Giulio Cavalli – 29 LUGLIO 2019 – Left
Ora considerate se questo è un ministro. O anche, più banalmente, se questo è un uomo, un uomo che possa avere il senso dello Stato, delle istituzioni e della giustizia. Considerate se questo non sia semplicemente il portavoce dei biliosi che ostiano nei cessi e nei bar con la supponenza di credere che il loro buonsenso debba essere regola comune, uno di quelli che considera le pulsioni un diritto e che giudica i diritti degli altri un semplice ostacolo burocratico alla giustizia.
Il ministro Salvini rilancia la morte di un carabiniere per mano di due immigrati, rilancia la notizia di due probabili magrebini. A lui, del resto, interessa il colore della pelle, il fatto che possano essere associati ai barconi. A Salvini non interessa la vittima: lui annusa i carnefici perché potrebbero tornargli utili per qualche voto in più.
Il ministro Salvini chiede i lavori forzati. I lavori forzati da noi non esistono. In realtà non esistono più in tutti i Paesi civili: invocarli è incivile ma è un’ottima frase per scendere negli inferi a leccare gli sfinteri dei propri elettori. Che un ministro che non abbia mai lavorato in vita sua invochi i lavori forzati, poi, è una barzelletta che farebbe volare via già così.
Si scopre che l’autore dell’assassinio è un nordamericano. Si invoca la pena di morte. Il ministro Salvini la lascia aleggiare tra le sue parole sempre gonfie d’odio. Lui non odia: lui ha bisogno di instillare odio per annebbiare le menti e riuscire a parlare alle pance. Più su della pancia non sa andare. Per questo instilla odio dalla spiaggia (perché ha da riposarsi, poveretto)… per continuare a leggere cliccare: https://left.it/2019/07/29/il-ministro-alla-cecita/