Il linguaggio che diventa metafora ‘bellica’ Guerra e pandemia, differenze e similitudini. Intervista ad Alberto Negri
Il linguaggio ‘bellico’ usato in questi giorni da politici e informatori è corretto per descrivere l’emergenza pandemica?
di Antonella Alba 01 aprile 2020
Ieri un articolo della rivista Internazionale poneva un interrogativo importante in merito all’utilizzo della ‘metafora della guerra’ nell’ambito della comunicazione politica e dell’informazione ai tempi del coronavirus. In molti, anche tra noi giornalisti, abbiamo trovato l’utilizzo della parola ‘guerra’ appropriato a quest’emergenza pandemica, tuttavia è un’esperienza che resta senza precedenti per tutti e soprattutto per i destinatari finali, cioè i lettori. Si parla di trincea negli ospedali, di munizioni insufficienti, di fronte del virus, di economia di guerra…
Abbiamo chiesto ad Alberto Negri, giornalista – inviato di guerra – che ne pensa dell’uso della terminologia o delle formule linguistiche ‘belliche’ in queste giornate. Questo linguaggio è realistico? Siamo in guerra o no, secondo lei? Ai nostri padri è stato chiesto di andare al fronte, a noi di restare seduti sul divano. E’ cosa ben diversa. Il linguaggio bellico non rispecchia la realtà materiale politica e sociale che stiamo vivendo. Intorno a noi ci sono guerre vere che non finiscono o non sono finite con la pandemia come in Siria, in Libia, in Yemen, e mentre si usa un linguaggio bellico si continuano ad aumentare gli arsenali della Nato. – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Guerra-e-Pandemia-differenze-e-similitudini-intervista-ad-Alberto-Negri-5e33f403-7e3a-4cb8-b0dd-05adb8638667.html