Grecia: ingerenze minacciose

L’ingerenza minacciosa di Bruxelles e Berlino. Uno scenario già visto

Grexit. Nel voto del 2012, le seconde elezioni politiche in poco più di un mese, ci furono una serie di interventi senza precedenti nella storia dell’Unione Europea

Que­sta ondata di cata­stro­fi­smo, la ripro­po­si­zione del fami­ge­rato «gre­xit», è un film che abbiamo già visto. Era il grido di guerra che veniva lan­ciato da Bru­xel­les e da Ber­lino nel giu­gno nel 2012, in vista delle seconde ele­zioni poli­ti­che in poco più di un mese. Le pre­ce­denti, svolte a mag­gio, non ave­vano por­tato alla for­ma­zione di una mag­gio­ranza. Nuova Demo­cra­zia era sem­pre par­tito di mag­gio­ranza rela­tiva ma con 18,8%, men­tre Syi­riza era arri­vato al 16,7%. Nel mese inter­corso tra le due ele­zioni, in un clima di duris­simo scon­tro, siamo stati testi­moni di cose asso­lu­ta­mente ine­dite nelle demo­cra­zie europee.

Era un’anticipazione di quello che sarebbe acca­duto negli anni bui del governo Sama­ras. Il fatto poli­ti­ca­mente più signi­fi­ca­tivo delle ele­zioni di mag­gio era evi­dente: i due par­titi che ave­vano gover­nato, alter­nan­dosi, fin dal 1974, sta­vano crol­lando: Nuova Demo­cra­zia aveva perso il 14,6% del suo elet­to­rato, visto che alle pre­ce­denti ele­zioni poli­ti­che, dell’ottobre del 2009, aveva otte­nuto il 33,4%. Ancora più cata­stro­fico il crollo del par­tito socia­li­sta Pasok, che nel frat­tempo aveva cam­biato lea­der: Al posto dell’ex pre­mier George Papan­dreou si era impo­sto il costi­tu­zio­na­li­sta Evan­ge­los Veni­ze­los. Il Pasok di Papan­dreou nel 2009 aveva otte­nuto il 43,8%; tre anni dopo il Pasok di Veni­ze­los riu­sciva a per­dere più del 30% del suo elet­to­rato e a ridursi al 13,1%. A que­sto crollo dei due par­titi di governo si aggiun­geva l’exploit della Sini­stra Radi­cale. Nel 2009 il par­tito di Tsi­pras aveva otte­nuto il 4,6%. Tre anni dopo, la sua per­cen­tuale aumen­tava del 12,1%. Era evi­dente che la pro­fon­dis­sima crisi eco­no­mica e la ricetta di auste­rità sta­vano pro­vo­cando un vero e pro­prio ter­re­moto politico.

Di fronte a que­sto scon­vol­gi­mento, la rea­zione dell’Europa è stata scom­po­sta. Fin dal primo momento i grandi mezzi di infor­ma­zione euro­pei hanno pun­tato il dito con­tro il peri­colo «popu­li­sta», rap­pre­sen­tato dai «nemici dell’Europa», lan­zi­che­nec­chi e bar­bari rag­grup­pati in Syriza. Il fatto che la Sini­stra Radi­cale greca fosse «anti­eu­ro­pea» — allora come oggi — era dato per scon­tato e si dif­fon­deva da un mezzo d’informazione all’altro, senza ulte­riore appro­fon­di­mento. Se qual­cuno osava far notare che, per la verità, Syriza era sem­pre stato un par­tito euro­pei­sta, veniva zit­tito con un solo argo­mento: Tsi­pras è anti­eu­ro­peo per­ché rifiuta la ricetta di poli­tica eco­no­mica che viene dall’Europa, punto e basta. Quindi l’alternativa era chiara: o Sama­ras con l’euro oppure Tsi­pras con la dracma. Biso­gnava quindi inter­ve­nire sull’elettorato greco, troppo sen­si­bile alle sirene del «popu­li­smo anti­eu­ro­peo» dei nuovi barbari.

È par­tita così una serie di inter­venti senza pre­ce­denti nella sto­ria dell’Unione Euro­pea. Ha ini­ziato l’allora pre­si­dente della Com­mis­sione Josè Manuel Bar­roso, che ha com­men­tato con que­ste parole l’esito delle ele­zioni di mag­gio: «Se un mem­bro del club non rispetta le regole, è meglio che se ne vada». Ha fatto seguito Chri­stine Lagarde, appena nomi­nata a capo del Fmi. Dopo aver detto che pro­vava «mag­giore pena per i bam­bini dell’Africa che per i greci», ha pre­sen­tato la sua per­so­nale ed ine­dita ricetta per uscire dalla crisi: «I greci devono aiu­tare se stessi pagando le tasse senza cer­care scorciatoie».

Il 15 giu­gno, due giorni prima dell’apertura delle urne, per la seconda volta il Finan­cial Times Deu­tschland pren­deva atti­va­mente parte nella cam­pa­gna elet­to­rale in favore del «respon­sa­bile» ed «euro­pei­sta» lea­der della destra greca Anto­nis Sama­ras. L’intervento con­si­steva in un nuovo appello agli elet­tori greci: il testo in prima pagina era stato pub­bli­cato in greco e con il sobrio titolo: «Resi­stete al dema­gogo». Svol­gi­mento: «Resi­stete alla dema­go­gia di Ale­xis Tsi­pras e di Syriza. Non date cre­dito alla sua pro­messa che sia pos­si­bile inva­li­dare tutti gli accordi senza con­se­guenze. Il vostro paese ha final­mente biso­gno di uno stato che fun­zioni. Per un governo effi­cace vi con­si­gliamo, anche se a malin­cuore, Nuova Democrazia».

Nel caso in cui que­sti espli­citi appelli in favore di Sama­ras non fos­sero suf­fi­cienti, si è pen­sato di ricor­rere alla nota stra­te­gia della ten­sione: non smet­tere di gri­dare che il destino dell’Europa dipende dal responso delle urne elle­ni­che. L’allora Com­mis­sa­rio Olli Rehn ha rinun­ciato alla sua par­te­ci­pa­zione all’incontro del G20 in Città del Mes­sico e nel con­tempo ha con­vo­cato una tele­con­fe­renza dei mini­stri delle Finanze dei 28 non appena ci fos­sero dati certi sulle ele­zioni gre­che. L’agenzia Fitch ha ulte­rior­mente abbas­sato il rating della Gre­cia a CCC («effet­tivo rischio di cre­dito»), men­tre secondo Finan­cial Times era in corso una vera e pro­pria fuga di capi­tali dal paese: come alcune «fonti ban­ca­rie ano­nime» ave­vano ripor­tato, da Atene era stato tra­sfe­rito all’estero lo 0,75% dei depo­siti, pari a 165 miliardi di euro. Il clima di ter­rore era ampli­fi­cato dalle emit­tenti pri­vate gre­che in mano all’oligarchia eco­no­mica del paese. L’avvento dei «popu­li­sti» sarebbe stato seguito dall’automatico ritorno alla dracma, pro­vo­cando una tra­ge­dia nazio­nale: disoc­cu­pa­zione alle stelle, reces­sione pro­lun­gata, mise­ria e dispe­ra­zione. Come ben pre­sto gli elet­tori greci avreb­bero con­sta­tato, si stava descri­vendo esat­ta­mente quello che è suc­cesso con la vit­to­ria delle forze «respon­sa­bili» ed «europeiste».

Alla fine, il ricatto del ter­rore ha avuto suc­cesso: Sama­ras ha vinto le ele­zioni del 17 giu­gno 2012 con il 29,6%, men­tre Syriza aveva otte­nuto il 26,8%. La Mer­kel aveva otte­nuto la qua­dra­tura del cer­chio: i par­titi respon­sa­bili del disa­stro greco erano chia­mati a risol­vere la situa­zione. Un disastro.

fonte: il Manifesto

http://ilmanifesto.info/lingerenza-minacciosa-di-bruxelles-e-berlino-uno-scenario-gia-visto/