I fantasmi dell’Europa
Una strage di donne
Migranti. Ennesima tragedia nel Mediterraneo. Un barcone affonda a 20 miglia dalle coste libiche, dieci le vittime, tutte donne. Ad Augusta i resti del peschereccio affondato ad aprile del 2015
Un mare senza pace. Proprio mentre il peschereccio naufragato il 18 aprile del 2015 entrava nel porto di Augusta con la stiva piena di cadaveri, un altro naufragio è avvenuto a 20 miglia dalla Libia provocando la morte di dieci donne. Duecento, forse 300. Non si sa ancora quanti siano i corpi incastrati nella stiva del relitto del peschereccio recuperato a 370 metri di profondità dalla Marina militare, […]
Un mare senza pace. Proprio mentre il peschereccio naufragato il 18 aprile del 2015 entrava nel porto di Augusta con la stiva piena di cadaveri, un altro naufragio è avvenuto a 20 miglia dalla Libia provocando la morte di dieci donne.
Duecento, forse 300. Non si sa ancora quanti siano i corpi incastrati nella stiva del relitto del peschereccio recuperato a 370 metri di profondità dalla Marina militare, a 40 miglia dalla Libia e a 100 dalle coste della Sicilia.
Quel che resta del barcone, naufragato il 18 aprile dell’anno scorso per quella che è stata definita la più grande tragedia nel Mediterraneo di tutti i tempi ma che sembra non aver insegnato nulla ai potenti dell’Ue, è stato trasportato ad Augusta. Nel molo è stata costruita una tensostruttura refrigerata. Una sorta di mega cella frigorifera lunga 30 metri, larga 20 e alta 10 realizzata per contenere il peschereccio.
Un posto di morte e dolore. Qui inizieranno le operazioni di recupero delle salme. I pompieri si occuperanno di estrarre i cadaveri, un equipe di medici, coordinata dalla professoressa Cristina Cattaneo della sezione di medicina legale dell’università di Milano, con la collaborazione degli atenei di Catania, Messina e Palermo e dei medici della polizia, farà poi i rilievi sui corpi. Un salto all’inferno, una mesta conta di cadaveri: bambini, donne e uomini senza volto, senza nome. Con i corpi martoriati, dilaniati dai pesci e dal mare, rimasti più di un anno negli abissi. Morti intrappolati nella stiva perché i trafficanti sigillarono i portelloni per impedirne l’uscita mentre il barcone, col suo carico di 700 disperati, come raccontarono i 28 superstiti, affondava. Se da quella maledetta stiva saranno estratti 300 corpi, come stima la Marina, significa che altre 200 persone sono state risucchiate dal Canale di Sicilia, ormai diventato il cimitero più grande del pianeta. I superstiti della grande strage furono 28, soccorsi dalla nave portoghese King Jacob, con a bordo marinai filippini che non appena giunsero nel porto di Palermo chiesero l’aiuto di un prete e di una squadra di psicologi per lo sotto shock subito dalla terribile esperienza.
Fonte Il Manifesto
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