Il voto all’estero: un errore? Luoghi comuni ed esclusioni vere
Articolo in 5 puntate – 1.Puntata
Con l’avvicinarsi delle elezioni politiche tornano puntualmente nei media italiani i simpatici siparietti sui candidati nella circoscrizione estero, dei quali vengono immancabilmente sottolineati il profilo inadeguato, cialtrone e macchiettistico o il bieco opportunismo, quando non la prossimità a interessi torbidi o inconfessabili. Il sottinteso, esplicitato in articoli più argomentativi, è che il voto all’estero sia fondamentalmente sbagliato, nel merito come nel metodo.
Noi viviamo all’estero, siamo impegnati da italiani in attività politiche e sociali nei nostri Paesi di residenza, e siamo fieri dei candidati che abbiamo espresso e che stiamo sostenendo. Sarebbe giusto che la stampa si occupasse di altre figure e di altre esperienze oltre che del transfuga, del pagliaccio o del signore dei voti (tipi peraltro ben rappresentati anche in patria). Siamo naturalmente consapevoli che la legge attuale possa e debba essere migliorata, tuttavia si stanno affastellando sul voto all’estero una serie di luoghi comuni che sono pericolosamente regressivi e che non aiutano a migliorare la qualità della cittadinanza né all’estero né in Italia.