La Pastasciutta Antifascista è nata da un idea di Aldo Cervi, il terzogenito, che propose a “Papà Alcide di offrire una pastasciutta a tutto il paese” dopo la caduta del duce. Alcide accettò e da lì nacque la Pastasciutta Antifascista
RESISTENZA – Collettiva.it
ILARIA ROMEO25/07/2021 – 08:05
La notizia dell’arresto di Benito Mussolini e della formazione del governo Badoglio il 25 luglio 1943 viene accolta in tutt’Italia con manifestazioni di giubilo. Il Paese scende in piazza divellendo i simboli del vecchio regime ed inneggiando alla democrazia e alla pace. Il giorno successivo all’arresto da Casa Cervi parte uno degli eventi spontanei più originali
Il più bel funerale del fascismo si celebra con una grande pastasciutta offerta a tutto il paese distribuita in piazza a Campegine dalla famiglia Cervi per festeggiare.
A raccontare quella prima pasta antifascista condita con burro e formaggio è papà Alcide Cervi: “Il 25 luglio eravamo sui campi e non avevamo sentito la radio. Vengono degli amici e ci dicono che il fascismo è caduto, che Mussolini è in galera. È festa per tutti”, scrive papà Cervi. È Aldo, il terzogenito, che gli fa la proposta. “Papà – gli dice – offriamo una pastasciutta a tutto il paese”. Alcide accetta. “Facciamo vari quintali di pastasciutta insieme alle altre famiglie. Le donne si mobilitano nelle case intorno alle caldaie, c’è un grande assaggiare la cottura, e il bollore suonava come una sinfonia. Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fascismo ma la più bella parlata è stata quella della pastasciutta in bollore. Guardavo i miei ragazzi che saltavano e baciavano le putele e dicevo: – Beati loro, sono giovani e vivranno in democrazia, vedranno lo Stato del popolo. Io sono vecchio e per me questa è l’ultima domenica”.
Saranno invece i suoi sette ragazzi a perdere la vita cinque mesi più tardi forse a anche anche a causa di quella pastasciutta più potente di qualsiasi manifesto politico.
La mattina del 28 dicembre i sette fratelli vengono condotti al Poligono di tiro di Reggio Emilia e fucilati. Il papà Alcide, loro compagno di cella fino a quel 28 dicembre 1943, rimarrà prigioniero fino al gennaio dell’anno seguente, quando il carcere verrà bombardato dagli alleati. Tornato a casa, rimarrà ignaro di quello che era accaduto ai suoi figli per tutti i giorni della sua convalescenza.
Dirà il giorno dei funerali – che si svolgeranno il 25 ottobre del 1945, quasi due anni dopo la loro morte – “Dopo un raccolto ne viene un altro, bisogna andare avanti (…) I miei figli hanno sempre saputo che c’era da morire per quello che facevano e l’hanno continuato a fare, come anche il sole fa l’arco suo e non si ferma davanti alla notte. Così lo sapevano i tanti partigiani morti, e non si sono fermati davanti alla morte. E ora essi sono con noi in questa terra di Emilia dove le viti si abbracciano alle tombe, dove un lume e un marmo è la semente di ogni campo, la luce di ogni strada”.
Per il suo impegno partigiano e per quello dei suoi figli a papà Alcide sarà consegnata la medaglia d’oro realizzata dallo scultore Marino Mazzacurati, che da un lato reca l’effigie di Alcide e dall’altro un tronco di quercia tra i cui rami spezzati brillano le sette stelle dell’Orsa.
“Mi hanno sempre detto – dirà nell’occasione della consegna – ‘Tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta’. La figura è bella e qualche volta piango. Ma guardate il seme, perché la quercia morirà, e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l’ideale nella testa dell’uomo”.
Papà Cervi morirà nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1970 all’ospedale di San Ilario, in provincia di Reggio Emilia.
Le sue esequie a Reggio Emilia saranno un evento nazionale. Oltre 200.000 persone affolleranno le strade e la piazza dell’ultimo saluto. Gli rendono omaggio tutte le grandi personalità della politica e delle istituzioni legate alla storia antifascista, ma anche tanta, tantissima gente comune. Ferruccio Parri lo onorerà con una toccante orazione funebre.
“Alcide – scrive Mirco Zanoni – aveva cessato di essere solo Alcide nel 1945, quando era arrivato papà Cervi. Forse nessuno gli ha mai chiesto che ne pensasse di questo cambio d’anagrafe pubblico. Ma lo viveva con la stessa dignità e…per continuare a leggere cliccare: