“Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 201/2011, le pensioni i cui importi complessivamente superino 90mila euro lordi annui, sono assoggettate ad un contributo di perequazione per fasce di reddito. Tra i 90mila ed i 150mila euro era fissata al 5%, tra i 150mila ed i 200mila euro saliva al 10%, oltre i 200mila euro era pari al 15%. La Consulta ha giudicato questa norma in contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione, rispettivamente sul principio di uguaglianza e sul sistema tributario”
A me pare che l’art. 3 (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”) in questo caso c’entri niente e che l’art. 53 (“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”) non sia in contrasto, anzi.
Forse (senza volere essere offensivo) il principio ispiratore è però stato un altro: “In Italia, per molti che stanno meglio degli altri, è giusto piova sul bagnato” (la restituzione dei tanti quattrini che spetterà – con gli interessi – a questi poveri pensionati d’oro).
In effetti però non sarebbe giusto far pagare solo ai pensionati (sia pure d’oro). Si allarghi dunque il prelievo a tutta la platea dei cittadini oltre un certo reddito.
E, in un’Italia in cui il 10% delle famiglie possiede il 50% delle ricchezze, una sana e robusta patrimoniale!
Lorenzo Pozzati, Milano
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