Guerra all’ISI e autoreti USA

Questo articolo di Luigi Vinci analizza la situazione medio-orientale, le forze che fronteggiano gli estremisti islamici dell’ISI, l’importanza del ruolo dei curdi (PKK per la Turchia, PYD per la Siria, PJAK per l’Iran e PESHMERGA per l’Irak). L’articolo aiuta a comprendere chi sono veramente i curdi ed a far cadere le menzogne dietro le quali Turchia, Stati Unita ed Europa hanno continuato a perseguitare questo popolo. Ricordo che personalmente ho seguito il rifacimento del processo a Leyla Zana (imposto dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo). Leyla Zana ha fatto 10 anni di carcere in Turchia perché accusata di far parte del PKK (partito kurdo dei lavoratori) che su richiesta della Turchia è considerata una organizzazione terroristica anche dagli USA e dall’Europa; quel PKK che oggi è in prima linea per fermare l’ISI mentre la Turchia si è rifiutata di entrare nell’alleanza proposta dagli Stati Uniti contro lo stato islamico! Ogni tanto le maschere cadono e nonostante i media non si sforzino molto per aiutarci a comprendere, la realtà sta emergendo lo stesso.
Buona lettura
Silvana Barbieri

Guerra in Medio Oriente e autoreti occidentali una via l’altra

C’è qualcosa di palesemente ingrippato nei cervelli di chi fa politica di governo nelle realtà occidentali, che vi annebbia o deforma i riferimenti alla realtà. E’ un problema che andrebbe attentamente analizzato, e che se non verrà superato (ma non si riesce a vedere come) vivremo solo l’approfondimento dei già enormi guai che l’Occidente attraversano. C’è qui probabilmente il segno di una crisi non solo economica ma divenuta sistemica e alla cui base sta anche la perdita di controllo e di egemonia su un resto del mondo diventato, nelle sue diverse realtà, più forte, autonomo, complicato. C’è probabilmente una crisi delle capacità di governo dentro alle principali formazioni politiche occidentali, dagli Stati Uniti a molti paesi europei a, ovviamente, il baraccone insensato dell’Unione Europea, e che ha tra le sue cause il fatto che la selezione dei quadri e dei leader politici è saltata e troviamo ormai a governare un’impressionante quantità di sprovveduti, di megalomani e di imbecilli addetti a sollevare massi e a farseli subito dopo cadere sugli alluci loro e nostri. Proviamo a guardare spassionatamente ai vari problemi che attualmente l’Occidente, quindi l’Italia, travagliano, e sarà difficile trarre una diversa conclusione.
Proviamo, per esempio, a occuparci di quella specie di terza guerra mondiale a bassa intensità che è cominciata nell’Oriente mediterraneo e in Medio Oriente. Si potrebbe parlare invece della crisi ucraina, ma la rinviamo. Partiamo da un piccolo fatto a cui i media hanno dedicato qualche riga saltuaria: la Procura di Milano ha aperto un’indagine per “terrorismo internazionale” nei confronti di una quarantina di curdi residenti in Italia perché avrebbero raccolto fondi a sostegno di “azioni violente” del PKK in Turchia. Indubbiamente qualche zelante figura di inquirente avrà avuto segnalazione di una raccolta di fondi da parte di curdi (i curdi in Europa sono sotto controllo da parte di tutti gli organismi di indagine e di intelligence nostrani e non nostrani possibili e immaginabili), e ne ha tratto di suo o gli è stato ordinato di affermare che quei fondi potrebbero andare nella suddetta direzione. Peccato solo che, primo, i curdi si guardino bene in Europa dal raccogliere fondi per il PKK, ma li raccolgano per loro associazioni legali ed esterne alle liste occidentali delle “organizzazioni terroristiche”, secondo, il PKK abbia da un certo tempo sospeso in via definitiva ogni attività propria militare in Turchia, terzo, i suoi miliziani e quelli delle organizzazioni curde di altri paesi (Siria, Iran e anche Iraq) collegate al PKK stiano combattendo o si stiano spostando in tutto il Medio Oriente per andare a combattere contro lo Stato Islamico, con il beneplacito della stessa Turchia, degli stessi Stati Uniti e della NATO, e che ciò avvenga in un quadro di fatto che attualmente, a parte qualche cosetta minore realizzata dalle milizie sciite irachene e delle azioni dei Pasdaran iraniani a supporto di queste milizie, vede la quasi totalità della guerra sul terreno contro lo Stato Islamico essere attivata da parte curda. Va naturalmente da sé che il PKK continua però a essere dentro alle liste occidentali delle “organizzazioni terroristiche”, per volontà primaria degli Stati Uniti e su richiesta insistita della Turchia.

Giova sottolineare questo fatto che la guerra di un Occidente terrorizzato dall’improvvisa entrata in campo dello Stato Islamico e dalla ferocia delle azioni genocidarie o terroristiche di quest’entità sia oggi tutta affidata alle milizie curde, e che di ciò non si veda correzione. L’Occidente dà armi (a oggi, non molte, soprattutto non dà quelle di tipo più sofisticato, quali quelle USA dello Stato Islamico, recuperate a suo tempo all’esercito iracheno in fuga), ma non intende impegnarsi sul terreno, cioè nella sede fondamentale di ogni guerra; e lo stesso vale, con la copertura della chiacchiera mediatica, per quel cosiddetto formidabile schieramento di 40 e passa stati messo in piedi dagli Stati Uniti, comprensivo dell’insieme degli stati della penisola arabica, e tra i quali non c’è la Turchia, cioè il secondo paese della NATO, subito dopo gli Stati Uniti, per forza militare e capacità di combattimento.
Fosse solo questo! Nel carnaio siriano gli interventi occidentali a supporto a suo tempo di una rivolta popolare e militare intenzionata a togliere di mezzi un potere autoritario e cleptocratico appoggiato alla minoranza sciita (alauita) locale hanno finito, in parte involontariamente (Stati Uniti, stati europei), in parte volutamente (Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrein), con l’armare sempre più potentemente e modernamente una miriade di organizzazioni fondamentaliste radicali sunnite (oltre 60). Dapprima in competizione tra loro e alleate all’insorgenza democratica, esse hanno realizzato una loro progressiva centralizzazione su Al Nusra, filiale siro-libanese di Al Qaeda, poi col togliere di mezzo, militarmente o per assorbimento, il grosso dell’insorgenza democratica, poi con la fondazione da una costola di Al Nusra-Al Qaeda dello Stato Islamico, infine con l’alleanza oggi in corso d’opera tra quest’ultimo e Al Nusra-Al Qaeda: il tutto non solo davanti al naso di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, NATO, ecc., ma con l’appoggio, almeno fino alla nascita dello Stato Islamico, di Turchia, Arabia Saudita, Qatar, ecc. La Turchia in particolare ha, fino a tempi recentissimi, cooperato militarmente con Al Nusra in chiave anticurda, fornendo armi, informazioni e possibilità di entrare e di spostarsi in territorio turco, nel tentativo (fallito) di impedire che nel nord e nel nord-est della Siria si costituisse uno stato curdo (si chiama Rojava) di fatto analogo allo stato curdo nel nord dell’Iraq, ma per di più caratterizzato dall’“aggravante” di un suo governo nelle mani del PYD, organizzazione strettamente legata al PKK. Tra i delitti di questo comportamento turco giova anche rammentare la chiusura fino a pochi giorni fa della frontiera turca ai profughi provenienti dalle aree curde siriane, molti dei cui villaggi sono stati oggetto di massacri da parte di Al Nusra e poi anche dello Stato Islamico.
Qualche accenno al ruolo specifico nella guerra contro lo Stato Islamico condotta specificamente dal PKK e dall’organizzazione siriana a esso collegata può aiutare essa a capire meglio il quadro effettivo. L’improvviso attacco dello Stato Islamico allo stato curdo di fatto nel nord dell’Iraq è avvenuto tentando inizialmente di travolgere la città di Makhmur, abitata principalmente da profughi curdi dalla Turchia organizzati dal PKK, per poi giungere ad attaccare la capitale curda Erbil. Lo scontro ha visto inizialmente prevalere lo Stato Islamico, anche perché l’armamento delle milizie curde-irachene è vecchio; poi Makhmur è stata riconquistata congiuntamente dalle milizie curdo-irachene e da quelle del PKK, rafforzate queste ultime dall’arrivo di propri miliziani dalla Turchia, da quei monti Qandil, sul confine tra Curdistan iracheno e Iran, dove è da tempo acquartierato il grosso delle milizie del PKK, infine dall’arrivo di miliziani del PJAK iraniano, cioè dell’organizzazione curda, legata essa pure al PKK, operante nella parte occidentale curda dell’Iran. La situazione degli yazidi, fuggiti sui monti Sinjar dal tentativo genocidario dello Stato Islamico, si è risolta quando i bombardamenti statunitensi hanno consentito una linea di fuga verso il Curdistan siriano tenuto dal PYD: il quale però parallelamente aveva dovuto eliminare la presenza dello Stato Islamico sul terreno separante il Curdistan siriano dai monti Sinjar. In questo momento centinaia e forse migliaia di ragazze e ragazzi curdo-turche e curdo-iraniani sono in corso di arruolamento e di invio ai fronti di guerra da parte di PKK e PJAK nel nord della Siria e e dell’Iraq. Questi arrivi nel nord della Siria stanno consentendo di recuperare villaggi recentemente occupati da un’improvvisa offensiva dello Stato Islamico. La città curdo-siriana di Kobane rimane tuttavia sotto assedio. Si tratta dunque di un contributo alla guerra contro lo Stato Islamico da parte della componente rivoluzionaria curda tutt’altro che secondario.

Tra le acrobazie e le insensatezze della politica occidentale, e del loro comando statunitense, nella guerra allo Stato Islamico è senz’altro il caso di aggiungere il comportamento nei confronti dell’Iran: l’unico stato effettivamente impegnato sul terreno, in appoggio al governo iracheno e alla popolazione sciita dell’Iraq. Non abbiamo mica sentito, circa una settimana fa, figure del governo statunitense dichiarare come per gli Stati Uniti continui a essere l’Iran il problema principale, ergo il pericolo principale per gli interessi occidentali (tutti democratici, va da sé) in Medio Oriente? nonostante la recente svolta politica tendenzialmente filo-occidentale del potere iraniano? nonostante le trattative in corso, che non vanno male, sul nucleare iraniano? Ma si può essere più cretini? Solo nella recentissima riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU il Segretario di Stato John Kerry ha riconosciuto l’importanza per gli Stati Uniti del ruolo assunto dall’Iran nella lotta allo Stato Islamico: alla buonora, aveva appena preso due dita negli occhi da parte dell’Egitto e dei paesi della penisola arabica “alleati”, che gli avevano dichiarato coralmente come di loro invii di truppe in Iraq non se ne parlava proprio.
Tra le acrobazie e le insensatezze della politica occidentale, in particolare del suo comando statunitense, non possiamo non registrare la prosecuzione del supporto, solo a parole oggetto di blande critiche, alla proterva politica colonialista dei governi di destra di Israele a danno della popolazione palestinese; e non possiamo non registrare il significato agli occhi delle grandi masse arabe, e più generale islamiche, dell’alleanza tra Occidente e monarchie ultrareazionarie, ladre, estremamente oppressive della penisola arabica. Occidente e Stati Uniti ritengono davvero di riuscire credibili agli occhi di queste masse come realtà democratiche interessate solo al progresso civile delle popolazioni e alla pace nel mondo, proteggendo i macellai israeliani, fornendo armi a regimi che le usano prima di tutto contro le loro popolazioni?
La guerra allo Stato Islamico, ci viene detto, sarà lunga e difficile. Non c’è da dubitarne! Né essa eviterà di riservarci altre grandi sorprese, soprattutto perché l’orientamento dell’Occidente e dei suoi “alleati” medio-orientali non consentirà di affrontare adeguatamente nessuno dei problemi in cui versano molte popolazioni, anzi può portare a ulteriormente incancrenirne molti.

Luigi Vinci. Milano, 21 settembre 2014