Nel giorno del lutto cittadino, dopo l’incidente al Molo Giano della Jolly Nero, che ha portato alla disintegrazione della Torre Piloti, il centro di controllo del mare ligure, causando sette morti, quattro feriti e ad ora ancora due dispersi, Genova si è stretta intorno alle vittime e ai loro familiari, non risparmiando un confronto teso tra lavoratori e istituzioni.
Una folla eterogenea è accorsa in piazza Matteotti dove ieri si è svolto il minuto di silenzio. Presenti, ma protetti dalla polizia, anche i vertici della società armatrice Messina, proprietaria della nave, che hanno abbandonato la piazza subito dopo il discorso del sindaco. Alle 11 le sirene di tutte le imbarcazioni in porto hanno suonato all’unisono e Genova si è spenta per un quarto d’ora: banche, negozi, scuole e università. Tutto fermo. Una commemorazione sentita da tutta la città durante la quale ha avuto luogo un piccolo scontro, motivato dalla volontà dei lavoratori presenti di leggere una lettera, prima dell’intervento delle autorità, radunate insieme alla folla nel cuore del centro storico genovese. La lettura infine è avvenuta, dopo le parole delle istituzioni e dopo una polemica con i sindacati, accusati di volere indire uno sciopero solo del primo turno. Sarebbero stati i lavoratori a spingere perché il porto si fermasse per tutta la giornata. In particolare il Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali, ha fatto sentire la propria voce attraverso un comunicato nel quale i camalli si domandano «come si possano far transitare le navi – in una giornata come questa – con uno sciopero in corso e mentre i sommozzatori cercano i superstiti in un mare pieno di melma, incessantemente e in condizioni non agevoli». Per non parlare – aggiungono – «della bellissima figura fatta giovedì con la partenza di una nave dei divertimenti con tanto di turisti in coperta armati di macchine fotografiche per documentare l’ennesima tragedia che a oggi in Italia vede più di mille morti sul lavoro all’anno».
Ed ecco che la giornata di lutto diventa una giornata di rivendicazione dei camalli, categoria di lavoratori portuali che vivono ormai in una condizione in cui solo eventi tragici segnalano la mancanza di sicurezza. «Questo – proseguono dal Collettivo Autonomo – ci spinge a chiedere con sempre maggior forza l’istituzione di un organo di controllo del ciclo operativo formato da lavoratori motivati e con totale agibilità nei posti di lavoro, consapevoli che attualmente la situazione è fuori controllo». Un monito e una richiesta per il futuro, «perché questo non sia più il porto dei misteri», in mezzo alle frasi di circostanza delle autorità pronte a garantire una vita migliore. Il problema, dicono i lavoratori, è che senza futuro, è difficile anche avere memoria.
In piazza c’era anche il sindaco Marco Doria, che ha espresso parole di solidarietà nei confronti dei familiari delle vittime: «Abbiamo ancora davanti agli occhi le immagini della notte della tragedia, le banchine ricoperte di macerie, la torre abbattuta, il lavoro dei soccorritori, i vigili del fuoco, i sommozzatori, l’odore di gas». L’immagine del disastro e non solo, perché il sindaco Doria ha ricordato anche l’importanza del porto, «che dà lavoro ed è un’opportunità di crescita per tutti. Dobbiamo riflettere su come andare avanti, come reagire e come ricostruire nell’immediato. Genova lo ha saputo fare tante volte e lo saprà fare anche in questa occasione». La parola è passata poi a Ivano Bosco, presidente della Cgil genovese: «Il lavoro purtroppo troppo spesso è stato dimenticato e trascurato. Questo momento di lutto e raccoglimento deve servire per una riflessione sul lavoro, le sue condizioni: retribuire giustamente, garantirlo anche a chi non ce l’ha, assicurare una giusta pensione e renderlo sicuro».
Sul fronte dei due dispersi, purtroppo, non ci sono ancora novità. Al lavoro per recuperare il maresciallo della Capitaneria Francesco Cetrola e il sergente Gianni Jacoviello, ci sono i sommozzatori dei Vigili del fuoco, dei Carabinieri, della Guardia di finanza, della Guardia costiera e della Marina militare. L’ipotesi più accreditata è che, al momento del crollo, i due si trovassero nella parte apicale della torre, sede della centrale operativa della Guardia costiera e centro di monitoraggio del traffico navale. Le avvertenze meteorologiche per i prossimi giorni non portano ottimismo, dato che per oggi a Genova sono attese precipitazioni che potrebbero rendere ancora più complicato il lavoro dei soccorritori. Così nel dubbio – ancora vivo – di come siano andate le cose, ci si affida a quanto uscito dagli interrogatori e dal materiale acquisito dalla Procura. Gli interrogativi riguardano gli argomenti non ancora chiariti: la posizione della nave e la manovra. Secondo quanto è trapelato dalla Procura l’allarme di avaria dei motori sarebbe stato comunicato dal pilota della nave, nel corso di un dialogo drammatico e concitato con i rimorchiatori; un particolare che confermerebbe il «guasto» come causa della tragedia.
La perizia sui motori della Jolly Nero dovrebbe avvenire «in tempi abbastanza brevi, per consentirne la revoca del sequestro della nave quanto prima», ha fatto sapere il Procuratore di Genova, Michele di Lecce, che oltre al reato di omicidio plurimo colposo, di cui sono accusati il capitano della nave Roberto Paoloni e il pilota Antonio Anfossi, starebbe valutando anche la possibilità del reato di attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi, perché la Torre Piloti gestiva tutto il movimento marittimo della Liguria, non solo di Genova.
Simone Pieranni su Il Manifesto del 10.05.13