Genova: tagli ai servizi, il movente del disastro

alluvione-manfo-ge111014-dsc1753.jpg 13 ottobre 2014

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13 ottobre 2014

Tagli ai servizi, il movente del disastro

di Marco Bertorello, GENOVA, 11.10.2014

L’ANALISI. La nuova alluvione che ha colpito Genova dimostra che è da ripensare l’impalcatura politico-economica sulla cessione dei profitti ai privati

Durante la prima notte in uno dei quar­tieri popo­lari più col­piti dall’alluvione, oggi come tre anni fa, un’auto dei vigili urbani viene presa a sas­sate dagli abi­tanti esa­spe­rati, soli di fronte all’ennesimo disa­stro, costretti a rico­min­ciare da capo. Un epi­so­dio che fa pen­sare a una delle tante città della peri­fe­ria di que­sto mondo, una città in declino, in crisi, dove le cre­scenti con­trad­di­zioni sono affron­tate con una guerra tra poveri che non può por­tare da nes­suna parte. I vigili urbani come sim­bolo più pros­simo dei poteri locali, delle isti­tu­zioni. La rab­bia si sca­rica sugli obiet­tivi più imme­diati, rischiando di con­fon­dere il ruolo degli addetti del comune con quello dei loro diri­genti, siano poli­tici o tec­nici. E solo rara­mente si riflette sull’impalcatura politico-economica che sta a monte di que­ste tra­ge­die che fanno di Genova un modello negativo.

Senza entrare nel merito dei cam­bia­menti dei regimi pio­vosi che sono dati in ragione dei cam­bia­menti cli­ma­tici, frutto a loro volta di uno svi­luppo insen­sato sia sul piano indu­striale che dei con­sumi, e astraendo dai par­ti­co­lari assetti idro­geo­lo­gici della Ligu­ria, su cui si è cemen­ti­fi­cato in maniera scon­si­de­rata, diven­tano urgenti alcune con­si­de­ra­zioni che potreb­bero con­durre a con­se­guenze piut­to­sto imme­diate, se solo si deci­desse di inver­tire la rotta.

Il primo aspetto è il regime di appalti a cui le ammi­ni­stra­zioni locali si sono affi­date per la rea­liz­za­zione di lavori strut­tu­rali con­tro il perenne dis­se­sto per cui erano stati stan­ziati fondi suf­fi­cienti. Quindi i soldi ci sono, ma i lavori non ven­gono svolti. Un con­torto e fram­men­tato mec­ca­ni­smo di gare divide i pro­getti in più tran­ches, ove la prima ditta locale vince il primo lotto, ma poi è inda­gata dalla Finanza, e dove il secondo lotto è vinto da un con­sor­zio di società a cui quelle per­denti fanno ricorso, bloc­cando l’inizio dei lavori. Diversi Tri­bu­nali regio­nali coin­volti fino al Con­si­glio di Stato. A tre anni dalla scorsa tra­ge­dia l’opera di messa in sicu­rezza dei ter­ri­tori non è stata ancora rea­liz­zata, favo­rendo l’odierno disa­stro nei mede­simi luo­ghi. Eppure la teo­ria impe­rante in que­sti anni è stata pro­prio quella di un pri­vato effi­ciente a cui con­ce­dere impie­ghi con risorse pub­bli­che e attra­verso mec­ca­ni­smi cre­scenti di ester­na­liz­za­zioni. Ma se il movente è uni­ca­mente il rispar­mio dal lato pub­blico e il pro­fitto da quello pri­vato il risul­tato sotto gli occhi di tutti è il fal­li­mento delle opere neces­sa­rie. Altro che effi­cienza del privato.

Pas­sando dalle opere straor­di­na­rie all’ordinaria manu­ten­zione, i cit­ta­dini giu­sta­mente lamen­tano il costante abban­dono e degrado dei rivi, inta­sati da detriti di varia natura. Qui nuo­va­mente le respon­sa­bi­lità sono a cascata. Lo Stato riduce i finan­zia­menti agli enti locali, que­sti ridu­cono le pre­sta­zioni a par­tire da quelle meno appa­ri­scenti. Si prova a non tagliare i ser­vizi sociali, ma si fini­sce per col­pire i ser­vizi manu­ten­tivi. L’azienda di ser­vizi del comune di Genova (Aster) subi­sce un costante e con­si­stente ridi­men­sio­na­mento delle risorse per il pro­prio con­tratto di ser­vi­zio, così riduce l’occupazione. Il Comune poi non rinun­cia defi­ni­ti­va­mente al pro­getto di pri­va­tiz­za­zione, nono­stante la cla­mo­rosa pro­te­sta dello scorso anno con­dotta insieme agli auto­tra­spor­ta­tori che para­liz­za­rono la città per cin­que giorni. Oggi, men­tre i dipen­denti si auto­ri­du­cono gli sti­pendi, azze­rando i premi per non man­dare l’azienda in rosso, que­sta, per far fronte al disin­ve­sti­mento pub­blico e pro­cac­ciarsi nuove entrate, dirotta risorse verso il mer­cato su man­sioni che non le sono pro­prie, finendo per sna­tu­rare la pro­pria mis­sione. Nes­suna rica­pi­ta­liz­za­zione dell’azienda, inol­tre, ha accom­pa­gnato que­sto pro­cesso e il parco mezzi risulta ormai obso­leto. La con­cre­tezza del caso geno­vese rap­pre­senta un’importante spunto per comin­ciare a riflet­tere su quale dovrebbe essere una nuova impal­ca­tura dell’economia.

fonte: il Manifesto
http://ilmanifesto.info/tagli-ai-servizi-il-movente-del-disastro/