di Angelo Gerosa. Il Kossovo storicamente fù sempre territorio serbo ma, con il passare del tempo, la popolazione di lingua albanese divenne maggioritaria.
Quando nel 2001 vi si scatenò la guerra civile l’occidente non ebbe ne dubbi ne scrupoli: intervenne militarmente.
Anche a costo di bombardare la popolazione civile della Serbia.
Anche a costo di chiudere gli occhi sulla pulizia etnica a danno della minoranza serba.
Anche a costo di accettare una politica di prevaricazione all’interno della stessa popolazione albanese kossovara in cui la componente pacifista capeggiata da Ibrahim Rugova venne emarginata e perseguitata dall’UCK.
Ora a chiedere l’indipendenza è la Crimea, un territorio di circa 2 milioni di abitanti (poco più del Kossovo) di popolazione e storia russa, ceduta nel 1954 all’Ucraina al solo scopo di rendere più compatto l’ex impero sovietico.
La Crimea chiede l’indipendenza senza aver avviato attacchi militari e senza predicare pulizia etnica.
Chiede l’indipendenza dopo che in Ucraina si è imposto un movimento di piazza che ha deposto il governo democraticamente eletto ed ha avviato attacchi armati alle sedi dei partiti avversari ed alle abitazioni degli esponenti delle minoranze etniche e religiose (ebrei in primis).
Come è facilmente comprensibile la popolazione della Crimea ha ottenuto l’appoggio della “madre patria” russa.
Meno comprensibile il fatto che l’occidente abbia perso la memoria della vicenda kossovara e più in generale del sacrosanto diritto di autodeterminazione dei popoli.
Naturalmente l’Unione Europea non sta perdendo l’occasione per recitare il copione predisposto dagli Stati Uniti e naturalmente anche in Italia non mancano gli esagitati che chiedono l’intervento dell’occidente, con in testa il partito della, fortunatamente ex ministra degli esteri, Emma Bonino.