed elettorali non solo in Italia.
La missione è riuscita?
No, è fallita. Gli strateghi della tattica del vecchio gruppo dirigente Pd, in una versione sempre più miniaturizzata e politicista del togliattismo, hanno prodotto uno svuotamento di qualunque idea di alternativa di Italia bene comune. Siamo rimasti prigionieri di quella continuitàper cui il centrosinistra per vincere doveva cooptare tesi di centrodestra. In un’Italia sfiancata dalla crisi la cosa più incredibile è stata l’inseguimento di Mario Monti, il simbolo stesso di una stagione che nel nome del rigore ha prodotto ferite al welfare e impoverimento del ceto medio. C’è sempre un Mastella, o un Fini o un Monti che rade al suolo la speranza dell’alternativa.
Ma un “Mastella” è strutturale nel centrosinistra che conosciamo in Italia. E i montiani non sono giài migliori alleati di Renzi?
Andiamo con ordine. Lo schianto di quella ipotesi per noi è stato un fatto traumatico. Ci siamo trovati all’opposizione, con il Pd al governo con i berlusconiani e poi i diversamente berlusconiani. Mentre fin li’ avevamo messo in cantiere il campo della sinistra del nuovo secolo. Il rischio era tornare alla casella di partenza, nel tepore dei ripari ideologici. Ma oggi si è esaurita la spinta propulsiva di quel riformismo che in ogni parte del mondo ha fomentato gli animali spiriti della rivoluzione liberista. Quel riformismo che balbetta sulla pace o si immerge nell’acqua sporca di un certo militarismo; sterilizza la conversione ecologica in un’idea emendativa del modello di sviluppo; che finge di non sapere che le grandi lobby riducono lo spazio della sovranita’. Il congresso di Sel deve servirci per non rinunciare alla prospettiva di un radicalismo di governo, o di un riformismo antiliberista. Che rifiuti il realismo della resa e l’utopismo delle declamazioni. Non dobbiamo spettacolarizzare una leadership, ci serve un passo lento per riflettere sulla nostra missione e ascoltare la nostra comunità.
Lei ha aperto un dialogo con Renzi. Nel 2014 nascerà un nuovo centrosinistra?
Non si può che ripartire dal dialogo, ma siamo appena all’inizio. Spero che alle amministrative si confermi l’alleanza delle forze di progresso.
A Firenze, per esempio, l’alleanza ci sarà?
Dobbiamo lavorare perchè la coalizione sia un programma di difesa di beni comuni e diritti cittàper citta’. Propongo a tutti, anche al mio partito, una discussione libera ma capace di spostare l’asse programmatico. Ma è una partita aperta. Siamo stimati fra il 3 e il 5 per cento. Ma quando ha vinto Pisapia a Milano non eravamo molto più forti. E tutte le partite le abbiamo giocate non per un voto in più a Sel ma perchè il centrosinistra diventasse una proposta credibile e vincente. Dobbiamo fare ancora oggi così.
Renzi è un segretario forte ma anche un pò un simbolo della rottamazione della storia della sinistra. Sulla strada che porta a questo Pd Sel non rischia lo scapicollo?
Sel lavora a un campo largo di partiti, movimenti, individui, storie che faccia i conti fino in fondo con il fatto che l’impoverimento sociale ed economico arma le pulsioni reazionarie e autoritarie. E non è il collo di Sel o di Vendola a rischiare, ma un progetto di Europa a rompersi, se le sinistre non tornano ad avere un’idea palpabile di miglioramento delle condizioni di tutti.
Anche il leader Fiom Maurizio Landini apre una linea di dialogo con Renzi sul tema del lavoro.
È un buon esempio anche per noi. Landini parte da un punto di riferimento preciso, la difesa degli interessi di chi lavorando o no è minacciato dalla precarieta’. E, anzichè fare l’analisi del sangue del suo interlocutore, ne prende sul serio la parte più innovativa e lo sfida. Cosi’ dovremo fare anche noi.
Crede che Renzi faràsaltare il governo Letta?
Sarebbe un atto benefico per l’Italia, e anche per il Pd. Non ho bisogno di aggiungere alle sue critiche le mie, basta sottolineare che nella distanza fra l’ibrido inguardabile del governo Letta e l’opinione pubblica trovano spazio avventurieri di ogni risma. La contraddizione del governo Letta è che possa ritenere migliorata una situazione di un paese in cui tuttavia cresce la povertàe la disoccupazione. Quel tuttavia per me è una condanna senza appello di chi non capisce.
Alle europee sosterrete il socialista Schulz?
Alle europee dobbiamo presidiare lo spazio politico che va da Martin Schulz ad Alexis Tsipras (Syriza, Gue, ndr). Vogliamo lavorare perchè le famiglie europee si incontrino e rimescolino. Nell’universo della sinistra socialista europea che pratica le larghe intese ed è subordinata ai diktat della teocrazia finanziaria, Martin è invece la punta di diamante di un pensiero autonomo. Per noi il socialismo europeo non è un approdo ideologico ma il luogo più importante della ricostruzione della sinistra e dell’Europa. Tsipras invece ha il fascino del più coerente critico nei confronti del sadismo della tecnocrazia europea, ma sempre ha cercato di emanciparsi dal minoritarismo e dall’estremismo. Tra questi due personaggi c’è uno spazio politico su cui occorre lavorare.
Crede che l’inchiesta tarantina sul caso Ilva abbia intaccato, logorato, il suo ruolo in Sel?
La domanda presuppone un interesse personale nello svolgere un ruolo in questo mio piccolo partito. Che invece non c’è. Casomai può preoccuparmi l’eventuale lesione dell’immagine di Sel. Ho apprezzato molto la solidarietàdel mio mondo, e non solo del mio, su una vicenda che è una gigantesca ingiustizia nei confronti della mia persona, e passi, ma rischia di esserlo anche per la storia collettiva di chi per la prima volta ha rotto il muro di omertà che circondava l’acciaieria, una sfida portata al cuore del capitalismo industriale rompendo la trama della sua irresponsabilità ambientale e sociale. Non merito quest’indagine, ma rispondo, come ho sempre fatto, con la coscienza di chi ha operato per il bene senza mai deviare dal rispetto delle leggi.
Nelle europee vi giocate una partita importante. La vita, la presenza di Sel è al sicuro dalle intemperie elettorali?
Nessuno di noi lo è mai. Il lavoro che stiamo facendo in parlamento è straordinario. È importante fare opposizione e divulgare competenze senza nessuna indulgenza nei confronti degli urlatori. Ma è un lavoro importante a condizione che abbia sempre un legame forte da ciò che accade fuori dal palazzo. La politica che si rinchiude nelle istituzioni è un Aventino al contrario.