da www.globalis.it Silvio Berlusconi è disposto a concedere a Pierluigi Bersani il “beneficio del dubbio”. È un Berlusconi possibilista quello che a sera commenta l’incarico al segretario democratico. Fino a spingersi a dire: “Molti degli otto punti del Pd sono sovrapponibili ai nostri”. Nessun no preventivo e pregiudiziale, quindi, a patto che non ci sia alcun veto sul Pdl, nessun ostracismo nei confronti del Cavaliere e del suo partito. Anche perché, viene spiegato, il mandato conferitogli da Napolitano parla chiaro: deve avere i numeri in Parlamento e, è il ragionamento svolto dall’ex premier riunito a Grazioli con i vertici pidiellini, senza i nostri voti Bersani non va da nessuna parte. Per il Cavaliere i giochi si stanno riaprendo. “È difficile dar torto a Berlusconi quando dice, deve parlare con noi”. Lo ha detto Matteo Renzi, sindaco di Firenze, intervistato da Rtv38. “Se Bersani vuole la maggioranza deve fare l’accordo con Grillo o con Berlusconi. Deciderà Bersani come fare. In Parlamento ci sono tre minoranze. È evidente che due delle minoranze si devono mettere insieme”. La conditio sine qua non per qualsiasi appoggio – diretto, esterno, dato a metà, un semplice non ostacolare la nascita dell’esecutivo targato Pd, le ipotesi sono tutte allo studio – al progetto bersaniano risiede sempre nella richiesta di garanzie certe sul prossimo inquilino del Colle. E contatti tra via dell’Umiltà e Largo del Nazareno sarebbero, garantiscono fonti pidielline, già in corso da diverse ore su una rosa di nomi che prevederebbe anche quelli di Amato e Onida. Nel partito berlusconiano si ravvisano spiragli: il Pd non ha interesse a tagliarci fuori – si ragiona – e sarà disponibile a trovare l’intesa sul successore di Napolitano. Certo, per l’ex premier al momento il miglior successore di Napolitano sarebbe Napolitano stesso, tanto più dopo le parole di oggi nel conferire l’incarico a Bersani e nelle condizioni stringenti poste al segretario del Pd. Un modo, viene spiegato, per inchiodare Bersani alle sue responsabilità: o cerchi l’accordo del Pdl o comunque la non belligeranza del Pdl o non arrivi nemmeno in aula a chiedere i voti. Ed è su questo, seppure il Cavaliere e il Pdl riconoscano che la via è stretta, che si confida. Bersani dovrà capitolare, è il refrain. Ed infatti, tutti i primi commenti dei pidiellini sono sulla stessa falsariga: governo con il Pdl o niente. Lo ribadisce a chiare lettere lo stesso Berlusconi al Tg5: “La Costituzione impone un percorso molto stretto: se il segretario del Pd non avesse i numeri necessari per la fiducia il governo non potrebbe nascere. È chiaro che senza un coinvolgimento della nostra parte politica non gli sara’ possibile creare una maggioranza e dovrà quindi tornare dal Capo dello Stato ammettendo di non essere riuscito nel proprio intento”. Per poi lanciare un vero e proprio avvertimento al leader del Nazareno: “Sarebbe un danno grave per l’Italia se Bersani insistesse su una strada sbagliata, non avremmo un governo ma un salto nel buio”. Insomma, il segretario del Pd deve capire che “dalle elezioni sono uscite tre forze di pari entità e che una di queste si è sfilata rifiutando di dare un qualsiasi sostegno a un governo non guidato da lei. E’ evidente che la responsabilità di governo incombe sulle due maggiori forze politiche del Paese”. Il messaggio è chiaro: se il leader democratico vuole andare a sbattere si accomodi, è la linea, noi invece siamo i responsabili; ma se dovesse fallire il suo tentativo – cosa che per l’ex premier avverrà di certo se terrà fuori dalla partita il Pdl – non c’è altra strada se non il voto. Tirando le prime somme, per Berlusconi il banco di prova sarà il 15 aprile: possiamo pure aprire uno spiraglio a Bersani e lasciarlo partire, è il ragionamento sugli scenari eventuali, ma se non ci sarà un atteggiamento conseguente sull’inquilino del Colle allora non potrà più contare su di noi. Nel Pdl aleggia tuttavia qualche timore sulla tenuta della Lega, sfavorevole a un ritorno alle urne e data come possibile preda delle sirene democratiche. Cicchitto assicura: stessa linea, nessun distinguo. E Maroni si affretta a fugare i dubbi, garantendo: decideremo il da farsi di comune accordo. Ora le prossime mosse, ha spiegato ai suoi il Cavaliere, stanno a Bersani, vedremo come intende muoversi. Intanto, arriva dall’ex premier la conferma della scelta di abbassare i toni e derubricare la manifestazione di domani a una iniziativa “per un’Italia nuova”. Il tema della giustizia resta, ma come spiega lo stesso cavaliere, il pdl chiede “un’Italia dove non sia più consentito ai magistrati ideologizzati e politicizzati di giudicare gli eletti dal popolo considerati da loro dei nemici politici”. Dunque, Berlusconi sceglie il low profile, nessun riferimento si suoi guai giudiziari, nemmeno un accenno all’obiettivo di eliminarlo dalla scena.